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Vangelo della 1.a Domenica d'avvento

salvezza alzatevi.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21,25-36

25 E vi saranno segni in sole e luna e astri, e sulla terra angoscia di nazioni senza scampo a causa del fragore del mare e dello scuotimento, 26 mentre uomini tramortiranno per il timore e la previsione di quanto incombe sulla terra abitata, poiché le potenze dei cieli saranno scosse. 27 E allora vedranno il Figlio dell’uomo che viene in una nube con potenza e gloria grande. 28 Ora, quando queste cose cominciano ad avvenire, drizzatevi e alzate le vostre teste, poiché si avvicina la vostra liberazione. 29 E disse loro una parabola: Vedete il fico e tutti gli alberi: 30 quando già hanno germogliato, guardando, da voi stessi, conoscete che l’estate è già vicina. 31 Così anche voi, quando avrete visto avvenire queste cose, conoscete che il regno di Dio è vicino. 32 Amen, vi dico: Non passerà affatto questa generazione, finché tutte queste cose non siano avvenute. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno affatto. 34 Attenti a voi stessi, che mai si appesantiscano i vostri cuori in gozzoviglie e ubriachezze e ansie di vita e incomba su di voi all’improvviso quel giorno. 35 Come un laccio sopravverrà infatti su tutti quelli che siedono sulla faccia di tutta la terra. 36 Ora vigilate in ogni momento, pregando di avere forza di sfuggire a tutto queste cose che stanno per accadere e di stare dritti davanti al Figlio dell’uomo.

Lectio di don Alessio De Stefano

Il Figlio dell’uomo (vv. 25-28) - Sfumando le mura di Geru­salemme, il quadro della fine si estende sino ad abbracciare un orizzonte cosmico: la vendetta su Gerusalemme scuoterà le fondamenta del mondo intero e persino le «energie celesti infatti saranno in pieno moto» (v. 26). Che lo sconvolgimento etico del diritto e della giustizia, da parte di Israele, potesse causare uno scompiglio dell’ordine naturale e cosmico e promuovere una de-creazione ed un ritorno al caos, è tema noto alla Bibbia. Forti e apocalittiche sono le parole del pro­feta Amos che pone a ragione di un’altra fine del mondo la violazione del diritto da parte di Samaria, che ha trasformato la legge, dolce e fonte di vita, in “assenzio” che è una pianta dal gusto amaro e fonte di morte: «Essi trasformano il diritto in assenzio e gettano a terra la giustizia. Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia il buio in chiarore del mattino e il giorno nell’oscurità della notte. Colui che chiama a raccolta le acque del mare e le riversa sulla terra, Signore è il suo no­me» (Am 5,7-8; cf anche Gl 3,3-4; Is 24,19). L’abbattimento del diritto e della giustizia è la causa della rovina e del caos in mezzo al popolo e alla città.

Tanto sarà negativo tale disor­dine che provocherà un caos anche nella natura e nel cosmo che da giardini di vita saranno corrotti in diluvi di morte e di tenebra. Gesù lascia intendere che i “segni” cosmici sono il frutto della violazione della giustizia e del diritto e, quindi, dell’autenticità della legge di Mosè, nella Giudea attuale. Sarà un tempo di ansia e di angoscia (synoché: occorre solo qui e in 2Cor 2,4) che coinvolgerà tutte le nazioni in cui si diffonderà il sentimento dell’oppressione, del cappio al collo e la paura ghermirà il cuore degli uomini che moriranno tutti (v. 26). Allora verrà il Figlio dell’uomo «su una nube con grande energia e splendore» (v. 27). La profezia apocalittica del profeta Daniele (cf 7,13) viene qui applicata da Gesù a sé stesso.

Si intende la parousia, la seconda venuta del Signore. Essa sarà una venuta gloriosa e potente (cf Lc 24,26 e 22,69) in contrasto con la prima venuta, quella mite ed umile nella mangiatoia di Betlemme, che si è conclusa con l’impotenza della croce. Per i discepoli - per “voi” - la liberazione è vici­na. Il riscatto arriverà. Il “Figlio dell’uomo” realizzerà una liberazione escatologica. Se, dunque, per i discepoli fedeli a Gesù, il tempo della vendetta non sarà morte, ma salvezza, significa che il giu­dizio di Dio su Gerusalemme è fatto sulla discriminante dell’accoglienza o meno di Gesù. Questo sembra essere, dunque, il delitto commesso da Gerusalemme: l’aver uc­ciso un profeta, un messia. Il delitto che provocherà la sua rovina! L’aver rigettato Gesù e la sua parola, il suo insegna­mento, il suo modo di interpretare la legge di Mosè, il suo vangelo. La sua apertura ai pubblicani, la sua durezza contro i farisei, la sua fede in molti aspetti tipicamente al femmi­nile e la sua concretezza nel pretendere una testimonianza radicale da parte di chi lo seguiva. Il secondo tempio verrà distrutto, dunque, perché Gerusalemme, a cominciare dal sinedrio, non vuole ascoltare la parola di Gesù e per questo lo farà morire. Similmente anche il primo tempio, quello di Salomone, fu distrutto perché i giudei, a cominciare dai re, per continuare nei sacerdoti e nei falsi profeti, non vol­lero credere alle parole di Geremia. Anche quest’ultimo fu condannato a morte, ma riuscì a sfuggirvi e riparare, dopo la catastrofe, in Egitto, dove nessuno ha mai visto la sua tomba, né trovato le sue spoglie. Così farà Gesù che uscirà dalla morte risorgendo e nessuno troverà più il suo corpo nel sepolcro. Egli uscirà dal tempio per abitare nel corpo della chiesa, tempio dello Spirito Santo (cf 1Cor 6,15.19). Uscendo per sempre dalle “pietre belle” del tempio in muratura ed inviando i suoi apostoli, “Pietro” per primo, ai confini del mondo. La perla preziosa del tempo (vv. 29-36) - Conclusa la descri­zione dei segni cosmici che accompagneranno la venuta del Figlio dell’uomo, Gesù invita a riportare gli occhi in basso, davanti ai propri piedi, nel presente. La piccola pericope si struttura su tre verbi, tre imperativi: «osservate» (idete, v. 29); «state attenti» (proséchete, v. 34); «vegliate» (agrypnéite, v. 36). Tre azioni che investono il tempo che separa l’oggi dalla fine. Non è un tempo vuoto, ma pieno, da cui dipenderà la fine stessa. Le parole di Gesù remano controcorrente alla tentazione che i suoi interlocutori hanno di mollare la con­dizione attuale per trasferire la mente in una situazione che non c’è, quella della fine dei tempi, appunto. Affinché quella fine giunga per la salvezza, occorre investire tutto sul tempo di oggi. Gesù ha prospettato il futuro, ma con uno scopo ben preciso: quello di restituire il presente. Occorre innanzitutto guardare la realtà: il fico, ad esempio (v. 29). Così come per tutte le piante è facile sapere quando verrà l’estate, osservan­do la loro primavera. Bisogna fidarsi dei germogli, perché essi non possono sbagliare! Nel loro fiorire batte il tempo del frutto: non è difficile credere al frutto e intuire quando esso maturerà, osservando i boccioli. Le parole di Gesù sono come la primavera delle piante: non possono passare senza che venga l’estate che esse conten­gono, come certa promessa. Il nuovo utilizzo della metafora dell’albero di fico porta a ripensare alla parabola di Lc 13,6-9, dove il padrone del campo diede ancora un anno di tempo al contadino, perché potesse essere quello opportuno per il frutto. Anche ai cristiani è stato dato un tempo ulteriore e non debbono sciuparlo in attività che disperdono, ma con la preghiera fiduciosa e operosa, che sarà la loro forza e la forza di attrazione per lo stesso regno di Dio.

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