Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,1-8
1 Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 2 Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada.3 Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri,4 si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico 7 e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».
Lectio di don Alessio De Stefano
Arché 1,1 Come in ogni inizio che si rispetti, Marco, narratore onnisciente, introduce il protagonista della sua opera e, insieme, la materia: l’euanghéliontoutheoù,[1] la buona notizia, l’annuncio gioioso di Gesù Cristo, Figlio di Dio, inizia con l’esordio del racconto di Marco. Il racconto stesso è buona notizia, perché annuncia che quel Gesù riconosciuto come unto e messia è “anche” Figlio di Dio, titolo che coronerà in altri due punti del vangelo la rivelazione dell’identità del Nazareno, problema che all’evangelista sta molto a cuore. La stringatezza di questo esordio non lascia adito, però, ad altre informazioni.
Il “come” di quella singolare identità si svelerà esattamente nel corso del racconto, e per avviarci a ciò Marco ci pone in un deserto dove, sotto l’ala protettrice della profezia veterotestamentaria, prepara la scena al protagonista un suo precursore, Giovanni il Battista.
La citazione di Is 40,3 funge da chiave interpretativa degli eventi a seguire, perché colloca Giovanni e Gesù nel rapporto di messaggero e servo del Signore secondo una sceneggiatura caratteristica: Giovanni è davvero presentato come una “voce che grida nel deserto”, invitando gli uomini a prepararsi alla venuta del Signore. Nel racconto, cioè, si vede in azione, viene mostrato in opera ciò che la profezia dice.
Questo in Marco come negli altri vangeli avverrà diverse volte, ed è un modo tipico di riabitare il patrimonio scritturistico di Israele facendone il canovaccio di una narrazione insieme antica, familiare, eppure nuova. Giovanni invita alla conversione con un gesto che esula dalla sfera semantica del deserto e crea la prima interessante antitesi di questo proemio: il battesimo di acqua, l’acqua di quel fiume Giordano che improvvisamente riempie l’immagine del deserto di vitalità, di scrosci gorgoglianti, di freschezza, di vita: tutti gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme entrano, infatti, sulla scena finora dominata dal profeta solitario e convergono verso Giovanni, introducendo un polo geografico di fondamentale importanza per la seconda parte del vangelo.
Giovanni spicca ancora su queste moltitudini: l’abbigliamento e le consuetudini lo qualificano con i tratti tipici del profeta secondo il modello di Elia (che però non viene esplicitato), ma su questo Marco indugia poco, preferendo dare maggiore spazio alle sue parole. Parole che sono profetiche perché “fanno spazio a”, annunciano qualcosa che va oltre e il suo presente e la sua stessa missione: il “più forte”, colui che viene dopo/dietro, colui che battezzerà in Spirito anziché in acqua. Il profilo annunciato da Giovanni è insieme definito e vago, ma crea grande attesa.
[1]«Vangelo» in Marco - Marco è l’evangelista che usa di più il termine euanghélion: 6 occorrenze - non contando 16,15 - contro le 4 di Matteo, 0 di Luca-vangelo (2 in Luca-Atti) e 0 di Giovanni. Usandolo nel proprio titolo è il primo a identificare vangelo e racconto della vita, passione, morte e risurrezione di Gesù. In questo uso abbondante è vicinissimo a Paolo, che ugualmente lo usa nel titolo di Rm 1,1, nell’espressione euanghéliontoutheou(Rm 1,1; 15,16; Mc 1,14). Entrambi posseggono anche l’espressione euanghéliontoutesoùChristou, mentre Paolo conosce anche l’euanghélion mou, emàn, tesdoxestouChristou ecc. Gli altri sinottici e Giovanni non hanno l’espressione; Matteo conosce solo il termine assoluto o il più frequente euanghéliontesbasiléias, Atti ha euanghéliontescharitostoutheou.