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La legge di Calderoli. Autentica porcata

sanita_pericolo1.jpgFederica Pennelli in un ottimo articolo sul “DOMANI” fa rilevare, tra l’altro, che “il costo delle migrazioni dal sud verso le regioni del Nord per le cure mediche ammonta a circa 4 miliardi l’anno”. Un bell’affare tutto a scapito del sud che sicuramente si incrementerà dopo l’approvazione di questa legge. Ma la cosa pare non susciti alcun allarme al governo della nostra regione. Prima di loro il governo precedente di sinistra (o presunta tale), non è che abbia fatto di meglio.

Dall’articolo sul DOMANI apprendiamo inoltre che “Tra il 2010 e il 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 pronto soccorso mentre sono stati tagliati 37.000 posti letto”, favorendo in modo esponenziale la crescita delle strutture private che invece navigano col vento in poppa. La situazione, però, non è per niente chiara, da un lato i propugnatori della legge che sono sicuri della bontà della loro proposta e dall’altro chi non si fida degli effetti che questa riforma avrà nel paese. Certo è che il “disegno di legge firmato dal ministro Roberto Calderoli sarà un ulteriore smacco ai servizi sanitari del sud nonostante non sia possibile formulare delle stime sull'impatto della riforma”. La giornalista mette in evidenza quanto dichiarato pubblicamente dal presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, “sarà difficile capire come si muoverà la mannaia dell’autonomia differenziata, senza definire e finanziare i livelli essenziali di prestazione”. Allo stesso tempo ha sottolineato che la riforma é destinata “ad ampliare le disuguaglianze, legittimando normativamente il divario tra il nord del sud del paese, violando il principio di uguaglianza nel diritto alla tutela della salute ed assestando il colpo di grazia al sistema sanitario nazionale”. Per noi calabresi non c'é da stare allegri.

La Svimez ha lanciato un ulteriore avvertimento sulle conseguenze dell’autonomia sulla sanità: “il finanziamento del sistema sanitario nazionale non è la somma del costo dei Lea, ma è determinato a monte dalla programmazione del bilancio pubblico, come è inevitabile per i vincoli di bilancio, e ripartito tra le regioni sulla base della dimensione della popolazione della quota di anziani, un metodo che non tiene conto dei fattori socioeconomici che impattano sui fabbisogni di cure e assistenza e finisce per penalizzare i cittadini delle regioni meridionali, che soffrono di minori servizi di cura per quantità e qualità”. Nell’articolo troviamo dei dati utili per capire la situazione attuale. Una mappa utile a orientarsi e il monitoraggio 2021 - dato più recente a disposizione - dei Lea da parte del ministero della salute. Il dossier traccia un quadro allarmante: sono 14 le regioni in regola solo tre nel mezzogiorno che subisce una condizione di acuta disparità. Il giro di affari della mobilità sanitaria ammonta a 4, 25 miliardi di euro con una crescita di oltre 1, 2 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, indice di un’offerta poco soddisfacente in molte regioni. Tutte del sud. Sono poi circa 800.000, ogni anno, le persone che si spostano dalla propria regione per curarsi; senza contare chi non ha la disponibilità economica per poterlo fare, rinunciando alle cure, escluso da ogni statistica. L’Agenas ha annotato un altro dato: l’indice di “fuga” vede in testa il Molise (38,1%), la Basilicata (34,6%) e la Calabria (24%)."

La fondazione GIMBE ci da altri dati sul divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud. “Nel 2021, le regioni con un importante saldo positivo (quanto costa lo spostamento dalle regioni) sulla mobilità sanitaria sono al nord. In testa spicca l’Emilia-Romagna con 442 milioni di euro, seguita da Lombardia con 271 milioni di euro, Veneto 228 milioni di euro. Di contro, con un saldo negativo superiore ai 100 milioni di euro ci sono esclusivamente le regioni al centro-sud. L’elenco è significativo: Abruzzo-108.000.000 di euro, Lazio-140.000.000 di euro, Sicilia-177.000.000 di euro, Campania-221.000.000 di euro, Calabria-252.000.000 di euro.”

Alla luce di quanto esposto non credo ci sia tanto da star tranquilli, se la legge dovesse passare anche alla camera dei deputati non resterebbe altro da fare che pensare, già dal giorno dopo, ad un referendum abrogativo per annullare questa autentica vigliaccata. Se autonomia poi dovrà esserci che lo sia sul serio con la SECESSIONE da questa Italia che non affratella ma divide, e come diceva Nicola Zitara: il Sud deve essere autonomo, in uno stato separato con tanto di confini e di dogane, sarà interessante vedere dove venderanno le industrie del Nord il 70% dei loro prodotti, attualmente distribuiti nelle regioni del mezzogiorno.

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