(foto:bambini profughi) Ieri sera in autobus ho assistito ad una scena che mi ha fatto capire cosa sia l'orrore, quello vero.
Seduta accanto a me c'era una donna mia coetanea ben vestita, scarpa in pendant con la borsa, tubino nero, capelli da parrucchiere, unghie orribili con ghirigori nail art, cellulare ultimo modello, modi e fare dell'impiegata che è appena uscita dall'ufficio e si dirige verso casa per una serata in famiglia.
Al telefono con una amica, dopo aver parlato di aperitivi e locali, discettava sui migranti dicendo: «Sono stata in Grecia anni fa e sai perché non venivano da loro gli Albanesi? perché gli sparavano con i razzi sulle barche. Ogni tanto trovavano in spiaggia un braccio o una mano di quelli che erano saltati per aria ma non arrivavano sulle spiagge a rompere a te che facevi le vacanze. Così bisogna fare. Bisogna sparargli.»
Giuro, ho sentito un brivido, il fastidio di un conato di nausea che mi ha preso lo stomaco.
Ma non per la violenza in sé di quel "bisogna sparargli".
È che davvero non riesco a concepire che qualcuno possa considerare una prospettiva allettante andare in vacanza in un luogo dove sai che sulla spiaggia rischi di trovare la mano o il braccio di un cadavere. Una scena che pare uscita da un film horror o da una puntata di CSI.
Esattamente quando siamo caduti così in basso da giudicare appetibile fare il bagno fra i pezzi di cadavere per evitare che dei poveracci possano romperci le scatole? Quando? E perché?
Mariangela Vaglio
da "ilmondodigalatea"