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Vangelo di domenica 14 Febbraio 2021

Gesù-guarisce-un-lebbroso 1.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,40-45

40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Lectio di don Alessio De Stefano

L’episodio del lebbroso presenta diversi elementi interessanti, in particolare quello riguardante il “segreto messianico” (con l’ingiunzione di non divulgare il fatto) e in rapporto alla legge e ai capi religiosi, o al suo ritirarsi in luoghi deserti. È per altro il primo miracolo di cui si vieta la divulgazione ma, a causa della violazione di tale comando, emerge più fortemente il contrasto tra il nascondimento che Gesù vorrebbe mantenere e la fama di lui che si diffonde sempre più. Perché, tuttavia, Gesù non vuole che si divulghi l’accaduto? È una domanda che ha a che vedere con il segreto messianico e che accompagnerà la nostra ri­flessione.

Il vangelo di Marco è originale anche rispetto a Matteo e a Luca perché essi, pur mantenendo il divieto di divulgazione (Mt 8,4 e Lc 5,14), lasciano trasparire il paradosso della folla presente (il silenzio è pertanto inverosi­mile). Questi sono i tratti particolari di Marco: l’allontanamento brusco del lebbroso guarito (1,43) e, in comune con Lc 5,16, il rifugiarsi di Gesù in un luogo solitario (1,45). In Matteo e in Luca, poi, è come un po’ attenuato il segreto messianico!”. L’ingiunzione di Gesù di andare dal sacerdote per l’offerta e l’allusione alla legge mosaica, porrebbe al riparo dall’accusa di trasgressione della stessa, che sarà mossa in seguito. D’altronde, l’episodio va visto come conclusione e culmine della sequenza precedente (l,21ss).

I temi ivi sviluppati - fama di Gesù circa la predicazione e i miracoli, la sua libera scelta di sottrarsi alla folla -, trovano qui un vertice.

Anche altri miracoli, di cui si dovrebbe ta­cere, sono collocati alla fine di una sequenza narrativa (la figlia di Giairo, 5,35-43; il sordomuto, 7,31-37; il cieco, 8,22-26). Si arriva così a definire perché solo per alcuni miracoli vi sia il divieto di parlarne.

Quattro sono i miracoli eminentemente messianici: 1) la vista ai cie­chi; 2) i lebbrosi mondati; 3) l’udito ai sordi; 4) la vita ai morti. Hanno un tale carattere (messianico) per la menzione fatta nell’AT e per l’utilizzo apologetico - cristologico da parte dei primi cristiani. Il divieto di divulgazione si spiega così in base al valore che gli si attribuiva. Nel dettaglio il miracolo è narrato con molta sobrietà. In primo luogo è il lebbroso che in ginocchio supplica Gesù per la guarigione. Poi il narratore mostra in poche parole la commozione di Gesù, il suo toccarlo e guarirlo. Segue l’ammonizione severa sul segreto da mantenere e sul fatto di andare dal sacerdote per la purificazione. I tre momenti finiscono tutti con il verbo katharizein (purificare). L’espressione del lebbroso: «Se vuoi, puoi purificarmi!», richiama la sua particolare situazione di miseria. Non solo, infatti, è sotto il peso di una ma­lattia gravissima, deve bensì stare lontano dal consesso umano essendo impuro (Lv 13,45-46). È una malattia che, per la sua considerazione, grava pe­santemente non solo sul corpo, ma anche sul rapporto con Dio (essendo escluso dal servizio divino) e con il prossimo. Per la legge, chiunque toccava un lebbroso, diventava impuro, mentre Gesù guarisce toccandolo. Così fa­cendo dimostra di poter perfezionare la legge su questo punto!. Perché vi è quel comando severo con la cacciata del lebbroso gua­rito?

In primo piano non è l’urgenza di mostrarsi al sacerdote, quanto di al­lontanarsi da Gesù. Egli non vuole che il lebbroso miracolato sia visto in sua compagnia, sì che il prodigio si divulghi. Anche negli altri miracoli, prima catalogati come messianici, vi è una forte presa di posizione contro la divulgazione (cf. la resurrezione della figlia di Giairo, 5,40.43, l’episodio del sordomuto, 7,33.36 e il cieco di Betsaida, 8,23.26). Qualcosa di analogo riguarda i demoni (cf. 1,34; 3,12) e anche i discepoli (8,30; 9,9). D’altronde, se sorprende un atteggiamento così deciso, basti riflettere sul fatto che un segreto importante non si può che chiedere con fermezza di non manife­stare!. Le norme cui ci si riferisce, nel v. 44, si trovano in Lv 13-14. Mostrandosi al funzionario preposto, diventa evidente la guarigione miracolosa. Vi è pe­raltro un atteggiamento di rispetto verso la Torah. E se le autorità non cre­dessero al racconto del lebbroso guarito, sarebbe una responsabilità a loro carico (del ceto sacerdotale e del giudaismo ufficiale). Il lebbroso guarito, tuttavia, ha divulgato il fatto e, in conseguenza di ciò, Gesù è costretto ad andar via, in luoghi deserti. Qui vi è, nondimeno, un contrasto tra il voler restare nascosto e il non poterlo essere (1,45). Questo è l’unico racconto di guarigione di un lebbroso in Marco, che rinvia a Nm 12,4-16 su Mosè che intercede per la guarigione di Maria, e 2Re 5,8-14 sulla salute ritrovata da Naaman il Siro, per intercessione del profeta Eliseo.

Gesù è così il «profeta» della fine dei tempi che ha il po­tere carismatico di guarire mentre il lebbroso, anche se forse inconsapevolmente, diventa il suo araldo!. La conclusione del fatto è analoga a quanto narrato nella precedente: Gesù evita la città e si allontana in luoghi solitari (cf. 1,35 e 1,45). Questo vale seppure, nella stessa (Cafarnao) e in tutta la Galilea, la sua fama e il suo consenso si siano ampiamente estesi.

(L'Affresco si trova nella Cattedrale di Monreale - PA)

 

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