Si può morire a 40 anni con un principio d’infarto nel pronto soccorso di un ospedale fantasma? Si, certo, quando questo accade a Sibari. Pochi giorni fa un giovane e caro amico sibarita di soli quarant'anni, Sandro Salomone, comincia a sentire dolori al petto, pensa dapprima al freddo, a qualche passeggera fitta intercostale, ma le fitte persistono e sono sempre più opprimenti, si decide allora di andare al pronto-soccorso più vicino che è quello di Trebisacce. I sanitari si adoprano per capire di cosa si tratta, ma alle loro spalle non c’è un nosocomio pronto ed attrezzato per evenienze urgenti e mentre si traccheggia per decidere il da farsi il povero Sandro muore. Non si vuole buttare la croce addosso al personale di quella struttura, ma se non si è grado di intervenire, perché non viene chiusa questa maledetta presunta stazione di pronto intervento, in modo che sia chiaro per tutti che bisogna andare altrove?
A chi scrive è accaduto la scorsa estate (mi trovavo a Villapiana) di dover ricorrere allo stesso pronto soccorso per una piccola scheggia di legno in un occhio, era di venerdì, l’infermiere che mi aprì al quale esposi il problema mi disse chiaro e tondo che per una emergenza come quella bisognava andare a Rossano perché loro non erano attrezzati, e poi era venerdì pomeriggio, c’erano poi il sabato e la domenica (come se non conoscessi i giorni della settimana) quindi era meglio andare altrove. Non fu possibile parlare col medico che dovrebbe stazionare in un pronto soccorso e neanche avere un collirio o qualcosa di simile per tentare in qualche modo di eliminare la piccola scheggia. A quel punto ricorsi alla farmacia dove mi fu dato appunto un collirio e con qualche goccia riuscii a far fuoriuscire la scheggia ed eliminare il disturbo.
A cosa serve e, soprattutto a chi serve, tenere in piedi un simile, quasi surreale, punto di primo intervento? Certamente a distribuire qualche decina di stipendi a persone che forse potrebbero essere utili altrove. Ma le nostre recriminazioni non servono a riportare in vita il malcapitato amico, resta il dolore e l’amarezza di vivere in un posto dove anche le cose di più semplice soluzione sono legate al caso.
Intanto i familiari di Sandro hanno chiesto che venga fatta luce su quanto accaduto e ora c’è un’inchiesta in corso. E’ bene che tutte le circostanze che hanno portato alla morte del paziente vengano chiarite e magari decidere una volta per tutte, che quella inutile struttura venga definitivamente chiusa.
Alla famiglia del nostro amico Sandro, vanno le nostre più sentite condoglianze e la partecipazione alla loro sofferenza per la perdita del loro amato congiunto.
Antonio Michele Cavallaro