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Come ne usciremo?

Padre-Zampini.jpg«Vogliamo contribuire a dare una risposta globale a questa crisi che consideriamo multidimensionale per le cause e gli effetti sulla salute, sull’economia, l’ecologia e la sicurezza. Le decisioni che i leader mondiali oggi prendono influenzeranno profondamente il futuro dell’umanità. E la Chiesa può essere d’aiuto».

Questo ed altro è stato affermato da padre Augusto Zampini (nella foto a lato), recentemente nominato segretario aggiunto del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale. Papa Francesco, infatti, ha istituito in Vaticano una speciale commissione che lo aiuti a riflettere e a fare proposte proprio sul postpandemia. Al centro della riflessione, una considerazione: Soltanto la fiducia ostinata nella Provvidenza – nulla accade che Dio non voglia! – può spingere i credenti a domandare e domandarci, come tutti, che cosa fare quando si potrà parlare della pandemia al passato remoto, non prossimo né presente. Ovvero: «Per ciascuna persona, credente o non credente, questo è un tempo propizio per comprendere il valore della fratellanza, dell’essere legati l’uno all’altro in un modo indissolubile; un tempo nel quale, nell’orizzonte della fede, il valore della solidarietà, il quale sgorga dall’amore che si sacrifica per gli altri, “ci aiuta a vedere l’altro - persona, popolo, o Nazione- non come uno strumento qualsiasi […], ma come un nostro “simile”, un “aiuto” (cfr. Gn 2,18.20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio” (SRS 39,5). Il valore della solidarietà necessita altresì di essere incarnato. Pensiamo al vicino di casa, al collega di ufficio, all’amico di scuola, ma soprattutto ai medici e agli infermieri che rischiano la contaminazione e l’infezione per salvare i contagiati. Questi operatori vivono e indicano a noi il senso del mistero della Pasqua: donazione e servizio».

L’efficace messaggio del cardinale Turkson viene lanciato in questi giorni di forte preoccupazione e crescente inquietudine, in cui la fragilità umana e la vulnerabilità della presunta sicurezza nella tecnica sono insidiate a livello mondiale dal coronavirus perché ci dà le coordinate possibili sul postpandemia. La barca tra i flutti – evocata da papa Francesco in una piazza san Pietro deserta il 27 Marzo 2020 - prima o poi dovrà attraversare i marosi e, seguendo il Maestro di Nazaret, approfittare della bonaccia per raggiungere la riva e riprendere con nuova lena le attività momentaneamente abbandonate.

Tra i tanti rivoli, penso a quel particolare che toccherà alle persone di vita consacrata.La prima coordinata sarà certamente quella della fratellanza, un tema molto caro ai credenti, particolarmente proprio ai consacrati, che si dedicano radicalmente a Dio, vivendo in fraternità di persone, una vita attiva o contemplativa.

Quale apporto potrebbe esser dato all’uscita dalla pandemia da coloro che, per vocazione consacrata, hanno assunto la vita fraterna come modello e stile quotidiano di vita? Per rispondere chiedo soccorso allo Spirito: è lui, infatti, (per dirla con l’Apostolo) che dona a ciascuno carismi, o doni speciali di grazia, finalizzati alla concostruzione di un unico corpo le cui singole membra, ciascuna nella sua peculiarità, riscoprono il genuino senso solamente nell’insieme, con lo sguardo fisso sul Crocifisso-Risorto, da parte dei tanti – troppi – colpiti dagli effetti, anche letali del coronavirus, nel trapasso, vissuto senza neppure il conforto di una carezza o di una benedizione. La fraternità nasce, tra l’altro, dal convincimento che, per la mozione dello Spirito, comprendiamo che la fonte è Gesù Cristo, di cui nessuno ha il monopolio (neppure la Chiesa); che Dio è più grande del nostro cuore e che le braccia allargate del figlio stanno ad indicare che egli accoglie tutti, ma proprio tutti. Non è un caso che, accogliendo l’invito dello Sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi, il Papa abbia visitato gli Emirati Arabi Uniti, dal 3 al 5 febbraio 2019, partecipando ad un Incontro interreligioso internazionale con la firma di un documento solenne sulla “fratellanza umana”: la connessione tra spirito e cuore passa anche per il riconoscimento di un sentimento comune tra europei e non, ben oltre le divisioni di fedi, di geografia e di etnie.

L’altra cfrase.jpgoordinata va ravvisata nella solidarietà, fatta non da slogans o da hashtag, ma sentita come necessità ineluttabile. Di nuovo, penso che la scommessa sarà vinta ricordando che la vita consacrata è strutturalmente vita in comune, ovvero in solidum con gli altri, riconoscendo come unica autorità il Signore, che si manifesta attraverso il superiore (temporaneo). Questa situazione di pandemia perenne, più o meno latente, sta operando un grande smascheramento, eliminando una serie di mediazioni che il sociologo Pierre Bourdieu definisce habitus che normalmente si acquisiscono e cambiano molto lentamente. Quando il mutamento avviene in modo traumatico si ha “l’effetto Don Chisciotte”, cioè si travisa il reale, ci si mantiene dentro schemi inesistenti, si combattano mulini a vento scambiandoli con avversari o nemici.

Il principio di fraternità si riflette, insomma, in quello di solidarietà, che oggi va giocato a partire dagli “scartati”, per esempio verso gli stranieri che chiedono aiuto e protezione, domandando per altri fondati motivi, non di tipo infettivo, la salvaguardia del principio basilare della civiltà giuridica moderna: quello di eguaglianza. Con la costante promozione dell’amore fraterno anche nella forma della vita comune, la vita consacrata ricorda al mondo che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita auomini e donne sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono per Dio e di Dio, e proprio per questo possono confessare la potenza dell’azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi disgregatori presenti nel cuore dell’uomo e perciò nei suoi rapporti sociali.

Questioni di “punti di vista”, che diventano questioni sociali e forme d’innovazione. Diceva nell’Ottocento Federico Ozanam: «La questione che divide gli uomini dei nostri giorni non è più una questione di forme politiche, ma una questione sociale; si tratta di sapere chi avrà la meglio, se lo spirito dell'egoismo o lo spirito del sacrificio; se la società non sarà altro che un grande sfruttamento a profitto dei più forti o la consacrazione di ciascuno al bene di tutti e specialmente alla protezione dei deboli».

bertolone CZ+ P. Vincenzo Bertolone S.d.P.

Arcivescovo di Catanzaro Squillace

PS: il presente articolo è stato pubblicato sul Quotidiano di Calabria di ieri nell'edizione di Catanzaro

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