Nel florilegio di serate all'insegna della poesia e di premi letterari ci permettiamo di riproporre un pensiero del nostro redattore Michele Sanpietro che la dice lunga sulla valenza di certi personaggi. Tanti, direi tantissimi anni fa, il direttore di una importante casa editrice mi disse: "Un poeta o uno scrittore si può definire tale quando avrà venduto almeno tremila copie di una sua pubblicazione". (A.M.Cavallaro)
In questi ultimi anni abbiamo assistito (ed assistiamo ancora) ad un florilegio di premi letterari, presentazioni di libri (per lo più di poesie o presunte tali) vernissage di improbabili pittori, concerti di musicisti e cantanti e spettacoli di sedicenti artisti delle più disparate discipline.
Ognuno di questi eventi viene debitamente sponsorizzato da qualche pubblica amministrazione e da imprese ed aziende che, a vario titolo, tentano di promuovere (con scarso successo) la propria attività.
I poveri partecipanti alle manifestazioni di questo tipo, quasi sempre, “godono” dei “saluti istituzionali” di rappresentanti della politica locale, la maggior parte dei quali, avendo già pochissimo letto nella loro vita, mai e poi mai andranno a leggere il libro che viene presentato o ad informarsi sulla natura del premio, quindi finiscono per pronunciare dei veri e propri comizi strampalati inneggianti a sé stessi e al proprio operato: pallosi come non mai.
Sono migliaia in Italia gli autori di libri di poesie ma forse sarebbe meglio dire “autrici”, perché sono donne che, per lo più, improvvisamente si sono scoperte l’uzzolo della poesia o della scrittura. Questi migliaia di libri, libretti, libricini che ogni anno vengono stampati fanno la fortuna di piccole case editrici lautamente remunerate per qualche centinaio di copie, che, ovviamente, nessuno leggerà, salvo i familiari più stretti degli autori/autrici.
Se provate a chiedere a questi pseudo-poeti e poetesse, se hanno mai comprato un libro di poesie, vi renderete conto che gli unici versi mai letti in vita loro sono quelli “imposti”durante gli anni della scuola, a quel punto bisognerebbe chiedere: ”perché mai si dovrebbero leggere le tue poesie?”
Oggi è più che mai facile scrivere qualsiasi “menata” e pubblicarla poi su uno dei tanti social-network e a secondo dei “likes” che si ricevono (quasi sempre da amici compiacenti) molti finiscono per credere di essere dei grandi scrittori, tanto che qualcuno ha il coraggio di presentarsi, sulle proprie informazioni personali, “scrittore, scrittrice, poetessa se non addirittura opinionista”. Roba da far scompisciare dalle risate quando poi si vanno a leggere le loro castronerie sgrammaticate e, spesso, senza alcun senso compiuto.
Sui social network si fa man bassa di citazioni scopiazzate qua e là, ma, ultimamente, alcuni più “talentuosi”, non soddisfatti delle migliaia di aforismi che si trovano sul web, giù a scriverne di nuovi, che, ovviamente, non interessano alcuno. Ognuno può divertirsi come gli pare e spendere i propri risparmi stampando libri, quaderni, giornaletti ecc ecc, ma per favore, senza costringere gli amici, proprio quelli che vi vogliono bene, a sorbirsi serate di “letture” e di elucubrazioni letterarie delle vostre improbabili poesie, invitateli piuttosto a gustare anche una semplice torta di mele fatta von le vostre manine o una bella grigliata di sardine preparata con l’aiuto dei rispettivi partners.
Con questo non si vuole dissuadere dallo scrivere, attività questa che fa bene anche alla psiche, ma fa certamente male a chi non glie ne frega alcunchè di leggere i risultati delle profonde meditazioni altrui.
Michele Sanpietro