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Quale sinodalità in Italia? La sintesi della CEI

chiesa san luigi gonzaga«La Chiesa appare troppo “pretocentrica” e questo deresponsabilizza, diventando un alibi per deleghe o rifiuti da parte dei laici, relegati spesso a un ruolo meramente esecutivo e funzionale, anziché di soggetti protagonisti, costruttori di un “noi”». È uno dei passaggi più efficaci di testo intitolato: Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 (in vista del Sinodo mondiale dei vescovi, slittato, come si sa, al 2025). La Sintesi s’intitola: “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione”. Lo ha consegnato la Presidenza della CEI il 15 agosto alla Segreteria Generale del Sinodo mondiale dei Vescovi. Il testo è il frutto di un ascolto e consultazione capillare del Popolo di Dio, per cui diviene molto utile per tutti coloro che intendano fare il punto della situazione reale delle Chiese in Italia, ovviamente nella rilettura della Segreteria della Conferenza dei vescovi italiani.

Rispondendo ai ripetuti appelli di papa Francesco, raccolti e assunti dalla 74ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (maggio 2021) fu, dunque, avviato il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ufficialmente apertosi in tutte le diocesi il 17 ottobre 2021 e con la prospettiva di uno sviluppo in cinque anni, con un’articolazione in tre fasi: narrativa (2021-2022; 2022-2023), sapienziale (2023-2024) e profetica (2024-2025). È da notare che in Italia si sarebbe dovuta avere, nelle intenzioni, una consultazione, oltre che capillare, anche al di là del perimetro di coloro che si sentono membri della comunità ecclesiale, nel lodevole sforzo di raggiungere anche i mondi della politica, delle professioni, della scuola e dell’università, fino ai luoghi della sofferenza e della cura, alle situazioni di solitudine e di emarginazione. Certo, l’effettiva modalità di coinvolgimento va riferita a ciascun territorio, tenendo conto, tuttavia, che la stessa Sintesi CEI parla di “incertezze e perplessità”, nonché di rallentamenti del percorso per la pandemia e la guerra in Ucraina, oltre che per la persistenza di “individualismi, scetticismi e steccati”. Sul piano numerico, sono stati coinvolti 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva soltanto di mezzo milione di persone: non molti, se si tiene conto che, stando ai numeri registrati da “Italiaindati”, ad inizio 2021, il 79,6% della popolazione residente in Italia risultava cristiano (in particolare, il 74,5% cristiano cattolico) e che, stando ai dati Istat al primo gennaio 2022, eravamo nella Penisola poco più di 59 milioni.

Ascoltare/sentirsi ascoltati, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo: ecco i dieci nuclei attorno a cui sono state organizzate dalla Segreteria della CEI le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane: si tratta di altrettante modalità per agganciare le persone di ogni parrocchia. Ciascuno di questi nuclei merita approfondimenti, magari anche su queste colonne. Tuttavia, per ora, fa piacere almeno domandarsi, con la Sintesi, quali siano state le principali resistenze incontrate. In primo luogo, vi sono state resistenze dovute alla paura di attivare un processo destinato semplicemente a lasciare le cose come stanno; probabilmente in diversi non sono ancora entrati in un processo di aggiornamento – per dirlo con un termine caro a san Giovanni XXIII – del modo di essere delle realtà parrocchiali, che restano il concreto modo di essere di ogni Chiesa particolare. Del resto, non si tratta soltanto di resistenze da parte dei laici, anzi non viene sottaciuta la fatica a suscitare un coinvolgimento cordiale di una porzione non trascurabile del clero, che ha visto il Cammino sinodale con una certa diffidenza. Quali sono per preti e vescovi le sintonie da attivare tra le modalità ordinarie di esercizio del ministero e l’assunzione di uno stile pienamente sinodale?

In secondo luogo, sono ri-emerse alcune annose questioni che affaticano il passo: «il clericalismo, lo scollamento tra la pastorale e la vita reale delle persone, il senso di fatica e solitudine di parte di sacerdoti e di altre persone impegnate nella vita della comunità, la mancanza di organicità nella proposta formativa, l’afasia di alcune liturgie». D’altra parte, la fatica è emersa in alcune Chiese locali, laddove siano stati indetti anche dei Sinodi diocesani, per cui il cammino non sempre è stato facile, dovendo intrecciare il percorso diocesano con quello nazionale e questo, a sua volta, con quello universale, in preparazione al già convocato Sinodo mondiale dei vescovi. Ancora, durante il primo anno si è riusciti principalmente a intercettare la parte della comunità ecclesiale italiana che in qualche modo già gravita o afferisce ai circuiti parrocchiali, in cui non mancano comunità talvolta arroccate su posizioni di difesa e di rassegnazione, non del tutto capaci di passare dall’“io” al “noi”.

Davanti a tutti si apre comunque un altro tratto di strada, che va percorso chiedendosi: come essere una “Chiesa in uscita” che, insieme, dev’essere una “Chiesa che sa far entrare”, a partire dalla celebrazione dell’Eucaristia? L’obiettivo non é un’operazione di maquillage» (dalla Sintesi CEI), ma resta quello di «rendere la Chiesa più accessibile, più comprensibile e più attraente per i giovani e i “lontani”, più capace di trasmettere la gioia del Vangelo.

P. Vincenzo Bertolone S.d.P.

                             Arcivescovo di Catanzaro - Squillace

fonte: Pubblicato ieri 22/01/2023 sul Quotidiano di Calabria, edizione di Catanzaro                                 

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