Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,28b-36. - In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.
E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo».
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
(Commento di don Michele Munno)
II DOMENICA DI QUARESIMA – C
17 marzo 2019
La prima tappa domenicale del nostro cammino di Quaresima ci ha invitati a prendere seria consapevolezza delle nostre fragilità – del nostro stato di oppressione – e a gridare a Dio che in Gesù, il Signore, viene in nostro aiuto e ci salva.
Davanti alla tentazione, che assume molteplici aspetti, a seconda del nostro stato di vita, della nostra età ... e che cerca di deformare la nostra coscienza di “figli di Dio”, proponendoci scorciatoie per affermare esasperatamente noi stessi, fino a diventare “adoratori del diavolo”, Gesù, il “Figlio di Dio”, ci ha rivelato che ricercando ogni parola che esce dalla bocca di Dio (diventando, cioè, autentici “adoratori di Dio”, senza asservirlo – come vorrebbe il diavolo – al nostro tornaconto, a nostro uso e consumo) e osservandola, anche noi possiamo conseguire la “vittoria pasquale”.
In questa seconda tappa domenicale di questa Quaresima siamo invitati a contemplare e pregustare la meta del nostro cammino e di tutta la nostra esistenza cristiana: la trasfigurazione.
Nel racconto che l’Evangelista Luca fa dell’evento è interessante sottolineare una caratteristica particolare: Gesù sale sul monte per pregare e, mentre pregava, il suo volto cambia d’aspetto, si trasfigura.
Interessanti sono anche i due personaggi che parlano con Gesù: Mosè ed Elia.
Due uomini che hanno lottato interiormente e si sono lasciati formare da Dio in un continuo esodo da sé stessi, due personaggi che si sono spesi, nonostante mormorazioni e persecuzioni, nonostante avversioni e scoraggiamenti, per il bene del popolo.
Mosè ed Elia parlano con Gesù del “dono della sua vita”, della sua dipartita, che Egli avrebbe compiuto a Gerusalemme.
Se il volto di Gesù cambia di aspetto, si trasfigura, mentre Egli prega è perché la preghiera autentica, dialogo intimo e profondo con il Padre, spinge sempre ad uscire da sé, dal proprio comodo, e a fare la Sua volontà: donare la propria vita per la salvezza degli altri.
La preghiera rimette sempre in cammino, spinge ad un continuo esodo, porta al dono di sé!
All’esperienza di preghiera autentica di Gesù si oppone la preghiera “oppressa dal sonno” di Pietro, Giovanni e Giacomo, che assopisce le loro coscienze e li chiude in un’esperienza religiosa autoreferenziale, incurante degli altri, stigmatizzata dall’affermazione immobilizzante: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”!
Quante volte anche la nostra preghiera rischia di essere simile a quella dei tre discepoli, una preghiera che assopisce le coscienze e ci ripiega su noi stessi, rendendoci indifferenti agli altri!
Che cosa può salvarci da un’apparenza di preghiera ammalata e autoreferenziale?
Che cosa può salvare le nostre celebrazioni dal diventare sterili cerimonie che rischiano di assopire le nostre coscienze e che ci portano ad “autogiustificarci” semplicemente perché abbiamo fatto alcune pratiche religiose e/o abbiamo timbrato il cartellino di presenza alla Messa domenicale?
La voce che uscì dalla nube afferma, per i discepoli di tutti i tempi: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.
La misura della nostra vita cristiana e della qualità della nostra preghiera è unicamente la vita di Gesù: il dono di noi stessi, del nostro tempo, la nostra capacità di essere disponibili, attenti, di curarci degli altri, fino a saper accogliere anche le ingiuste mormorazioni e le persecuzioni ... diventando, giorno dopo giorno, “amici” della Croce di Cristo!
Vivendo in questo modo, giorno dopo giorno, ci lasceremo trasfigurare da Dio e, con la nostra preghiera operosa, diventeremo Suoi collaboratori nella trasfigurazione di questa nostra terra, così sfigurata dal nostro egoismo.