Ricordiamo oggi due musicisti meridionali, pugliese il primo e calabrese il secondo.
Il 21 febbraio del 1776 nasceva ad Altamura (Bari) il compositore e didatta italiano Vincenzo Lavigna (1776-1836), dopo aver studiato a Napoli presso il conservatorio di Santa Maria di Loreto , seguì Paisiello (di cui era allievo) a Parigi. In seguito si trasferì a Milano, dove su raccomandazione di Paisiello poté rappresentare al Teatro alla Scala la sua prima opera, "La muta per amore", che ottenne un brillante successo; divenne in seguito maestro concertatore nello stesso teatro e dal 1823 fu anche insegnante di solfeggio al conservatorio.
noto per essere stato insegnante di Giuseppe Verdi il quale si rivolse a lui dopo essere stato bocciato all'esame di ammissione al conservatorio di Milano. Verdi conservò sempre una grande ammirazione per il Lavigna e rimase profondamente colpito quando ricevette la notizia della sua morte.
Le opere di Lavigna, rappresentate a Milano e in altre città del Nord Italia, di stampo tradizionale e influenzate dallo stile di Paisiello, ottennero solitamente un discreto successo
Il 21 febbraio del 1791 nasceva a Palmi (Reggio Calabria) il compositore italiano Nicola Antonio Manfroce (1791-1813). Allievo di G. Tritto a Napoli e N. Zingarelli a Roma, rivelò giovanissimo doti non comuni di compositore teatrale e, nonostante l'esiguità della produzione dovuta alla sua morte precoce, è annoverabile tra le personalità musicali più originali ed interessanti del periodo pre-rossiniano. Il principe degli impresari dell'epoca, il Barbaja, gli commissionò una tragedia in tre atti, l'Ecuba. Il compositore, già minato nella salute, si mise al lavoro con grandissima lena e accanimento, tali che ne provarono fortemente il fisico; l'Ecuba venne rappresentata il 13 dicembre 1812 al teatro San Carlo di Napoli riscuotendo un successo strepitoso. L'opera, piena di novità, colpì infatti il pubblico partenopeo e Manfroce venne salutato come uno dei maggiori talenti della propria epoca. Certa scuola musicologica che fa capo a Francesco Florimo (1800-1888) tende ad attribuire a Manfroce l'origine del crescendo rossiniano. La sua prima opera, Alzira, era stata rappresentata a Roma nel 1810, l'altra, Manfredi, fu rappresentata postuma a Milano nel 1816. Celebre è il ricordo affettuoso e commosso che Florimo stesso lasciò del giovane conterraneo Manfroce, scomparso appena ventiduenne: “tra i primi a studiare e a meditare accuratamente le opere dello Haydn e del Mozart che in quel tempo comparivano in Napoli sicché sarebbe stato più fortunato nel congiungere le soavi melodie della Scuola Italiana a quelle della Scuola Alemanna di quello che non furono il Mayr, il Paër, il Generali”. Dunque, un anello di congiunzione tra i modelli stilistici partenopei e quelli di tradizione europea riprodotti in una sintesi di originalità melodica ed estro innovativo che guarda alla Francia dell'Opéra e della tragédie lyrique. Proprio in tal senso Florimo individuò nella ricerca strumentale di Manfroce il cammino che porta direttamente a Rossini: “un anello di congiunzione fra Paisiello e Cimarosa per giungere a Rossini di cui deve essere ritenuto precursore”. Nonostante venisse curato da illustri medici per ordine della regina, il giovane musicista cessò di vivere il 9 luglio 1813 a soli ventidue anni. Era nato a Palmi (Reggio Calabria), la stessa città che diede i natali anche a Francesco Cilea.
Invito all'ascolto della sinfonia dall'Opera " ECUBA"
a cura di Luigi Maffeo