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San Benedetto da Norcia. Fece o non fece l'Europa?

san benedetto.jpgAll'inizio della nostra storia, anche se sembra buffo, ci sono due ragazzini, orfani e piuttosto spaventati. Si chiamano Benedetto e Scolastica, e per quello che si capisce dalle fonti, sono gemelli. Non è una cosa facile, un parto gemellare nel VI secolo d.C. in pieno alto Medioevo. E infatti la povera mamma di Benedetto e Scolastica per metterli al mondo ci rimette la vita.

I due bimbi nascono e sono già orfani, quindi, e poco li consola che il papà Eutropio Probo sia un pezzo grosso del tempo, almeno a Norcia. Discende da una delle famiglie più potenti dell'impero, gli Anici, che fanno parte della classe dirigente dai tempi in cui Roma era ancora una repubblica, ma è nei secoli del Tardo impero che hanno dato il meglio di sé. Una infilata di imperatori, per quanto destinati a brevi regni, ma soprattuto una infilata ancora più enorme di funzionari e di notabili. Sono Anici di origine tanto Severino Boezio che Anicia Giuliana, e quindi in Occidente e in Oriente poco fa differenza che comandino gli imperatori bizantini, quelli romani, i Goti o persino i Longobardi, perché alla fin fine alle spalle a tenere le redini del potere c'è sempre un Anicio.

Eutropio però, diciamolo, fa parte di un ramo degli Anici che non conta molto, e infatti è relegato a Norcia, a fare il comandante cittadino. Però sempre Anicio è e quindi ai figlioli vuole dare una educazione come Dio comanda. Per questo li manda a Roma, dal Papa, che non è un Anicio ma è pur sempre collegato alla famiglia.

A Roma però i due ragazzini non si ambientano. Sono cresciuti lontani dalle metropoli e quando si ritrovano immersi nell'Urbe e soprattuto nella sua corruzione inorridiscono e fanno la faccia di Greta Thumberg quando le mostrano un sacchetto di plastica: sono schifati.

Quindi tornano a casa, e decidono di dedicarsi alla vita religiosa: monaca lei, asceta lui, che si ritira nella valle dell'Aniene a meditare, in compagnia della nutrice Cirilla. Ora lo so che l'idea di un eremita che si porta dietro la fantesca fa un po' ridere, ma dovete tenere presente che era pur sempre un ragazzino di diciassette anni e per di più di origini patrizie: noblesse oblige.

Da questo punto in poi è un crescendo. La fama di Benedetto si spande, e le popolazioni dei dintorni lo braccano per avere consigli, religiosi e non, forse non solo perché era santo, ma anche perché era un Anicio. Però Benedetto è generoso e disponibile, e anche se per un certo periodo cerca di scappare ritirandosi in grotte ed eremi sempre più isolati, ad un certo punto fa pace con la sua missione e accetta di diventare un punto di riferimento per tutti. Fonderà conventi e soprattuto darà origine al più famoso ordine monastico di sempre: i Benedettini.

Sul quale però bisognerebbe chiarire un paio di cosette, perché probabilmente gran parte di ciò che diamo per scontato su di lui e sui monaci in realtà non è vero.

La regola, tanto per cominciare. A scuola facciamo una capa tanta con quella cosa dell'Ora et labora, e giù a raccontare dei bravi monaci che arano i campi e copiano manoscritti. Se non che, per essere precisi, nei primi anni del Medioevo quelli che copiano i manoscritti non sono in massima parte i Benedettini, ma i monaci irlandesi, o quelli di un sacco di altri ordini seminati in giro per i conventi. I Benedettini, proprio perché dovevano orare et laborare dissodavano campi, bonificavano paludi, ma il lavoro intellettuale per loro era secondario, e i libri che girano nei loro conventi erano solo ed esclusivamente quelli dottrinali. La grande letteratura pagana, le opere poetiche degli antichi interessavano loro molto poco, e meno dei trattati che spiegavano come coltivare le rape, per dire.

La svolta per l'ordine benedettino però avviene molti secoli dopo la dipartita di Benedetto, e per opera di Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, per motivi forse più politici che religiosi.

I Carolingi avevano sempre avuto il grosso problema di riuscire a rendere uniforme il più possibile un impero che era un guazzabuglio di nazionalità, lingue e tradizioni locali. Così nell'816, ad Aquisgrana, per dare un po' di ordine ai mille conventi che erano sorti nelle loro terre, tagliarono la testa al toro e decisero che tutti da quel momento in poi dovevano seguire la regola di San Benedetto. Che di San Benedetto forse non era nemmeno tutta, perché persino nei conventi benedettini più antichi si seguiva una regola mista, che era detta di Benedetto e Colombano. E chi era Colombano? Il fondatore del monachesimo irlandese, cioè quello che amava ricopiare i manoscritti.

Per decisione imperiale, quindi, i Benedettini divennero l'ordine principe in Europa, ubbidendo ad un regola che forse non era manco del tutto loro. Divennero anche l'ordine più colto, padrone di terre sconfinate e di meravigliose biblioteche. Come quella in cui, secoli dopo, Umberto Eco ambienterà il suo Nome della rosa, dove i Francescani si scontrano con i Benedettini, che però sono pure cluniacensi, ovvero nati da una altra reinterpretazione della regola di San Benedetto, quella sorta nella abbazia di Cluny.

Ma questa è un'altra storia, ce la riserviamo per una prossima puntata.

da: "Il mondo di Galatea"

Mariangela Vaglio

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