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Messaggio nella bottiglia dal Gulag calabrese

gulag di maurizio.jpgRicordando l'arch. Maurizio SILENZI-VISELLI, carissimo amico e grande collaboratore del nostro portale, purtroppo scomparso, pubblichiamo un suo racconto apparso sul vecchio sito www.sibari.info (ancora visitabile ma non più aggiornato) il 2 gennaio del 2016. La Calabria era governata da altri personaggi non meno inquietanti di quelli attuali e chissà cosa avrebbe scritto Maurizio oggi con il suo stile sarcastico e penetrante, se fosse ancora tra noi. Coloro che volessero leggere le sue arguzie provocatorie ma estremamente intelligenti potrà farlo inserendo nel motore di ricerca  interno di sibari.info, il suo nome e cognome. (La redazione)

Lo sapete tutti, nella nostra Nazione ha trovato finalmente piena applicazione il sistema sovietico staliniano: tra tasse e forzati prelievi bancari, tutto il reddito dei cittadini va allo Stato. Anche i suoi ordinamenti si sono perfettamente adeguati.
Giorni fa, passeggiando col cane sulla spiaggia, ho trovato sulla battigia una bottiglia contenente un foglio scritto a mano . Si tratta di un messaggio inviato al caso, scelto dal mare, da uno degli sciagurati rinchiusi nei nostri Gulag. Farabutti giustamente imprigionati per essersi opposti o aver criticato il sistema (tutti i redattori de "Il Fatto Quotidiano" sono già dentro).
Dato il clima di misericordia natalizio e giubilare mi sembra umanitario pubblicarlo. Eccolo.
"Aiutatemi a fuggire! Sono rinchiuso da sei mesi nella baracca n°18 di un Gulag. Sono stato arrestato per aver detto in pubblico che non mi piace il baccalà, e incriminato per "Procurato Allarme". Questa mia dichiarazione, secondo l'accusa, avrebbe causato danni, sia al nostro sistema d'importazione, sia al consumo del noto prodotto norvegese, deprimendo l'ottimismo dei consumatori.
Durante il processo sommario, un lontano parente, con il quale avevo una vecchia ruggine legata ad un cancello di ferro, ha testimoniato falsamente di avermi sentito denigrare anche il "baccalà in guazzetto alla vicentina". La città di Vicenza si è allora costituita parte civile, e la situazione processuale è precipitata fino ad infliggermi l'ergastolo in un Gulag.
La mia difesa, affidata ad un azzeccagarbugli d'ufficio, ha solo blandamente fatto osservare che la ricetta vicentina utilizza in realtà lo stoccafisso.
Ora sono qui, ma non so dove. Quello che posso dire è che la tradotta che mi ha trasportato da Roma, in catene, tra sobbalzi e soste sotto il sole, ha impiegato giorni per arrivare. C'è il mare, questo lo vedo in lontananza, e deve essere una regione felice, perché qui quasi nessuno lavora; i giovani, specialmente, se ne stanno a spasso tutto il giorno.
I cittadini sono molto religiosi, hanno ampliato il "giorno di magro" anche al mercoledì e giovedì, alcuni anche a tutta la settimana.
Io, sapendo leggere e scrivere, sono stato obbligato ai "lavori forzati" in un laboratorio scalcagnato: devo scrivere i numeri dei reclusi sui loro cappellacci e sulle loro camicione (misura unica).
Il mio vicino di tavolaccio e di catena, invece, che è semianalfabeta, cioè sa scrivere ma non sa leggere e rileggere quello che scrive, è stato adibito a vergare a stampa le note spesso incomprensibili o criptate di una fantomatica Giunta di Alto Spessore. Eccone una: Ambiente: 12-12-2015: "Si apre una nuova stagione di governo del territorio in Calabria (diciamo come il famoso "Piano Quinquennale di Stalin) con la sostenibilità ambientale ed il consumo di suole zero". Qui, noi, siamo già in regola, perché non ci forniscono scarpe.
I momenti peggiori sono quelli dei raduni in piedi davanti ad una statua di sale con la faccia di bronzo (pare che abbia le fattezze di un certo Oliverio): un altoparlante diffonde parole sconclusionate ed insensate. Oggi, per esempio, sono riuscito a capire che ordinava di non diffondere la pianta del cedro oltre i confini della regione, un po' come la Cina proibiva l'esportazione del baco da seta. Il vocione infatti ha scandito: "...Questo salto consiste nel fare di questo prodotto (il cedro) un valore aggiunto per la nostra regione. Non possiamo permettere che esso (il cedro) si sposti in altre regioni...". Una tortura straziante ed inumana per le orecchie dei poveri carcerati.
Ma il peggio, disgraziatamente, deve ancora venire. Dalla finestrella della baracca ho seguito passo passo la costruzione di un edificio che i sorveglianti chiamano "La Cittadella della Regione". Un carcere di massima sicurezza in stile sovietico anni 60, chiaramente destinato a noi. Sono sicuro che ci creperemo là dentro. Il suo aspetto massiccio e terrificante incombe già sui prigionieri come un funesto presagio. Salvatemi!

P.S. Allego foto con i miei compagni di baracca (sono quello dietro senza cappellaccio) e, sullo sfondo, l'orrido carcere che ci farà fuori.".


Новым Годом (Buon Anno) a tutti i lettori.

Maurizio Silenzi Viselli

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