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Due spettacolari dipinti del calabrese Mattia Preti

12-Piet+á.jpgIn questo articolo parleremo di Mattia Preti (Pittore calabrese, Taverna, 25 febbraio 1613 – La Valletta, 3 gennaio 1699), un autore a me particolarmente caro, perché nel 1990 feci un'importante scoperta: una chicca preziosa custodita nella sacrestia della chiesa di San Francesco d’Assisi a Forio d’Ischia. Si tratta di una spettacolare “Pietà”, dai colori lividi e cianotici, da assegnare senza ombra di dubbio a quel gigante del secolo d’oro che fu Mattia Preti. Dopo averla pubblicata ebbi la conferma dell'autografia da parte di John Spike, il massimo esperto mondiale del pittore calabrese.
In passato la critica si era distrattamente occupata del dipinto foriano adombrando l’ipotesi che potesse trattarsi di una copia; ma sia le figure femminili che il volto del Cristo mostrano una morbidezza di tocco ed una preziosità materica che, vanamente potremmo pretendere dalla mano di un copista, anche se molto abile. Se vogliamo invece vedere una copia di questa tela autografa, dobbiamo recarci al Prado, dove potremo ammirare lo stesso soggetto, ma di minore qualità, replicato da uno dei più noti allievi ed imitatori del Preti: lo spagnolo Pedro Nugnez de Villacencio. 
Quanto siamo ricchi e spreconi noi napoletani! Conserviamo chiusa e non visitabile una tela di uno dei grandi maestri del Seicento europeo, mentre all’estero, in uno dei più celebri musei del mondo, espongono la copia.

Salomone preti.JPG

E passiamo ora ad esaminare un Giudizio di Salomone (131 x 184) appartenente ad una famosa collezione pugliese, nel quale in ogni dettaglio si vede il tocco magico del pennello del Preti. i volti dei personaggi sembrano voler parlare all'osservatore e trasmettergli quella atmosfera di turbamento che pervade la composizione.
Nel dipinto in esame il Preti si avvale  degli effetti di luce particolare e radente, ma li applica in funzione dinamica alla composizione affollata di personaggi in continuo movimento  con  un ricchissimo repertorio di variazioni luministiche.
Accenniamo ora un poco alla biografia del Preti, (Taverna 1613 - Malta 1699), detto il Cavalier calabrese perché Cavaliere di Malta dal 1642 che fu il primo grande interprete della pittura barocca che viene a interrompere definitivamente alla metà del secolo, il corso del naturalismo napoletano.
Dopo un primo soggiorno a Napoli si stabilì a Roma (1630-1656), compì viaggi in Italia settentrionale (a Modena nel 1652-1653 dipinse cupola e coro di San Biagio). A Roma dove lasciò molte opere (affreschi in San Carlo ai Catinari, 1642, e in Sant’Andrea della Valle, 1651), Mattia Preti fu direttamente partecipe di quel felice momento di fervore innovativo, di incontro-scontro di tendenze e di idee e che accompagna il primo fiore del barocco romano. Esperienza ben presente nella sua arte, che è stata definita “geniale trasposizione in campo barocco dei principi formali del caravaggismo”. 
La fase napoletana è la più pregnante del suo percorso artistico, ricca di capolavori, mentre la gamma cromatica della sua tavolozza, come in passato era capitato ad Artemisia, vira vigorosamente verso colori rossiccio bruni, cianotici, con volti sofferenti ai limiti dell’anossia.

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In passato si credeva che il suo soggiorno all’ombra del Vesuvio fosse durato solo 4 anni, viceversa copre dal 22 marzo 1653, data indicata su una polizza di pagamento, al settembre del 1661, quando si trasferisce definitivamente a Malta, dopo esserci stato 3 mesi nel 1659, per favorire l’accettazione della sua pratica come Cavaliere di Grazia. Appena nell'Isola dei Cavalieri fu subito attivo nella decorazione della co-cattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta, per la quale aveva già inviato da Napoli alcune tele: intorno al 1656 il “San Giorgio con il drago” un “San Francesco Saverio” nel 1658, per la cappella d’Aragona e nel 1659 un “Martirio di Santa Caterina”  per la chiesa della nazione italiana. Numerose sono le opere da ricordare eseguite durante gli anni napoletani, tra queste spiccano il grandioso soffitto cassettonato con “Storie di San Pietro Celestino e Santa Caterina” nella chiesa di San Pietro a Maiella e soprattutto il ciclo di affreschi sulle porte di Napoli con il drammatico groviglio di corpi, provocato dalla peste del 1656, un documento impressionante, di cui purtroppo è rimasta una labile traccia, sotto una coltre di sudiciume, nella decorazione di Porta San Gennaro, fortunatamente ci sono giunti due splendidi bozzetti  preparatori, dai colori squillanti, conservati nella sala Preti della pinacoteca napoletana.

Achille della Ragione

 

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