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Elucubrazioni semiserie sullo sviluppo possibile del Sud

cervellone.jpgSuppergiù nel 1996 cenavo a casa sua con Jean Guenot, matematico noto, dal quale non mi separavano amicizie comuni.

Conoscevo le sue idee circa lo sviluppo del mezzogiorno, alquanto pedisseque delle prospettazioni dell’epoca, poco dinamiche, un poco come le descrive il mio amico Vincenzo Falcone nel suo libro “La velocità immobile”.

La conversazione stentava e senza preavviso tentai una sortita: “ma così si normalizza il deficit del divario nord-sud e sappiamo che le società meridionali sono propense a vivere sui problemi, rifuggendo dalle soluzioni che porrebbero dilemmi e l’azzardo di nuovi equilibri” !

Gliela buttai giù così come a volte mi capita di fare, un poco “correttamente spregiudicato” come sostiene la mia amica Marilù.

Insomma il mezzogiorno senza intervento pubblico, ad oggi solamente di politiche assistenziali, non sviluppano dinamiche economiche, non migliorando né le produzioni né le commercializzazioni; proponevo il ricorso ad un sistema che assomigliasse alle partecipazioni statali, per iniziative “leggere” comprendendovi anche una struttura di assistenza alle imprese momentaneamente in difficoltà e soprattutto una istituzione pubblico-privata, una “Trading”, per la commercializzazione dei prodotti a fronte della concorrenza nazionale e internazionale e della debolezza finanziaria delle nostre aziende, ancorché cooperative e consortili, al fine di stabilizzarle sui mercati. Qualcosa tuttavia che non ripetesse gli errori della industrializzazione forzata e inventata degli anni ’70.

Apriti cielo: il mio ospite fece faccia storta e delusa assai: mai avrebbe immaginato di trovarsi davanti ad idee del genere: la discussione fini lì!

E se quel processo di meridionalismo attivo si fosse avviato allora o si avviasse anche oggi? probabilmente avremmo un Nord profondamente in crisi e desideroso di aggrapparsi ai temi dell’unità del paese, come non avviene da almeno 25 anni, per il timore di essere isolato e quindi non più riconosciuto in un sistema divenuto complicato in seguito alla diffusione del Virus; il Sud si proporrebbe come concorrente produttiva al Nord, per quanto selettiva, con l’orizzonte di un paese avviato a rianimare il suo ruolo. Per esempio in agricoltura e trasformazione dei prodotti, o per il turismo e per le attività archeologiche ed ecologistiche.

Certamente la tesi non era e non è economicista, essendo politica in tutta evidenza: non serve il ricorso alle tecnocrazie come cuscinetto fra le scelte da fare e il consenso alla politica (leggi governo); ciò, come avviene in questi giorni, serve solamente ad evitare l’impatto fra le azioni politiche (deboli e incerte) e le misure suggerite dagli “esperti” i cui eventuali errori non potrebbero che essere valutati da altri tecnici. È abbastanza evidente il tentativo di realizzare una rete di soggetti intermedi, mutuati dai movimenti sindacali e dalla evoluzione dei processi democratici storici democratici, a scapito della efficacia e del rischio fisiologico dei ruoli di governo.

Franco Petramala

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