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Cassano nel 1929 non era "Versailles"...

orioli_inviaggio.jpgVi proponiamo un articolo che è stato già da noi pubblicato nel 2012 sul vecchio sito sibari.info. Lo facciamo perché nel frattempo abbiamo individuato alcuni personaggi che sono descritti nel racconto che parla della visita a Cassano di Norman Douglas e del suo "compagno"  Giuseppe Orioli. (Si trattava di una coppia gay, come da diverse fonti viene confermato). La signora che viene descritta come una "virago", donna certamente forte e decisa ma non certo un "mostro terrificante", era la nonna del caro amico Alunni-Pattoja che all'epoca gestiva una locanda situata in una casa a due piani che sarebbe stata dove ora c'è lo studio del dott. Giuseppe Marini. Anche il medico di Civita, con il quale i due viaggiatori ebbero un simpatico incontro, è stato individuato; la dott.ssa Flavia D'Agostino responsabile della Pro-Loco, che ringraziamo, ha indagato per noi e ci ha comunicato che si trattava del dott. Carlo Iorio, che non era di Civita ma per diversi anni fu, all'epoca, il medico condotto del paesino arberesh. Buona Lettura

E’ ormai universalmente conosciuto il libro <<“Old Calabria” di Norman Douglas, il viaggiatore cosmopolita che costruì, su quelle tante “esplorazioni” calabresi, tra il 1907 e il 1947, una durevole fortuna letteraria (il suo libro, uscito nel 1915, è ancora pubblicato e letto e costituisce un classico della letteratura di viaggio e, assieme, della narrazione sulla Calabria).>>  In questo libro che ha avuto un enorme successo e che viene ancora stampato, Norman Douglas parla poco di Cassano e ne parla poco anche in altre successive sue pubblicazioni, tanto che qualche suo estimatore ha pensato che il viaggiatore inglese non ci si sia mai fermato. In una recente pubblicazione dell’editore Rubbettino di un breve diario di viaggio scritto da un amico molto “intimo” di Douglas, il ravennate Giuseppe Orioli, dal titolo “In Viaggio”, scopriamo invece un’avventura non molto simpatica in cui incapparono i due amici proprio passando da Cassano nel 1929. Vi proponiamo il brano in questione esattamente come appare nella succitata pubblicazione.  In coda alcune note sul libro e sulla figura di Giuseppe Orioli.

CASSANO JONIO

Sulla nostra strada trovammo la stazione di Cassano (1933 n.d.r.). Non ci interessò salire fino al paese, a causa di quello che, alcuni anni fa, accadde a me e a Norman. Allora (1929  n.d.r.) noi due eravamo andati a Cassano e il suo ricordo è per me come un brutto sogno. Penso che raccontare quella piccola storia può essere utile a qualcuno. Avevamo percorso, di sera, la strada che dalla stazione di Cassano sale verso l’alto, con un’unica piacevole pausa nella frazione di Doria, la quale non dista molto dalla stazione, dove trovammo della gente gradevole, con la quale parlammo e bevemmo il vero vino calabrese, quello con il gusto di viola che rimane cosi piacevolmente sul palato. Ci fermammo a Doria quasi fino a notte. Comunque c’era il chiarore della luna piena. Eravamo entrambi ansiosi di vedere Cassano, descritto in alcuni vecchi libri di viaggio come un luogo allegro ed elegante, pieno di palazzi e di turisti distinti,  come la “Versailles della Calabria”.

Durante il tragitto da Doria, circa nove chilometri, ascoltammo il gracidio delle rane lungo il ciglio della strada e vedemmo brillare davanti a noi le luci di Cassano. Sembravano sempre più irraggiungibili. Sulla strada non incontrammo nessuno figuriamoci se si puo trovare un calabrese che di notte esce per la campagna. Hanno un atavico terrore dei briganti e dei lupi. Noi, intanto, non vedevamo l’ora di trovare un hotel lussuoso, del buon cibo ed una sontuosa camera, magari con bagno.

La mia guida, come al solito, ne riportava parecchi. Cassano forse è stato un bel posto in altri tempi, così come Sibari, ma molto tempo fa......

Arrivammo poco dopo le dieci e trovammo tutto chiuso. Per strada c’era solo un uomo che camminava con passo svelto. Gli chiesi di indicarci un albergo. Mi rispose  che non ce n’era uno in tutta Cassano, ma che ci poteva accompagnare da una donna in  grado di offrirci una sistemazione per la notte e servirci da mangiare. Dopo aver salito i gradini di una sporca casa, fummo ricevuti in un modo non cordiale da una donna alta e robusta, una vera virago, un uomo-donna, un mostro terrificante, Ci condusse in una stanza dove c’era un lungo tavolo sul quale un uomo stava facendo dei conteggi. Era cosi miope che stava con il naso attaccato al foglio.

Non si preoccupò affatto di noi.

Per quanto concerne il mangiare, la virago ci disse che poteva servirci del pane, tre uova sode e mezzo litro di vino: era tutto quello che aveva. Fummo costretti ad accontentarci. Poi le chiedemmo dove potevamo dormire. Ci indicò due letti in una stanza dove c’erano già cinque uomini che russavano. Vorrei aggiungere un altro dettaglio di questa stanza, ma non posso. Al centro c’era una piccola bacinella dove tutti si potevano lavare alla meglio. Sia io che Norman dormimmo molto male in quella topaia, dalla quale andammo via senza far rumore al mattino presto. Visitammo Cassano, che non ci piacque affatto. Al nostro ritorno, trovammo la virago che già preparava il pranzo per i suoi ospiti. Pranzo che consisteva in budella di capra. Prima strizzò il loro orribile contenuto, poi le tagliò in piccoli pezzi da friggere, suppongo, nel rancido lardo di maiale. La preparazione di questo piatto ci disgustò. Decidemmo  di partire immediatamente e, per fortuna, trovammo un uomo disposto ad accompagnarci in macchina fino a Castrovillari, oltre il paese albanese di Civita, dove nessuno di noi due era mai stato. Tutto questo, per la “Versailles della Calabria”

Era una bellissima giornata e fu un bellissimo viaggio, con la cima del Pollino sempre in vista. Da un punto della strada, devo dire, Cassano sembrò molto pittoresca, con le sue fatali vecchie rovine del castello.

All’arrivo a Civita, pensammo che dovesse essere giorno di festa perché tutte le donne indossavano i loro magnifici costumi tinti in casa. Si muovevano intorno come fiori tropicali sotto i raggi del sole.

orioli_douglas.jpgDa lì si intravedeva, stupendamente nella valle, il torrente Raganello, che è l’Akalandros menzionato da Strabone. Ci portarono a vedere il così detto “Ponte del diavolo” un posto sensazionale. Nel guardare il Raganello da quel punto cosi alto, ebbi una sensazione raccapricciante, stavo forse cominciando a perdermi d’animo? Il letto del fiume, ricoperto di pietre nere, che sembravano rivestite di pece, era terribilmente sinistro, come nelle illustrazione dell’Inferno dantesco del Dorè.

Ci piaceva Civita, con così tanta bella gente e con bambini veramente deliziosi. Poi un dottore, un uomo basso e paffuto di circa cinquant’anni, si avvicinò chiedendoci un passaggio fino a Frascineto, un altro paese albanese sulla strada per Castrovillari. Si scusò profondamente di doverci recare questo fastidio, ma non c’era nessun mezzo di trasporto in quel momento e lui aveva un caso urgente. Naturalmente lo portammo con noi e fu una piacevole compagnia. Gli chiesi se fosse albanese. No disse calabrese. “andate d’accordo con questi albanesi?”

"Benissimo. Sono dei buoni pazienti, migliori della mia gente. Prendete la malaria. Molti calabresi hanno ancora paura del chinino, gli albanesi, invece, lo prendono subito. Tanto è vero che ci sono meno casi di febbre tra gli albanesi che tra i calabresi."

"Suppongo che non abbiate molti casi a Civita."

"Di recente non molti. Ma alcuni anni fa era ancora una piaga seria, malgrado tutti i loro soldi. Perché questa gente sta bene. E'  difficile trovare qualche famiglia che non abbia qualche parente in America, che quando può manda soldi a casa. Sono abili e tenaci agricoltori. Sanno come sfruttare al meglio la loro terra."

"Capite la loro lingua?"

"Ho cercato di impararla, ma vi ho rinunciato. Appena ti impadronisci di una delle loro straordinarie parole, la dimentichi mentre cerchi di impararne un’altra. Poi, quale sarebbe l’utilità? Parlano tutti l’italiano e meglio dei calabresi."

Il giovane dottore ci lasciò a Frascineto, dove anche noi ci fermammo mezz’ora per rinfrescarci in una deliziosa osteria. Sono affezionato a questi luoghi albanesi e anche alla gente. Mi piacerebbe visitare tutte le loro colonie in Calabria, Lucania e Puglia. Ce ne sono anche in Sicilia, a Piana dei greci e forse in altri posti.

Poi proseguimmo per Castrovillari. Questo accadde nel 1929.

Questa volta, con Charles e Ian non scendemmo a Cassano, mai più, ma a Spezzano Albanese, che è la stazione di Castrovillari. Qui trovammo un autista che ci portò subito al paese e ci depositò all’albergo d’Atri.

(Brano tratto da :   In Viaggio di Giuseppe Orioli (Rubbettino Editore)( Il libro è acquistabile presso: Agenzia Viaggi Sybaristour - 098174520)

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