Il 2 giugno del 2015 scrivevo la nota che segue in coda. A parte il fatto che ieri si sia concretizzato un primo governo non dominato dai partiti che negli ultimi 40 anni hanno occupato la scena politica italiana, tutto è inalterato. Si spera che il "governo del cambiamento", dei pentastellati e dei leghisti (cocktail poco potabile a mio avviso) possa portare l'Italia, ridotta proprio al lumicino, verso un approdo più tranquillo. Per il momento, quindi, confermo la nota di 3 anni fa e che Dio salvi la Repubblica e ... le banane.
"Sono uno di quelli che tanti anni fa (50 per la cronaca) partecipò con fierezza alla sfilata del 2 giugno a Roma. Impettito insieme ad altri ragazzotti sfilai tutto compreso nel mio ruolo, scattando con la testa al comando "attenti a sinistr" per il saluto all'allora presidente Saragat, dal volto rubicondo del beone allegrotto. Oggi ricorre ancora una volta la data fatidica in cui il popolo italiano decise di voltare le spalle alla monarchia ed iniziare un nuovo ciclo di storia con la repubblica. La costituzione, frutto della voglia di democrazia oppressa per due decenni, e uscita dalle menti di uomini illustri, faceva sperare agli italiani un futuro se non felice almeno più equo e più giusto.
Un mio amico Stefano Vecchione da Cosenza così scriveva stamattina sulla sua pagina di Facebook:
"Risorgimento, Resistenza, Repubblica.
È un momento epocale della storia non solo politica, ma anche culturale, economica e sociale della Nazione, tra mille difficoltà, il 2 giugno 1946 si spengono gli ultimi echi del dramma di una generazione sfortunata, gli italiani sconfessano monarchia e fascismo e intraprendono, con convinzione, la strada della libertà e della sovranità popolare che nella Costituzione trova, ancora oggi, la propria sublimazione."
Mi complimento con l'amico, ma non posso esimermi dal fare qualche breve considerazione. Il sacrificio di tanti connazionali che hanno perso anche la vita per quell'afflato di libertà e democrazia, cosa ha prodotto in questi ultimi 70 anni? Una nazione completamente allo sbando
- dove la democrazia è stata vilmente calpestata,
- dove lo stato di diritto viene rispettato solo per alcuni individui mentre i doveri pesano sulla maggior parte del popolo,
- dove la burocrazia statale e gli alti funzionari dei poteri economici governano in effetti al posto di politici ignoranti, arruffoni e spesso delinquenti che pretendono di rappresentare il popolo sovrano,
- dove la metà degli aventi diritto non vanno più a votare perchè sfiduciati dall'imperante malgoverno,
- dove la presunzione, l'arroganza e l'egocentrismo diffusi hanno preso il posto della comprensione dei bisogni, della vicinanza a chi soffre e della condivisione,
- dove una larga parte della popolazione vive sotto il livello della povertà.
Ebbene, cosa dovremmo festeggiare? Ascolteremo la solita tiritera del neo-presidente della Repubblica trasmessa a reti unificate, sicuramente molto simile a quella di molti suoi predecessori e da domani ritorneremo a nuotare nel mare di sudiciume nel quale rischiamo di affogare ogni giorno che passa. Viva la Repubblica, Viva l'Italia.
Antonio Michele Cavallaro