MUMMIE EGIZIE E SYBARIS ARCAICA: RAFFRONTO EGITTO ED ITALIA (CALABRIA IN TESTA), E RICORDO DI ANDREOTTI
Si legge in numerosi ed eccitati articoli di stampa nazionali e calabresi:
"Nella Valle dei Re e ad Alessandria si lavora con le tecnologie più avanzate per svelare i tanti misteri ancora irrisolti delle piramidi egiziane e per trovare la tomba di Cleopatra".
"...Il punto sulle ricerche, che hanno già dato risultati importanti e liquidato molte leggende, è stato fatto a Palermo da Zahi Hawass, considerato il massimo egittologo al mondo, che per iniziativa di BcSicilia ha tenuto in un’aula gremitissima dell’Università di Palermo una conferenza sulla sua lunga esperienza...".
Tutto questo alla ricerca dell'ennesima puzzolente mummia che in vita sottometteva il popolo schiavizzandolo nell'esaltazione della sua irrilevante figura faraonica o nella costruzione della sua sepoltura, piramidale o meno.
Evidenzio: aula "gremitissima" a Palermo, e utilizzo, in Egitto, delle tecnologie più avanzate.
Qui in Calabria l'architetto Maurizio Silenzi Viselli ha esposto (oltre ad infinite altre cose) il sito della mai scoperta Sybaris, la più grande città dell'occidente arcaico, con conferenze e pubblicazioni, nella totale indifferenza ("Sibari, questa sconosciuta?"; edito da Club Rotary Rossano Corigliano, Proloco di Trebisacce e Sybaris Tour).
Politici arraffoni, accademici ed "esperti" ignoranti come cocuzze, avvoltoi perdigiorno a libro paga Anas e pecoroni al seguito, sono però tutti protesi alla realizzazione del 3°Megalotto progettato, guarda caso, proprio a passarci trionfalmente sopra.
Gli attuali Egiziani, quegli stessi che non riescono a dare un nome agli assassini del ricercatore italiano Giulio Regeni, vengono accolti con pompa di fanfare e folle plaudenti ad esporre quello che i nostri (elencati più sopra) non riescono, non dico a cercare e valorizzare, ma nemmeno a proteggere dallo scempio infrastrutturale.
Essi (sempre quelli elencati più sopra) godono di tutto il mio più profondo disprezzo.
Alle acclamazioni palermitane, fanno riscontro quelle calabresi a Franceschini, quando è venuto, bontà sua, a presentare il suo romanzucolo da quattro soldi, ma che, quando è stato avvertito del possibile scempio archeologico, ha decretato, non già, "bisogna indagare", ma: "L'opera si deve fare".
Viviamo tempi e politici diversi da quelli in cui l'amico Giulio Andreotti (in questi giorni cade il centenario della nascita), non solo leggeva con interesse i miei saggi, ma si metteva subito a mia disposizione per scongiurare altre sopraffazioni del nostro patrimonio culturale, e mi telefonava o scriveva: "Parlerò con chi di dovere e ti farò fissare un appuntamento..."; spesso si trattava o del Segretario Generale del Ministero dei Beni Culturali (all'epoca Carmelo Rocca) o di altri responsabili istituzionali.
E, sottolineo, lo faceva anche negli ultimi tempi, quando degli infami lo tormentavano con accuse prive di ogni fondamento.
Aggiungo, e chiudo, un uomo, 7 volte Presidente del Consiglio e 27 volte Ministro della Repubblica, alla cui morte non ha fatto seguito la scoperta di capitali economici accumulati ed inguattati. Intelligenza, cultura, senso dello Stato ed onestà non sbandierata, ma semplicemente e silenziosamente dovuta e praticata.
Maurizio Silenzi Viselli
Alleghiamo un articolo del 2014 dell'arch. Silenzi Viselli sul vero sito della Sybaris Arcaica
Continua l'inganno degli scavi di Sibari
A Sibari (quella moderna) hanno scavato, e continuano a voler scavare, testardamente, alla ricerca di un'Araba Fenice (Sybaris arcaica) che sta altrove. Lo sanno, ma non lo dicono. La questione è iniziata molto tempo fa, nel 1932, quando Umberto Zanotti Bianco, ed altri, fecero emergere delle vestigia nella zona archeologica attualmente denominata "Parco del Cavallo". Scavi casuali e casuali ritrovamenti. Nell'eccitazione della scoperta fu ventilata l'ipotesi che potesse trattarsi della mitica città di Sybaris, distrutta dai Crotoniati nel 510 a.C.
Ipotesi non confermata (e “non conferma” mai dichiarata) dagli scavi successivi, effettuati nel 1969-1974. Anzi, quello che emerse chiaramente furono, prima le vestigia della città di Copia romana, e poi, più sotto, quelle della Thurii greca, a sua volta fondata dopo la distruzione di Sybaris, in un posto diverso, nel 443 a.C.
Della Sybaris arcaica emersero, ed emergono attualmente, solo strutture identificabili come appartenenti alla zona portuale.
Ecco l'inganno che si sta perpetrando. Si continuano ad impiegare notevoli quantità economiche, dicendo che la città si è trovata (dove?!) ma per trovarla meglio (?!) bisognerà scavare più in profondità. Ma là sotto, troveranno sempre e soltanto l'acqua del porto di Sybaris. Naturalmente se si ammettesse che lì non c'è Sybaris si perderebbe l'attenzione politica sulla zona degli scavi ed una serie di altri "vantaggi" (diciamo accademici).
Uno sperpero continuo, a fronte di un interesse di pubblico ovviamente scarsissimo, visto che non si può mostrare di fatto la città di Sybaris (se non a chiacchiere). I visitatori, con il loro passaparola, lo sanno bene.
In tutto l'anno 2012, prima dell'alluvione, gli scavi ed il museo hanno incassato 6.168 euro, con una frequenza media di circa 27 visitatori al giorno (meno del calzolaio sotto casa). Per fare un paragone, a Paestum (che fu fondata come colonia proprio dai Sibariti) si contano circa 900 visitatori al giorno. 900 contro 27: si deve aggiungere altro? 250.000 visitatori all'anno contro 10.000. Quanta ricchezza, diretta ed indiretta, produrrebbero 240.000 visitatori in più nella zona della Sibaritide? E non crediamo che sarebbero solo quelli, visto che Sybaris è molto più famosa nel mondo.
Ora si sono stanziati circa 20 milioni di euro a seguito dell'alluvione. Ma di questi soldi solo una piccolissima parte serviranno a ricostruire l'argine del crollato del Crati e togliere il fango dagli scavi. L'ottanta per cento della cifra verrà impiegata, sia per prosciugare più in profondità l'area dalla falda acquifera, sia per continuare a scavare ancora, ancora più giù, sempre alla vana ricerca di Sybaris. Forse, arrivati nel loro viaggio al centro della terra, senza aver trovato la necropoli con circa duecentomila sepolture, ed i templi sicuramente più maestosi di quelli di Paestum (ah, non li hanno trovati?), interromperanno le vane ricerche e se ne faranno finalmente una ragione.
Saranno allora passati altri decenni, e, qualcuno, tirerà fuori la ricerca dell'architetto Maurizio Silenzi Viselli, esposta con una conferenza proprio al Museo di Sibari l'11 gennaio scorso (e pubblicata con il titolo "Sibari, questa sconosciuta?" dalla Pro Loco di Trebisacce, dal Club Rotary di Rossano Corigliano Sybaris, e dalla Sybaris Tour), la tirerà fuori per riconoscere (sorpresa!) che la città arcaica si trova da un'altra parte (ed il fiume Sibari non era il Coscile ma l'attuale Raganello).
Ma forse basterà realizzare la nuova 106, progettata a passare proprio sull'arcaica città, per trovarla, e scempiarla al tempo stesso.
Del resto, per comprendere che la Sybaris arcaica non poteva trovarsi sotto Thurii, bastava leggere gli storici dell'epoca: "...nel 443 gli ecisti (che guidavano i nuovi coloni) Lampone e Xenocrito, ascoltato il vaticinio dell'oracolo di Delfi...". Oracolo che disse loro di fondare la nuova città nei pressi di una fonte chiamata Thuria. Ora, i nuovi coloni, non avrebbero avuto bisogno di nessun oracolo se avessero dovuto rifondare la città sulle rovine della vecchia Sybaris, si sapeva benissimo, allora, dov'era la città arcaica. La fonte Thuria si trovava invece a 6 chilometri da Sybaris, guarda caso proprio nel punto, sulla costa, dove i Sibariti avevano realizzato, distaccato dalla città, il loro porto e le strutture inerenti.
Oppure basterebbe andare a vedere le antiche carte con bene indicata la posizione delle vestigia, evidentemente, all'epoca, ancora visibili (vedi immagine).
Aggiungiamo che tutti, ripetiamo tutti, gli antichi storici, ci narrano che Thurii fu fondata in un luogo diverso da quello di Sybaris, ma la Soprintendenza è di parere diverso. E se lo dicono loro. Sarebbe carina se ci mettessimo a dar retta agli storici, alla logica, ed alle caratteristiche territoriali: dove finiremmo? Loro la sanno più lunga, come Totò, hanno fatto i militari a Cuneo.
L'inganno lo stanno pagando i Calabresi, in soldi spesi invano, ed in mancati grandi incassi economici (ed effettivi, stabili, posti di lavoro) e culturali, che potrebbero derivare dal mostrare al mondo le vere vestigia della più grande città dell'occidente arcaico.
Ma i Calabresi, si sa, hanno tanti soldi e tanto tempo a disposizione da perdere, e tanta, tanta pazienza. O no?