Le banche venete e le emergenze calabresi - Le recenti crisi che hanno coinvolto alcuni significativi pezzi del sistema bancario del nostro paese meritano una riflessione non tanto per evidenziare gli accadimenti attraverso i quali si è determinato lo stato di insolvenza degli istituti sottoposti a liquidazione coatta, quanto per analizzare l’impatto dei recenti “salvataggi” sulla finanza pubblica ed in definitiva sugli oneri gravanti sulla collettività nazionale e quindi sul contribuente italiano. (Foto: Solo I pentastellati hanno votato NO)
Il fatto poi che la crisi più recente ha investito due istituti di credito ( Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca ) fortemente radicati sia per la raccolta ( 40 miliardi circa ) e sportelli ( circa 1000 ) in un’area ben definita del nostro paese ( Veneto e regioni contermini con esclusione del sud ) ci spinge ad un’ulteriore riflessione sul costo complessivo sopportato dalla finanza pubblica e sul riferimento territoriale dell’impatto di questa spesa che può senz’altro essere assimilata , al di là delle disquisizioni teoriche di segno opposto, a spesa sostanzialmente “corrente”.
Con il decreto legge varato dal Consiglio dei Ministri domenica 25 giugno 2017 si definisce il salvataggio della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca con un impiego di risorse pubbliche davvero ingente : 5,2 miliardi di cassa direttamente a Banca Intesa che è subentrata nei rapporti delle banche cedenti senza soluzione di continuità e fino a 12 miliardi di garanzie statali per coprire eventuali ulteriori svalutazioni di crediti destinati a finire nella bad bank.
A proposito di bad bank è opportuno precisare che oltre 12 miliardi di crediti in sofferenza delle due banche e le attività non cedute ad Intesa saranno trasferite alla Società Sga del Tesoro , costituita a seguito del fallimento del Banco di Napoli a cui sono destinati i crediti deteriorati e le attività non cedute a Intesa.
In tutto 17 miliardi di risorse pubbliche cui bisogna aggiungere il contributo offerto da Cassa depositi e Prestiti e Poste Vita al Fondo Atlante che di fatto è l’unico azionista delle due banche. L’investimento di Atlante si è volatilizzato per l’azzeramento del capitale delle due banche. Sommando le quote di Cassa Depositi e Poste Vita nel fondo Atlante si ha motivo di ritenere che oltre 600/700 milioni di euro di fondi sostanzialmente pubblici si siano persi nel primo tentativo di salvataggio delle due banche.
Lo sforzo dello stato e quindi dei contribuenti è davvero notevole : oltre 17 miliardi di euro concentrati tutti in un’area ben definita del nostro paese.
La reazione dei sindacati è stata immediatamente positiva : lo Stato si impegna a versare circa 1 miliardo e mezzo di euro per favorire l’esodo volontario dei dipendenti in esubero. L’Amministratore di Intesa Carlo Messina ha immediatamente precisato che “le circa 3.800 uscite dal gruppo saranno tutte volontarie ed incentivate, nessuno sarà licenziato”. Ha omesso solo di precisare che il prepensionamento volontario ed incentivato sarà a carico dei contribuenti italiani.
Luca Zaia governatore del Veneto si è affrettato, solo quando il governo si apprestava a varare il provvedimento salva banche venete, a dichiarare la disponibilità di Veneto Sviluppo a rilevare le due banche per due euro. Ma ha rasentato l’incredibile quando ha affermato che Banca Intesa “ si porta a casa il credito delle zone più sviluppate del paese” dimenticando di riflettere sulla marea di miliardi di crediti deteriorati, inesigibili o di dubbia esigibilità rifilata attraverso la cessione alla bad bank sulle spalle dei contribuenti italiani. Il federalismo del governatore Zaia ipotizza , dunque, una sorta di autodeterminazione finanziaria dei veneti ma rovesciando sulla comunità nazionale gli sperperi e gli effetti di gestioni poco oculate.
A questo punto sorge spontanea una considerazione : se al posto del decreto salva banche riferito sostanzialmente ad una sola regione, si fosse adottato un decreto salva Calabria con una dotazione finanziaria di 6/7 miliardi rispettando il rapporto tra il carico demografico delle due regioni, si sarebbe immediatamente levata alta e irata la protesta non solo dei veneti e dei leghisti alla Zaia ma di tutti i rigoristi anti-sperperi dell’establishement economico-finanziario e bancario del nostro paese.
Ma c’è di più! L’ esborso da parte dello Stato per “le 3.800 uscite dal gruppo” di circa 1 miliardo e mezzo di euro , che il Ministro Padoan per non spaventare l’Europa definisce “una tantum” e non strutturale , da solo coprirebbe decenni di intervento per gli LSU/LPU calabresi, o per i forestali o per tutte le emergenze di lavoro che si registrano nella nostra regione.
Purtroppo le emergenze calabresi sono strutturali !
Giuseppe Aloise
(Dottore Commercialista)
Questo articolo è stato pubblicato sul QUOTIDIANO del 10 Luglio u.s.