Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,14-20
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». 16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Lectio di don Alessio De Stefano
L’inizio lungo il mare (1,14-15) - La storia di Giovanni il Battista viene velocemente chiusa dall’evangelista con una menzione del suo arresto per essere poi ripresa come grande intermezzo narrativo (nella forma di un flashback) al cap. 6. L’avvicendamento deve essere evidente e netto: dopo Giovanni viene Gesù e viene predicando (con autorità, come diranno le pagine seguenti) quell’euanghélion che era stato il titolo del racconto di Marco (1,1). Ma il vangelo è qui quello del regno di Dio (Gesù non annuncia se stesso!): la buona notizia è il compimento del tempo (“il tempo giunto a pienezza”) che porta con sé la Signoria di Dio nel presente della storia, persino lungo quelle anonime e deserte vie della Galilea lungo le quali Gesù sta passeggiando. L’urgenza del tempo che viene si esprimerà nel tipico euthys di Marco, che fa compiere a Gesù tutto subito. La conseguenza della prossimità del regno (si badi bene: non la premessa o la condizione) è un appello forte, mediante due imperativi (convertitevi e credete nel…), alla conversione e alla fede in questo annuncio gioioso (v. 15: ora euanghélion senza specificazioni). Due coppie di fratelli 1,16-20 - In modo programmatico dopo questo autorevole annuncio, il primo atto che Gesù compie è un dinamismo che mette in moto anche la vita di quanti lo incontrano. L’episodio è ritmato da azioni che hanno prevalentemente Gesù come soggetto: Gesù passa, vede, dice (o chiama) per ben due volte, in una struttura bipartita praticamente simmetrica che vede protagonisti prima Simone e Andrea, quindi i figli di Zebedeo. Per entrambe le coppie di fratelli incontrate da Gesù e colte e fotografate dall’evangelista in un’istantanea di vita quotidiana (gettare le reti, riparare le reti: siamo all’inizio e alla fine della giornata di lavoro di un pescatore) la reazione alla chiamata è un lasciare l’occupazione/la sede/le relazioni quotidiane: Andrea e Simone subito lasciano le reti, Giacomo e Giovanni lasciano padre/barca/salariati e seguono subito (l’avverbio euthys, tipico di Marco, quasi una cifra della sua escatologia, si ripete in questi pochi versetti per ben due volte). Ovviamente l’episodio ha valore programmatico, di manifesto. Ma quali i contenuti di questo manifesto? A quale programma (formativo, esistenziale) i quattro danno credito? In realtà, se ci scrolliamo di dosso la consuetudine, il programma offerto da Gesù è estremamente enigmatico: «Venite dietro a me e vi farò diventare pescatori di uomini». Che significa? Chiaramente l’offerta di vita di Gesù parte dal loro vissuto: essi sanno bene che cosa significa essere pescatori, è proprio lì che Gesù li ha chiamati. Ma...come si pescano gli uomini? Questa incognita mette il lettore in attesa del seguito; è una promessa di chiarimento, di completamento, che per il momento il lettore non ha ancora. La risposta fiduciosa e piena dei fratelli, che lasciano ciò che li costituisce umanamente e professionalmente (barca, garzoni, padre), entusiasma ma genera anche riserve in chi legge: avranno davvero capito? Com’è possibile che quelle parole siano loro bastate? Dietro chi stanno andando? Il brano, però, concentrandosi sul protagonismo quasi assoluto di Gesù, veicola al lettore la forza e l’autorità della sua figura, il cui movimento è capace di indurre movimento in persone statiche e la cui parola è autorevole ed efficace (comanda e viene assecondata) e poietica, creatrice: «vi farò diventare...». La parola di Gesù ha la pretesa di cambiare l’identità, di trasformare le persone. Stabilisce, inoltre, il modo di organizzare lo spazio e di collocarsi in esso per tutto il racconto a seguire: c’è uno che va avanti e ci sono altri che devono stare dietro di lui. La spazialità nei vangeli è sempre eloquente e teologicamente densa. Le due coppie di fratelli sono silenti per tutte le scene: il lettore immagina pensieri, suppone una qualche interazione, che l’evangelista non svela. La narrazione di questa vocazione funziona, infatti, così: l’azione dice il cuore.