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Ritratto di un nobile di Giuseppe Bonito (1707-1789)

a tav. 1 - Giuseppe Bonito - Ritratto di nobiluomo - 130 - 93 - Lecce. collezione Terragno.jpgIl dipinto che presentiamo ai nostri lettori, raffigurante un nobile (fig. 1), conservato nella collezione Terragno di Lecce, non ha creato nessun problema per identificare l'autore: Giuseppe Bonito, ma non siamo riusciti ad individuare il personaggio in esame, nonostante lo studio accurato di alcuni dettagli (fig. 2), soprattutto quello in cui nella mano destra mostra un biglietto (fig. 3) nel quale forse è scritto il suo nome.

Nel dipinto inedito di cui discutiamo, di palmare autografia, si possono riscontrare, accanto ai caratteri aulici e celebrativi del ritratto ufficiale, la capacità del Bonito di introspezione psicologica e di cordiale partecipazione emotiva alla concreta identità del personaggio rappresentato, un chiaro segno della dipendenza dei suoi modi pittorici dalla lunga e consolidata tradizione della ritrattistica napoletana tra Seicento e Settecento.

A parte le scene di genere Bonito ottenne il massimo successo nella ritrattistica, grazie alla quale occupò numerose cariche accademiche: da pittore di camera del re (1751) ad accademico di San Luca (1752) e direttore dell’Accademia del disegno (1755).

La sua produzione più celebre rappresenta con un’acuta osservazione dal vero un’infinita gradazione di tipologie fisiognomiche, che comprendano l’intera scala di espressioni umane. I suoi quadri raffigurano insigni personaggi della corte e della nobiltà napoletana, sottoposti ad un’introspezione psicologica accurata, prima che i volti trapassino dalla caducità della vita all’immortalità della tela.

Riuscì ad amalgamare elementi di cospicua eleganza formale e di sicura piacevolezza pittorica con un moderato naturalismo, in linea con la locale tradizione figurativa. 

a tav. 2 - Giuseppe Bonito - Ritratto di nobiluomo - 130 - 93 -(particolare) Lecce. collezione Terragno.JPG(tav. 2 - Giuseppe Bonito - Ritratto di nobiluomo - 130 - 93 -(particolare) Lecce. collezione Terragno) Le sue tele raffiguranti membri della corte sono conservati nel Palazzo Reale di Madrid, nel Palazzo Reale a El Pardo, ed in Italia nei Palazzi reali di Napoli e Caserta, oltre che in importanti musei e prestigiose raccolte private.

Iconografia borbonica - I primi sovrani della dinastia borbonica ad essere rappresentati dal Bonito sono naturalmente Maria Amalia e Carlo III. Da poco il Bonito si era procurato, grazie all’intercessione del marchese di Montelegre la prima importante commissione dalla Real Casa con l’incarico di effigiare il gruppo di ambasciatori turchi e di quelli inviati dal Bey di Tripoli. Il successo dei quadri fu tale che qualche anno dopo ebbe il privilegio di ritrarre la coppia sovrana, affiancandosi così a quella schiera di pittori parmensi come Carlo delle Piane o Clemente Ruta e divenendo il primo specialista napoletano.

L’esecuzione dei due pendant, raffiguranti Carlo e la consorte Maria Amalia, in vistosi abiti regali risale al 1744, all’indomani della vittoria nella battaglia di Velletri, che sancisce l’inizio della fortuna della dinastia.

a tav. 3 - Giuseppe Bonito - Ritratto di nobiluomo - 130 - 93 - (particolare) Lecce. collezione Terragno.JPG(tav. 3 - Giuseppe Bonito - Ritratto di nobiluomo - 130 - 93 - (particolare) Lecce. collezione Terragno) Di Ferdinando IV abbiamo minori testimonianze; una tela conservata a Chigaco e per Maria Carolina due dipinti in collezione privata, il primo, ce la raffigura giovane e di accettabili sembianze, il secondo, nella raccolta di Paolo Onofri a Roma, mentre con sguardo sprezzante pone le mani sulla corona, conferma la nomea di una sovrana di aspetto arcigno e poco guardabile, in linea con tutte le altre rappresentazioni degli altri pittori contemporanei dalla Kauffmann al Liani ed all’Angelini, oltre ad alcuni ignoti, i cui quadri sono conservati rispettivamente nel museo di San Martino  e nella Reggia di Caserta.

Seguono poi i ritratti dei principi di casa reale, dei quali esistono due serie.

Tra il 1740 ed il 1757 dal matrimonio di Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia nacquero sei maschi e sette femmine, delle quali tre morirono nel primo anno d’età, una quarta a due anni ed una quinta nel 1749 a cinque. La prima serie cominciata nel 1748 è conservata in Spagna ed esposta al Prado.  

Comprende i ritratti di Maria Isabella(nata nel 1743), Maria Giuseppa (1744), Maria Luisa (1745) e Filippo(1747), del quale esistono varie repliche autografe, tra cui una di notevole qualità è stata esposta alla mostra Ritorno al Barocco, che raffigura il fanciullo di appena un anno entro una festosa atmosfera floreale, senza che sul volto si possano riscontrare i segni della grave demenza, causa della sua esclusione dalla successione al trono.

In seguito vennero immortalati Carlo (nato nel 1750), Ferdinando (nato nel 1751), del quale tra le numerose repliche in collezione private ne segnaliamo una, in cui il principe è ritratto con una voliére ed un uccello che svolazza legato ad una corda, Gabriele (nato nel 1752) ed Antonio Pasquale (nato nel 1755).

Il lavoro di Bonito rispondeva ad un preciso programma iconografico ed i dipinti venivano spediti in Spagna a più riprese, per permettere alla corona di Spagna di conoscere volti e stato di salute dei futuri discendenti. Tutti i ritratti sono privi di atteggiamenti forzatamente declamatori e sono ambientati in un’atmosfera domestica resa con colori allegri e brillanti.

La seconda serie fu eseguita dieci anni dopo, prima della partenza del re per la Spagna, nel 1759, quando a Napoli rimase il solo Ferdinando IV, sotto la reggenza del Tanucci ed i principi sono rappresentati in un’età più avanzata.

In tutti i quadri di questo gruppo il Bonito perde le qualità di vivace quanto prezioso fotografo del candore e dell’innocenza dei principi, caratteristica della prima serie ed è evidente  un desiderio di ufficialità, per l’intenzione di mettersi in concorrenza con il Mengs, celebre ed affermato pittore “di Stato”. Dei quattro esemplari, attualmente nel museo di San Martino se ne conservano tre, mentre un quarto dipinto, oggi smarrito, probabilmente rappresentava le due principessine con attributi legati alle arti figurative, per distinguersi dai fratelli Filippo e Pasquale, immortalati con oggetti allusivi all’arte della guerra(la pianta di una fortezza ed un’armatura); Antonio Pasquale e Francesco Saverio con strumenti e spartiti musicali, mentre Ferdinando e Gabriele  sono in compagnia di strumenti scientifici.

Questo ultimo dipinto venne esposto alla mostra Civiltà del Settecento e rappresenta uno dei più rilevanti risultati del Bonito quale ritrattista di corte ed è utile per marcare la differenza con altri celebri specialisti come il Batoni o il Mengs

Ritratti aristocratici – Gran parte della fama di Bonito, più che per celebri lavori, come la Carità del Monte di Pietà o i perduti affreschi nella chiesa di S. Chiara è legata alla ritrattistica, ufficiale per i membri della corte borbonica, come abbiamo già visto, ma anche per l’aristocrazia napoletana, che amava farsi immortalare in pose affettate e con abiti eleganti.

I primi ritratti eseguiti dal pittore, dagli esordi in chiave purista, fino agli ultimi anni, in cui a soluzioni di ricercata eleganza formale accoppiava costantemente una genuina ricerca del “vero”, cercando di scandagliare nel personaggio raffigurato carattere e stati d’animo.

Ritratti che andavano ad adornare i salotti della nobiltà, soddisfacendo vanagloria ed esigenze di rappresentanza del ceto dominante, desideroso di affermare pubblicamente ruolo e prerogative.

I suoi quadri si rifacevano alla lunga e consolidata tradizione napoletana del settore e nella ricerca di soluzioni espressive in linea con l’individualità del protagonista della tela creò una valida alternativa alla vacua pomposità della ritrattistica ufficiale che veniva imponendosi in città, per via del Mengs, che rispondeva compiutamente alle nuove istanze ideologiche ed alle esigenze di autocelebrazioni della corte.

Lunga è la serie di ritratti, a partire dal quello che raffigura Il principe di Bisignano, databile al 1734 per la presenza nel dipinto del Toson d’Oro, il quale nell’ultimo anno del vice regno austriaco ricoprì la carica di Gran giustiziere, fino al famoso Autoritratto, conservato agli Uffizi, di grandissima espressività, nonostante sia stato eseguito, per la tarda età mostrata dall’artista, dopo gli anni Settanta, in una fase di indebolimento delle sue preclare qualità di illustratore della corte napoletana. Dal dipinto prese anche ispirazione lo scultore, scelto dalla amministrazione di Castellammare che, dopo un lungo periodo di colpevole dimenticanza, decise di ricordare con un busto marmoreo l’insigne concittadino.

Ci piace ricordare l’Ambasceria turca presso la Corte di Napoli del Prado, del quale esiste una copia autografa di buona qualità nel Palazzo Reale di Napoli: una galleria di volti scandagliati e messi a nudo senza che possano celare all’artista i lati più profondi e reconditi del loro carattere.

Nella sala XII del Palazzo Reale, arredata con mobili e vasi di stile Impero sono conservati cinque grossi dipinti rappresentanti Episodi della vita di don Chisciotte eseguiti dal Guastaferro, dal Bonito, che esegue La regina Micamiconi che invoca don Chisciotte di essere rimessa sul trono  e Don Chisciotte mentre combatte contro un mulino a vento dal Fischetti e dal della Torre.

a tav. 4 - Copertina monografia Giuseppe Bonito.jpg(tav. 4 - Copertina monografia Giuseppe Bonito) Vi sono poi altri due dipinti eseguiti dal Bonito che rappresentano I ritratti in gruppo degli inviati straordinari del Sultano e del Bey di Tripoli, venuti a Napoli nel 1742 a rendere visita a re Carlo, il quale volle che fossero immortalati sulla tela. Dell’episodio il De Dominici racconta un curioso aneddoto:” Bonito dipinse naturale tanto che il Mustafa Bey, non avendo mai veduto simile artificio di ritrarre sì vivamente le persone, andava sovente a vedere dietro la tela, ove osservato non esservi nulla e mirando la sua effige viva per la superficie di essa pieno di meraviglia disse al pittore che egli sarebbe stato tenuto a rendere conto dell’anima di colui che dipingeva, al che il pittore rispose facendogli constatare che quelle tele dipinte non avevano né anima né spirito alcuno, benché sembrassero vive”.

Per chi volesse approfondire la figura di Bonito consiglio di consultare in rete la monografia che anni fa gli ho dedicato(fig. 4), disponibile anche in cartaceo ed ordinabile alla Libro Co di Firenze(tel 055 -8229414).

Voglio concludere in bellezza invitando i lettori ad ammirare il ritratto di un fanciullo di nobile schiatta conservato nella prestigiosa collezione napoletana dei Carignani di Novoli(fig. 5).

Achille della Ragione

 

(tav. 5   - Giuseppe Bonito - Ritratto di un nobile fanciullo - Napoli, collezione Carignani di Novoli)

 

 

 

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