Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,33-44
33 Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. 34 Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 35 Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. 36 Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 38 Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. 39 E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. 40 Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». 41 Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?43 Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare. 44 Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà».
Lectio di don Alessio De Stefano
Questa lunga pericope, strettamente collegata a quella precedente, contiene una nuova parabola che Gesù espone dinanzi alle autorità religiose di Israele. Essa tratta di contadini perfidi che non porgono al padrone i frutti della vigna a loro affidata e maltrattano i suoi servi e persino il suo Figlio (vv. 33-39). Segue poi la pronta applicazione che Gesù dà della parabola (vv. 40-44).
I cattivi contadini che si impossessano della vigna senza portare frutti al padrone (vv. 33-39) – Il racconto parabolico si sofferma in modo particolare sulle caratteristiche del protagonista, il proprietario della vigna, che viene presentato come un uomo che ha molto a cuore i frutti della vigna che ha affidato a dei contadini con grande fiducia. L’inizio della parabola, che contempla la presenza di quattro verbi che rimandano alla grande operosità del proprietario (piantò… circondò… scavò… costruì), riprende la fraseologia di Is 5,2 (LXX). In tal modo, sin dalle prime battute di Gesù, viene richiamato un passo relativo all’alleanza sancita da Dio con il suo popolo. Dopo aver disposto ogni cosa in modo da poter assicurare una crescita serena alla vigna e averla affidata a dei contadini, il padrone parte. Il particolare della partenza del padrone è un espediente letterario che aiuta a spostare i riflettori sui contadini e a renderli protagonisti della scena successiva, a motivo della grande responsabilità di cui sono investiti. Il padrone, pur essendo lontano, non dimentica la vigna e si fa vivo a suo tempo. Il sopraggiungere della raccolta diviene così l’occasione per provare la fiducia concessa ai contadini. In vista della raccolta, il padrone invia loro tre servi, ma i contadini reagiscono con violenza: gonfiano di botte uno, uccidono l’altro e prendono a sassate il terzo. Il padrone allora, senza batter ciglio, invia un numero maggiore di servi che ricevono la stessa sorte. Alla fine decide di inviare il Figlio, sperando che ciò rappresenti una remora per i contadini e un invito a fare la pace. L’invio del Figlio però scatena l’apice della violenza: lo uccidono per impossessarsi dell’eredità. Il Figlio del padrone inoltre viene ucciso fuori dalla vigna, fuori da quella terra che è la sua eredità.
I nuovi custodi della vigna (vv.40-44) – Al drammatico racconto segue la domanda-pungolo di Gesù: quale sarà la reazione del proprietario della vigna? La risposta dei suoi interlocutori è pronta, è ovvia, ma ha sempre l’effetto di un boomerang, inchiodando chi la formula. È chiaro per tutti che il padrone punirà severamente i contadini e affiderà la vigna ad altri capaci di consegnare i frutti al padrone. A questo punto Gesù rivolge un altro invito provocatorio: non avete mai letto nelle Scritture? (v.42), quasi un rimprovero rivolto ai leader religiosi, che vantano una grande frequentazionedella Scrittura ma non sanno accogliere lo stile di Dio in essa racchiuso. A questo punto cita il Sal 118,22-23, un testo che la Chiesa primitiva (At 4,11; 1Pt 2,7) rilegge in chiave cristologica per parlare del Cristo, rifiutato dagli uomini, scelto da Dio come pietra angolare su cui poter costruire. Dalla metafora agraria della vigna si passa a quella edile di una costruzione. Fare in modo che la pietra di scarto si muti in pietra di appoggio è un prodigio che solo Dio può fare e che dovrebbe destare stupore e gioia in tutti gli uomini. Gli unici che non riescono a veder Dio all’opera sono coloro che pretendono di conoscerlo meglio di chiunque altro. A costoro Gesù rivolge parole simili a macigni, annunciando che il Regno di Dio sarà loro tolto e dato a un popolo che gli farà portare frutto. Già il Battista nella sua predicazione aveva segnalato l’incapacità di Farisei e Sadducei di fare frutti degni di conversione (Mt 3,8) e di essere alberi che fruttificano in vista del giudizio finale (Mt 3,10), a causa del loro compiacersi della promessa fatta ad Abramo. Essi infatti non hanno compreso che la promessa non è rivolta solo a Israele, ma a tutte le nazioni e che Dio è capace di estrarre figli di Abramo persino dalle pietre (Mt 3,9). Nella nostra pericope la pietra scartata non è solo Figlio di Abramo (Mt 1,1), ma è colui che porta a compimento la promessa fatta ad Abramo. Gesù spiega così che quel Regno che soffre violenza (Mt 11,12), a causa di contadini prepotenti e prevaricatori che non accolgono i servi del Signore e congiurano ai danni del Figlio dell’uomo, ora sarà sottratto alla custodia delle autorità religiose giudaiche ed affidato ad altri, più esattamente a un popolo di piccoli e poveriche avrà cura di fargli portare frutto. Custodire la vigna del Signore non è un diritto, né una pretesa, ma un dono gratuito che come tale va vissuto. Il v. 44 non appare nella tradizione manoscritta occidentale e questo induce a ipotizzare un’inserzione di un copista che si è ispirato a Lc 20,18. Il senso della sentenza è quello dello scandalo: chi inciampa in questa pietra che è Cristo o chi viene colpito da essa, decide la sua personale distruzione. Rifiutare Gesù e la sua Parola e come destinarsi alla sua infelicità.
a cura di Michele Sanpietro