Questo sito utilizza cookie per garantire il corretto funzionamento delle procedure e migliorare l'esperienza d'uso delle applicazioni. Se vuoi saperne di più o negare il consenso clicca su info. Continuando a navigare o accettando acconsenti all'utilizzo dei cookie.

Messaggio agli studenti di Mons.Savino

“Io francesco savino.jpgso di non sapere” (Socrate)

Ogni anno, quasi come un rituale, mi piace rivolgervi alcuni pensieri; mi fa pensare che il mese di settembre, in qualche misura, rappresenti la malinconia e la rivoluzione, la fine della spensieratezza estiva che lentamente sfuma verso il routinario, verso qualcosa che, anche nei colori, ci sembra meno euforico e libero. Quando ero ragazzo, era così che vivevo il passaggio e la fine delle vacanze estive: esattamente come Gregor Samsa, quello strambo commesso viaggiatore del racconto di Kafka ne Le Metamorfosi.

Perché vi dico questo? Per farvi riflettere, al di là della forte provocazione di KafKa, sulla nozione di metamorfosi che intende una modificazione, una trasformazione, come tutte le cose della vita, un cambiamento.

La necessità del cambiamento implica il coraggio dell’accettazione e la serenità dell’adattamento. Nell’ultimo anno vi è stato chiesto a più riprese di ri-adattarvi alle novità (ahimè difficili e dolorose) con cui il Covid-19 ha stravolto le nostre vite e avete fatto ricorso ad una buona dose di coraggio e pazienza senza mai defocalizzare l’obiettivo che la formazione ha insito nella sua ontologia: curare l’azione della forma, rendersi adeguati ad uno spazio, occuparlo in maniera gentile.

Scrive Josè Tolentino Mendonça : “[…] Il tempo può tuttavia essere sperimentato anche come realtà qualitativa, cioè come “tempo di”, “tempo per”. Ciò che in questo caso viene sottolineato non è tanto la durata quanto il momento propizio, il punto di svolta, l’ora dell’accoglienza, della grazia capace di modificare i riferimenti del mondo. Se così avviene, il Krònos sarà stato trasformato in Kairós” (Josè Tolentino Mendonça, Il potere della speranza).

Questa è, lasciatemi dire, una delle più belle definizioni di scuola, che valica ogni forma canonica di pedagogia e che sperimenta il vissuto attraverso un taglio temporale; mi ricorda un quadro di Lucio Fontana, il monocromo della tela squarciato da una ferita. Rileggere l’importanza della scuola attraverso il tempo, farne un momento cairologico, significa approfittare di una opportunità, di un momento supremo per cui, anche se ci sentiamo il più spregevole tra gli scarafaggi, siamo un pezzo di desiderio.

Il desiderio ha delle convenienze strane, astratte, informi. Si annida anche negli anfratti più sperduti, si sperimenta nelle difficoltà, ci ancora alla vita. Anche se adulti, o a maggior ragione, vi rivolgo un augurio: “Siate desiderio!!”. Quest’anno per questo nuovo risveglio, vorrei dirvi, sappiate di non sapere, recuperate lo stupore, la meraviglia anche davanti al risaputo. Credo che questo intendesse il caro Socrate, che fate studiare a scuola, quando dice: “Io so di non sapere”. Dimentichiamo per un attimo tutta la apologia socratica  e ripensiamo a questo monito nell’ottica dell’esercitazione al nuovo, come un adattamento degli occhi alle nuvole: diamo a Socrate la possibilità di incontrare, nel suo dire, un taglio leonardesco, cuciamolo su di noi smettendo di considerare anche la banalità delle cose del mondo che, invece, conosciamo. Fingiamo di dimenticare cosa sia un albero, una casa, la scuola, chi siano i nostri amici per ripartire da zero. Ogni nuova scoperta è un nuovo desiderio di conoscenza. E non bisogna desiderare o amare per lungo tempo perché la pasta del nostro vivere sia ben cotta! Spesso il senso di un attimo passeggero è legittimo quanto l’eterno. Fëdor Dostoevskij scrive alla fine del suo libro “Le notti bianche: Un minuto di beatitudine. É forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”. Mi verrebbe da dirvi di no. Spesso quel solo minuto, quello di un sognatore solo e senza tenerezza che incontra una ragazza che lo riporta all’amore, diventa il white-pass, il pass-bianco per viaggiare nella vita, per l’apertura alle carezze vere del mondo. Adesso miei cari docenti, è un tempo nuovo, è il tempo di riaggiustare il calendario nelle nostre cucine, quello rimasto fisso al mese di giugno, come se i mesi spesi per la leggerezza di fatto non esistessero mai, restassero accoccolati nel penzolare di un elenco di giorni affisso su una parete e ci sembra che, settembre, sia quasi un capodanno dentro l’anno, una seconda ma nuova opportunità, l’abbraccio ad una stagione soleggiata che da’ il benvenuto a quella che sonnecchia; settembre spesso ci immalinconisce come quando salutiamo quegli “amici del mare”, quelli che rivedremo il prossimo anno e che congediamo tra una valigia ed una macchina in partenza.

Vi chiederei di provare anche paura nell’attraversare questi istanti febbrili di incertezza, abbiate timore di fallire perché non serve più raccontarsi di questa nostra società del self-made man, fatta solo di carriere brillanti e lodi a buon mercato, di autoreferenzialità gonfiate dal “mi sono fatto da solo” e di solitudini che escludono la possibilità del meticciato sociale e culturale e della contaminazione che è rete e come rete tesse ed intesse legami che superano ogni egoismo. Quando la paura vi avrà raggiunto rivolgete lo sguardo alla vostra storia di insegnanti, alle vostre cadute, ma anche alle vostre riprese, a coloro che vi sono stati di guida nel percorso faticoso della vita e della conoscenza come fece Dante, nel suo inferno:  “Allor si mosse ed io, li tenni dietro”, perché il cammino insieme sia pieno di dubbi, quei dubbi che fanno il pensiero e fanno pensare. In questo andare la scuola rappresenta il porto sicuro e senza sirene ma dovrete avere il coraggio di osare.

Iniziate questo nuovo anno cercando di dosare q.b. (quanto basta direbbero i maestri del gourmet), malinconia e rivoluzione, nelle giuste dosi necessarie ad affrontare l’anno nell’anno, affidandovi alla cura del non sapere per cogliere tutto come novità e per questo come fremito, come attesa, come regalo di nuovi percorsi che la vita, sotto l’occhio sempre vigile di Gesù, vi sta offrendo. Accompagnate i vostri ragazzi e trasmettete loro l’amore profondo per lo studio. E così si limano anche le disuguaglianze perché solo chi si emancipa con la cultura ha l’ardire di credere in un mondo migliore.

Vi saluto e vi auguro ogni bene con tutta la mia stima

Il  vostro  Vescovo
   Francesco Savino

Ultime Notizie

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO, TU LO DICI: «IO SONO RE» Il Vangelo della Liturgia di oggi, culmina in un’affermazione...
Errabondando nelle stanze d’archivio del bel palazzo “Serra Cassano” di Napoli alla ricerca di documenti che in qualche modo potessero...
"Apprendo, che in una lettera del Direttore dell'Esecuzione, della Direzione progettazione U.O. Architettura, Ambiente e Territorio S.O. Archeologia, Italfer, Gruppo...
IL FESTIVAL DEL FUMETTO “LE STRADE DEL PAESAGGIO” GIUNGE ALL’EDIZIONE XVII DAL 3O NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE COSENZA CELEBRA...
Stagione Concertistica “Città di Corigliano Rossano” domenica 24 novembre il Concerto per la giornata internazionale della violenza contro le donne Quinto...

Please publish modules in offcanvas position.