Nella serata di domenica 25 agosto a Sant'Agata di Esaro si è svolto, nel bellissimo chiostro di San Francesco, il convegno di presentazione dei due romanzi preistorici scritti da Salvatore Cataldi.
L'amministrazione comunale santagatese, guidata dal sindaco Mario Nocito e coadiuvata dalla vice sindaca Adriana Amodio e dall'assessora alla cultura Jolanda Servidio, ha accolto cordialmente lo scrittore cassanese Salvatore Cataldi e i relatori Tommaso Orsimarsi, anch'egli scrittore e socio corrispondente dell'Accademia Cosentina, e il poeta cassanese Antonio Canonico. Il convegno, come ribadito dagli amministratori comunali e dai presenti appassionati di letteratura e di preistoria, ha vissuto fasi di alta cultura, grazie alla diversità degli argomenti trattati e alle particolari prospettive indicate.
Sotto la regia della brava moderatrice Patrizia Perrone, l'incontro è stato partecipato dagli astanti con attenzione e interesse. La moderatrice ha incalzato l'autore Cataldi con una serie di domande riguardo ai due romanzi: "Il Villaggio di OnassaC e la Rivoluzione Neolitica" e "Gli Strappatori di Emar, di cuore di pietra e di sangue". E l'esperimento di presentare due libri nella stessa serata non si è rivelato per nulla agevole.
Riportiamo in sintesi l’intervento del dottor Cataldi:
“Perché stasera siamo qui ad approfondire i due romanzi preistorici? E perché proprio in questo Chiostro? È un caso? Nulla è per caso, secondo la teoria della connessione tra luoghi, cose e persone, nel corso della vita dell'uomo. A proposito, ho un'idea tutta mia: i déjà-vu che tutti viviamo deriverebbero proprio da questa teoria. Vediamo cose, persone e scene che sembra di aver già vissuto, proprio perché le vicende dell'uomo sono legate tra loro e al tempo, che ha una dimensione circolare e infinita. Siamo qui in questo bellissimo chiostro perché i due libri si fondano sulla manifestazione dello spirito libero di esprimersi, fare e pensare. Due libri che sprigionano passioni, calore umano, curiosità ed interesse per questi tempi arcaici vissuti dai nostri grandi antenati. I libri raccontano, sì, della passione per questa storia arcaica, ma narrano anche la bellezza dei gesti dei nostri padri stretti in un rapporto ineludibile con la nostra terra, diventato territorio solo grazie agli interventi antropici – cambiamenti del terreno, terrazzamenti per la coltivazione dell’uva, del riso e la costruzione di case, palafitte, santuari con dolmen e Menhir e interventi idraulici quali fossi e canaline. E se è vero com'è vero che i due romanzi parlano di bellezza, era inevitabile presentarli, grazie alla regia invisibile, proprio nel chiostro del convento di San Francesco di Paola, amante della bellezza naturale. I due romanzi possono essere definiti anche strumento di marketing territoriale, una vera e propria vetrina per i territori dei quali si raccontano fatti e luoghi arcaici in un continuo e ricco confronto con quelli odierni. Su questo tema posso dire che al massimo esistono romanzi ambientati da archeologi per approfondire i loro siti di ricerca. Ma credo che non esistano al mondo romanzi come questi, che fanno dialogare i personaggi unendoli ai loro tempi arcaici e al loro patrimonio archeologico. E che siano due libri strani lo dimostra il fatto che il famoso regista romano, Guido Fiandra, professore di scenografia all'Università di Bologna, il 13 ottobre 2020 scese in Calabria per la presentazione del libro “Il Villaggio di OnassaC e la Rivoluzione Neolitica”. Poiché vide la possibilità di girare, grazie all'intervento della Regione Calabria e della Film Commission, un docufilm, che avrebbe avuto per i territori coinvolti un impatto dirompente di marketing territoriale. E diventare un possibile volano di sviluppo sociale, economico e culturale. Ma purtroppo non se n'è fatto ancora nulla. Magari, poi se in Calabria vengono registi di altre zone servendosi del nostro patrimonio paesistico e delle bellezze naturali, per girare film che parlano dei loro fatti storici che hanno un valore universale minore dei nostri, siamo pronti ad applaudirli e propensi ad aiutarli. È la dimostrazione che siamo un popolo portato per il colonialismo. Il documentario avrebbe potuto, inoltre, accrescere il sentimento identitario e di appartenenza. Sarebbe un film molto interessante per il futuro dei nostri territori, rispetto a tanti altri film banali.
Guarda caso, come nel 3.456 a.C., a metà agosto, la carovana di OnassaC partì per raggiungere la tribù di Ursus - l’attuale Sant’Agata di Esaro - per impostare rapporti di baratto (ossidiana, riso e vino scoperti dal villaggio Esenassac alle isole Eleim – Eolie di Lipari) e strategie difensive. Costruendo velette sulle cime del monte Orso - oggi La Montea - a guardia di possibili invasioni forestieri e, tra l’altro, da cui sono visibili le Isole Eolie. È proprio da questa montagna che i padri paleolitici avvistarono già 40 mila anni fa le Isole siciliane, da sempre nel mirino dei loro viaggi marinareschi per andare a barattare l'ossidiana: la pietra sciamanica, nera, vitrea e vulcanica. Ciò portò a grandi cambiamenti nell'agricoltura e nel commercio di monili, ciotole e nuove armi, dando così vita alla Rivoluzione Neolitica di OnassaC e delle vicine tribù del massiccio del Pollino. Cataldi paragona: Il ciclo di vita dell'umanità all'evoluzione del lancio di un prodotto sul mercato, ove la parabola che esce dall'intersezione degli assi cartesiani, cresce sino a raggiungere nel neolitico, e nell'età del rame, del bronzo e del ferro, sino poco oltre il medioevo, l'apice dello sviluppo tecnologico serio e necessario, non superfluo com'è quello di oggi. Lo scrittore ha domandato al pubblico presente: Vi siete mai posta la domanda del perché le nostre case e i magazzini straboccano di roba ed oggetti?
Perché i mercati ormai sono saturi e producono e vendono oggetti a cui siamo affezionati per poco tempo, perciò accumuliamo roba inutile comprando altre merci futili, e delle quali facciamo pure difficoltà a disfarcene. Il Neolitico e il Calcolitico, l'età del rame e del bronzo, e sino all'età del ferro e poco oltre il medioevo, rappresentano per i nostri territori l'età moderna. Età moderna che comincia dunque con la nascita dei concetti di scrittura, cultura e storia, nati non nel 3.455 a.C. ma molto, molto prima, già ai tempi dell’arte rupestre nelle grotte ad opera dell’uomo di Neanderthal, nel Paleolitico Inferiore, 64 mila anni fa e 20 mila anni prima dell’uomo sapiens. Quando l’uomo ebbe l’intelligente idea di incidere su tavolette di legno, ossa e roccia messaggi da trasmettere ai suoi pari e ai posteri, è questo il momento in cui nascono insieme i concetti di cultura, scrittura e storia. Non esiste nessuna divisione del tempo in ere diverse. Il tempo e lo spazio dell'uomo sono unici. L'era paleolitica, neolitica e calcolitica sono convenzioni, banalità e comodità poste dall'uomo attuale e noi non siamo uomini moderni, ma contemporanei. Siamo quelli che causano disastri: inquiniamo la natura deturpandone la bellezza, pensiamo a guerre stupide, vere e proprie carneficine e atti criminali del genere umano. Esageriamo con l'intelligenza artificiale dimenticandoci di affinare il nostro intelletto. Siamo più intelligenti dell'uomo della pietra, del rame, del bronzo e del ferro? No. Crediamo di esserlo, ma credere non è essere, ma avere ed apparire conditi da tanto "vantaiottismo".
L’uomo arcaico fece scoperte memorabili che l’uomo di oggi potrebbe solo sognare di fare. Inventando l’orologio e il calendario astronomico con i santuari dei menhir e dei dolmen. Vorrei capire se oggi i tecnici, seppur dotati di strumenti di misurazione digitale, sarebbero capaci di progettare i dolmen e i menhir, dandogli la giusta posizione rispetto alle stelle e ai corpi celesti, affinché durante il solstizio d’estate del 21 giugno, i raggi del sole attraversino il foro sopra il solaio del dolmen - piccola cella funeraria - e nel solstizio d’inverno del 21 dicembre un pennello di luce ne percorra il corridoio. Dolmen e menhir venivano utilizzati dagli sciamani per compiere riti di buona fortuna e per seppellire gli eroi delle tribù. L'uomo contemporaneo ha cooptato l'idea dell'orologio e del calendario arcaico per creare gli orologi prima analogici e poi digitali. L'uomo arcaico ha inventato la rete commerciale passando da tribù in tribù per vendere i prodotti, era una rete fisica, ma il concetto primordiale è loro. L'uomo moderno ne ha evoluto solo le modalità inventando la rete commerciale e quella online. L'uomo antico ha inventato il rame, lo stagno e, fondendo e miscelando i due minerali, è arrivato il bronzo. Non so se l'uomo coevo ne sarebbe stato capace. Sembrano invenzioni di poco conto, ma solo perché ci sono state regalate e vengono viste con occhiali post. Insomma, continuiamo a sottovalutare troppo i nostri avi, ma approfondendo la loro storia potremmo capire meglio cosa fare e quali strade prendere in futuro. Forse è il caso invece di fare un passo indietro perché ci stiamo fissando troppo sull'intelligenza artificiale che uccide occupazione, relazioni e calore umano. Patrizia Perrone pone all’Autore altre due domande: la prima sulla parità di genere in età preistorica e la seconda: su chi sia la colpa se gli studenti di oggi ignorano la storia arcaica? Cataldi argomenta: "La parità di genere c'era già nel Neolitico, dove la donna aveva un ruolo paritario rispetto all'uomo, se non dominante. Dunque, la parità di genere è una conquista tutt’altro che contemporanea. I due libri perciò si pongono l'obiettivo di rompere diversi luoghi comuni. Dopo aver rotto la divisione delle ere, anche la favoletta dell'uomo cacciatore e della donna che aspetta al fuoco accudendo le prole e prepara i pasti, è un falso mito. Le donne del Neolitico erano forti e partecipavano a tutte le attività della tribù. Andavano a caccia, erano tessitrici e vasellaie e si esibivano nei giochi e nella danza. E, soprattutto, le donne divulgavano le nuove scoperte e le conoscenze.” Per la seconda domanda, afferma Cataldi: "La colpa è del sistema che tutti noi abbiamo voluto e creato, e di cui siamo tutti complici. Un sistema che sembra essere evoluto ma non lo è. Le scuole dovrebbero puntare sulla conoscenza di queste ere, invece di enfatizzare la storia delle due guerre mondiali che rappresentano il culmine dell'odio e della cattiveria umana, soprattutto nella guerra delle guerre: sulla linea gotica dove prese parte mezzo mondo e vi furono milioni di morti. Insegnando loro gli atti criminali delle due guerre, si potrebbero addirittura innescare situazioni di emulazione. Nella seconda guerra mondiale, oltre a milioni di ebrei, morirono migliaia di italiani e, secondo la legge del karma, migliaia di tedeschi nei lager degli Alleati. Tuttavia, con i raid aerei, gli Alleati avrebbero dovuto essere più precisi nel colpire le strutture belliche e meno le abitazioni civili, causando la morte di donne e bambini innocenti. Allora, perché non raccontare ai ragazzi la storia antichissima dell'uomo, le nostre radici, dove tutto era più bello e migliore? È tutta una questione di dare agli studenti nuove prospettive nell'educare. A scuola, i professori dovrebbero pensare a recuperare gli studenti rimasti indietro e smettere di sottolineare l'intelligenza di alcuni. L'intelligenza per esprimersi non ha bisogno di grandi attenzioni, magari di piccole sollecitazioni, perché essa sa volare da sola. Altrimenti, potremmo correre il serio rischio di soffocarne passioni e desideri e ingessare nuova creatività e genialità.
Cataldi, rivolgendosi al sindaco Mario Nocito, conclude con tre proposte: la prima riguarda l'organizzazione di un'esplorazione guidata sul monte La Montea da parte di gruppi di cittadini delle otto sorelle del Pollino, coinvolgendo i comuni, le scuole e le associazioni; la seconda proposta riguarda la rievocazione della prima olimpiade tra le tribù narrate nel libro "Gli Strappatori di Emar", al fine di attrarre turisti; infine, la terza proposta consiste nell'organizzare altri convegni presso le scuole, proponendo i due libri come testi di narrativa arcaica del territorio.”
Lo scrittore Tommaso Orsimarsi enuncia: "I due libri di Salvatore sono due romanzi molto originali, ma si differenziano per il fatto che l'autore dialoga e prende per mano il lettore, inducendolo a continue riflessioni. È un metodo letterario importante. Pensiamo ai Bronzi di Riace che si è scoperto venire da Siracusa e non dalla Grecia come si è pensato sino a poco tempo fa. Allora, se ciò fosse vero, è molto probabile che il rame utilizzato per realizzarli provenga proprio da Sant'Agata di Esaro, dalla grotta della Monaca, che all'epoca forniva il rame a diversi paesi del Mediterraneo. Salvatore, nei due libri, è libero di agire e spaziare tra verità e verosimiglianza, proponendo alcune mappe - disegnate a mano dalla moglie Angela - che identificano le tribù delle otto sorelle del Pollino e i villaggi del mondo conosciuto. Nella scrittura dei due libri, Salvatore utilizza alcuni meccanismi letterari unici, come i nomi di personaggi reali scritti al contrario, che ha conosciuto e conosce. Il libro è scritto al presente e utilizza l'arte dello sciamano, che, con i suoi poteri, ha la capacità di viaggiare avanti e indietro nel tempo, creando così analessi e prolessi. Il meccanismo delle olimpiadi tra tribù è un'idea rivoluzionaria per quanto riguarda un libro. "Conosciamo i siti archeologici", diceva l'assessora Servidio, "ma non li colleghiamo a dei personaggi, a delle esperienze, capacità che invece ha la letteratura idealizzando queste figure". Il lavoro di Salvatore è stato proprio questo: far dialogare i personaggi. Salvatore è una persona che, a prima vista, parlandoci di queste cose potrebbe sembrare un visionario, ma nei due libri, lasciando la trattazione dei due romanzi, egli parla al lettore e dice: se non sei un visionario, se non hai in te questa capacità di sognare e di vedere le cose con altri occhi, lascia stare, perché questo libro non è per te. Può sembrare un ammonimento, ma è un meccanismo che incuriosisce il lettore ad andare avanti. Poi, la descrizione precisa delle otto tribù sorelle è un lavoro che va oltre. Salvatore, nei due libri, ha saputo valorizzare al massimo la vostra grotta della Monaca, portando la sorella di Ursus in un contesto più ampio nel viaggio verso l'Isola dell'Uro Alato - Procida. Andando a Procida a presentare il libro, è sembrato di rivivere realmente il viaggio protostorico di Ovlas, e ognuno di noi si è sentito un personaggio del libro. Abbiamo portato molto di Sant'Agata a Procida, conoscendo il vissuto della grotta della Monaca. Per concludere, vi esorto a leggere i due libri, immedesimandovi nel personaggio che ritenete più simpatico. Dopo la lettura sperimenterete e vedrete con altri occhi tutto ciò che vi circonda e guarderete le tante problematiche da prospettive diverse. Allora, chissà che ciò non porti a tutti benefici di pensiero.”
Il poeta Antonio Canonico ha argomentato: "Il mio intervento è il più difficile dopo le tante cose già dette da chi mi ha preceduto, ma così riuscirò ad essere meno pesante e tedioso. L'argomento che abbiamo trattato è di estrema importanza, non solo perché lo facciamo noi, ma perché riguarda noi stessi. Chi non è padrone e non conosce le proprie radici e la propria storia, avrà avuto un passato, ma sicuramente è intrappolato e difficilmente potrà avere un futuro che sogna o che merita. Stasera abbiamo voluto parlare di cultura e di archeologia letteraria, che è un tema estremamente ostico, perché parlare in termini "romanzeschi" di temi così difficili non è per nulla agevole. Questi argomenti dal punto di vista letterario sono completamente misconosciuti, sia a chi si occupa di letteratura sia a chi dovrebbe dare un'offerta educativa di un certo livello. Allora, perché siamo qui stasera mi sono chiesto venendo qui a Sant'Agata di Esaro, per cui ringrazio l'Amministrazione comunale nella persona della presente assessora alla cultura, Jolanda Servidio, del sindaco Mario Nocito, della vice Adriana Amodio e della moderatrice Perrone. Dico che l'obiettivo che ci proponiamo è parlare del Neolitico non solo a livello di nicchia, ma anche del Paleolitico, del Neolitico, della preistoria e della protostoria di Sant'Agata di Esaro, di OnassaC, delle altre tribù sorelle del Pollino e di tutta la Calabria. Con OnassaC, anagramma di Cassano, quale gruppo preistorico più consistente, sia a livello territoriale che demografico, sia per quanto hanno realizzato attraverso gli scambi commerciali con un significato culturale, economico e sociale. Parlare del Neolitico è di straordinaria importanza. Sono fatti che dobbiamo recuperare assolutamente, perché la Calabria attraverso questi miti potrebbe rendersi promotrice di un messaggio culturale di più ampio spettro, con conseguenti retroscena e risvolti economici, sociali e culturali. Poiché questi libri, se vogliamo fare del bene alla nostra regione, è giunta l’ora che vengano inseriti nel circuito educativo scolastico di primo ordine. Vogliamo lanciare un messaggio culturale di storia arcaica, perché si tratta di storia dell’umanità arrivata attraverso una trasmissione orale e non scritta. Parliamo di quattromila anni fa, prima di Cristo, un periodo molto importante. E noi calabresi abbiamo una peculiarità particolare straordinaria, avendo un territorio costellato e costeggiato dalla presenza di molti siti della civiltà magnogreca. E noi decantiamo solo questi periodi storici, ci culliamo su questi fatti e siti che non vengono nemmeno utilizzati bene, perché se sfruttassimo meglio questi siti vicini e lontani a noi, sarebbe già qualcosa di eccezionale. Mi sono avventurato in una proposta strabiliante che ha messo a soqquadro tutti coloro che riflettono su queste tematiche: perché non parliamo di mito greco arricchendolo con il mito preistorico? Veniamo da altri viaggi in altri siti importanti, come Procida Città della Cultura Italiana per l'anno 2022, nell'ambito della presentazione del libro "Gli Strappatori di Emar" su invito del sindaco Ambrosino. Poi, siamo stati a San Lorenzo Bellizzi nella tribù delle Stelle, e oggi, a Sant’Agata di Esaro, tra le tribù più importante delle otto sorelle. Questo argomento, trattato da Salvatore, oserei dire che ormai fa parte di una collana con questi due libri preistorici. È una materia difficilissima, e vi dico che non esistono nella letteratura nazionale e internazionale libri romanzati, come quelli di Salvatore Cataldi. Con questi due libri, Salvatore Cataldi è al terzo lavoro, ma ha già pubblicato un quarto, la biografia del cavaliere Biagio Tancredi. Inoltre, sta preparando un quinto libro che riguarda una seconda biografia di un personaggio molto importante del nostro territorio. Questi due libri preistorici, tra l'altro, non rappresentano affatto la chiusura di questo bellissimo periodo storico della Regione Calabria e dei nostri territori. Vi assicuro che l'impegno di Salvatore Cataldi è molto duro, perché se leggerete questi due libri, nonostante si tratti di una narrazione in prosa di fantasia e immaginazione, egli ha dimostrato grande abilità letteraria e agilità nel collegare i due lavori a fatti e dati storici e reali riconosciuti e fissati dagli esperti del settore. Una materia questa della letteratura archeologica che non la fanno né gli speleologi, né gli antropologi né gli archeologi, ma i fisici - e Cataldi aggiunge la letteratura, così dice la famosa archeologa Silvia Ferrara che dirige l’istituto dell’Università di Bologna in materia. E quindi la difficoltà di Cataldi va riconosciuta e va premiata. Leopardi, diceva praticamente che la fantasia e l’immaginazione sono l’impalcatura della struttura della felicità dell’uomo. Il lettore quando si pone nella condizione di seguire lo scrittore del libro riesce anche a capire la felicità, con cui lo scrittore, a volte scrive, e la trasmissione di questo messaggio è importantissima. I libri una volta letti non si mettono nello scaffale della biblioteca ma sentirete nel corso della vostra vita la necessità di rileggerli e vedrete che vi capiterà di scorgerne ogni volta cose e prospettive diverse. Il messaggio dei due libri ha questa valenza. Leggendo questi libri di Salvatore, che ormai secondo me può essere annoverato tra i migliori scrittori calabresi di questo periodo, le sue capacità di scrittura, il suo modo di trasmettere i messaggi, la sua semplicità e felicità di scrittura mi ricordano spesso Edmondo De Amicis e altri autori. Ma quando leggo le sue descrizioni di percorsi, luoghi e paesaggi rupestri e campestri, la mia mente corre subito a Grazia Deledda e al suo romanzo "L'Incendio nell'uliveto", vincitore del premio Nobel per la letteratura nel Novecento. Il convegno è stato preceduto e intermezzato da bellissime suonate con l'organetto e canti popolari del bravissimo Pasquale Chidichimo. E da meravigliose letture di parti dei libri a cura di Laura Guaglianone che hanno creato atmosfera ed effuso emozioni e calore umano.