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Messaggio ai giornalisti di S.E. Mons. Francesco Savino

savino ceiin questo tempo fatevi “sapienti”
“La sapienza non è solamente
una tecnica ma è un discernimento”
Care amiche e cari amici giornalisti, quest’anno, come mia abitudine, avrei voluto incontrarvi ancora una volta personalmente ma mi trovo a Nairobi per partecipare, come vescovo e a nome della Chiesa italiana, al seminario organizzato dal Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar e dal Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa.
Anche se il mio ministero continua ad investirmi di significative responsabilità, ho deciso comunque di condividere qualche pensiero in questo giorno in cui si fa memoria del vostro patrono, San Francesco di Sales. Cerchiamo, dunque, di riflettere insieme sul vostro delicato ma insostituibile ruolo, basato sul dono prezioso e fondamentale delle parole. Abituati come siamo ad usarne tante, a volte troppe, tutti i giorni e ad un ritmo spesso frenetico e superficiale, rischiamo di non valutare l’importanza che hanno come strumento di costruzione di relazioni e quindi di comunità.
Come sapete, Papa Francesco, per la “58ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali”, che si celebrerà il 12 maggio di quest’anno, ha scelto come tema “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”. Si tratta di un tema di grande attualità e delicatezza, perché nessun campo della nostra vita personale e sociale è destinato a restare estraneo all’influenza di questa nuova e, per molti versi ancora non esplorata, frontiera dello sviluppo tecnologico.
Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo ultimo messaggio di fine anno ha sottolineato che “l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali. Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona e nella sua dignità il pilastro irrinunziabile”.
L’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale sta rendendo sempre più naturale comunicare attraverso i mezzi tecnologici, così che è diventato sempre più difficile distinguere il linguaggio prodotto da una macchina da quello generato dagli esseri umani. Come tutte le rivoluzioni anche questa pone nuove sfide affinché le macchine non contribuiscano a diffondere un sistema di disinformazione a larga scala e non aumentino anche la solitudine di chi già è solo, privandoci di quel calore che solo la comunicazione tra persone può dare.
È importante guidare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, perché vi sia in ognuno una consapevolezza responsabile nell’uso e nello sviluppo di queste forme differenti di comunicazione che si vanno ad affiancare a quelle dei social media e di Internet. È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana.
Che cosa sta accadendo al giornalismo, già fiaccato da internet e dai social, con l’arrivo dell’intelligenza artificiale? L’intelligenza artificiale cambierà il giornalismo – lo sta già cambiando – sostengono in molti. Secondo altri finirà con l’ucciderlo. I giornalisti insomma – anche se non tutti lo riconoscono – hanno paura. Paura di scomparire. Ma la paura non è mai buona consigliera e disegnare scenari apocalittici è un’operazione inutile oltre che dannosa. Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale contenga i germi di una potenziale rivoluzione nel complesso sistema dell’informazione. Soprattutto per la facilità e la rapidità di redazione di testi su qualsiasi argomento.
Di fronte ad un problema ci sono sempre due scelte e si può seguire una strada invece che un’altra. Si può decidere di farsi travolgere dal problema, senza cercare una soluzione positiva, oppure si può sfruttare l’occasione, trasformando il problema in una nuova opportunità. L’intelligenza artificiale può diventare, anche per i giornalisti, un’occasione per crescere, per acquisire nuovi sistemi, per organizzare il lavoro.
L’intelligenza artificiale può aiutare i giornalisti a trovare fonti e informazioni pertinenti più rapidamente e con maggior precisione, attraverso l’analisi di grandi quantità di dati. Ma anche se determinati processi possono essere effettivamente alleggeriti grazie all’intelligenza artificiale, la capacità di comprendere quali sono i processi da sviluppare sarà per sempre prerogativa dell’essere umano. Non esiste intelligenza artificiale che possa sostituire il vostro talento e la vostra capacità di lavorare per un bene superiore, cioè una società più consapevole e informata.
I giornalisti dovrebbero vedere nell’intelligenza artificiale una preziosa risorsa per raccogliere dati e informazioni e, di conseguenza, per fornire un lavoro giornalistico migliore e più accurato. In questo senso può diventare un alleato e non un pericoloso nemico. Le potenzialità dell’intelligenza artificiale vanno dunque colte, ma tenendo sempre  presente – ovviamente – i rischi che si possono correre. Da un lato, grazie agli algoritmi, i giornalisti possono automatizzare la produzione e analizzare i dati in tempo reale; dall’altro lato la capacità di creare contenuti può essere usata per costruire notizie false o manipolate.
Per evitare di finire in un tritacarne che erode la fiducia nel giornalismo, occorre far sì che l’intelligenza artificiale sia saldamente a supporto del lavoro delle redazioni e non sia mai un suo surrogato e che lavori sempre nel rispetto del primato dell’uomo sulla macchina e non viceversa. L’intelligenza artificiale va usata in modo responsabile ed etico, per contenere le minacce sul terreno della privacy, della sicurezza dei dati. Serve trasparenza, cautela e un nuovo patto con i lettori. Solo facendo buon giornalismo si potrà gestire questa grande occasione in modo che non diventi una grande trappola.
A ben vedere dunque, la vera sfida che l’intelligenza artificiale lancia ai giornalisti è quella della qualità. Anche nel post villaggio globale in cui la tecnologia sembra dover fagocitare anche l’informazione, quello dei giornalisti non è un valore aggiunto, ma il valore basilare: contatti con le fonti, collegamenti, comprensione, spiegazione, interviste esclusive, inchieste. Giornalismo non è copiare e incollare più o meno sciattamente informazioni pescate nel web, il giornalismo può e deve continuare a svolgere il suo ruolo insostituibile e cioè fornire coscienza, sentimenti, creatività, emozioni, ricerca della verità. In poche parole deve aiutare a comprendere il mondo, cercare soluzioni dei problemi, creare comunità.
Ma come preservare un giornalismo che sia al servizio di una comunicazione pienamente umana? Papa Francesco ci indica la strada: la sapienza del cuore. “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” dice il salmista (Salmo 90). Per il salmista la consapevolezza della mortalità e, quindi, della preziosità di ogni giorno vissuto, è la via maestra che porta alla sapienza del cuore, cioè a quella forma di sapere che è saggezza, perché è conoscenza dell’intima natura dell’uomo e del rapporto vitale in cui sta con gli altri e il mondo. Sapienza del cuore vuol dire comprendere che siamo fatti di relazioni alle quali, per il bene di tutti, dobbiamo dedicare attenzioni e cure.
Si può vivere per inerzia, ma questo non sarebbe solo un conservarsi nel tempo. Vivere significa molto di più: vuol dire realizzare le proprie potenzialità, diventare ciò che possiamo essere o, meglio, ciò che siamo in potenza. Per questo abbiamo bisogno di inserire la nostra vita in un’architettura di senso.
La pienezza della comunicazione – della quale i giornalisti restano i principali e preziosi artefici – si realizza nella relazione, ovvero nel rapporto di comunione e di reciproca donazione. Può sembrare una definizione ormai superata, eppure mantiene ancora la sua attualità e concretezza in un contesto di grandi cambiamenti. L’uso della tecnologia può supportare, mediare o realizzare la comunicazione sempre in conformità ai princìpi di comunione e donazione.
Per questo è necessario essere consapevoli delle insidie e delle minacce che agiscono in modo contraddittorio e secondo falsità, portando a chiusure, divisioni, contrapposizioni e conflittualità. Con la conseguenza estrema della sottomissione degli altri. Insomma, il contrario della comunicazione pienamente umana. Nel tema che papa Francesco ci ha consegnato per la 58ª Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali emerge uno dei grandi rischi di questo tempo: la perdita del senso del limite. Non è una denuncia o un’accezione negativa, ma una presa di coscienza sulla propria essenza. Il riferimento al cuore, l’organo che mantiene in vita, segna una congiunzione e un progredire della riflessione in linea con i temi delle giornate degli ultimi tre anni: l’incontro (2021), la parola (2022), l’ascolto (2023). Tutto il processo comunicativo prende vita dal cuore! Anche le conquiste che stanno costruendo un nuovo ambiente hanno bisogno di questa dimensione vitale. Ecco, il vero senso del limite, che apre alla comunione e alla comunicazione di sé.
La connessione tra senso del limite e confine, attraverso la verità, è molto interessante e tutta da sviluppare per il mondo della comunicazione e dell’informazione. Sia per l’evoluzione tecnologica sia, ancora prima, per il riferimento etico e deontologico. Nell’immaginario collettivo il limite segna sempre una linea terminale o divisoria oltre la quale non si va. Avvertirne il senso porta a prendere coscienza anche del valore positivo che quel tratto di demarcazione può segnalare per sé e per gli altri.
Il senso del limite diventa spinta progettuale e creativa per tornare al nocciolo della questione e non barattare il «proprio centro» (il cuore) con qualcosa di similare. Ed eccolo, il confine: segnalazione di un rispetto reciproco da far maturare nella nuova era mediatica. Papa Francesco lo ha già sottolineato nell’enciclica “Fratelli tutti”: «È necessario verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune» (n. 205).
In questo fluttuare tra limite e confine, la sapienza del cuore sostiene l’orientamento per non cadere nelle trappole e negli ingorghi algoritmici. È un’attenzione che riguarda tutti: a livello personale, nelle relazioni mediate dalla tecnologia; a livello sociale e politico, nella richiesta di regole comuni e condivise perché fenomeni nuovi richiedono un approccio globale. L’impegno delle nostre comunità può andare proprio in questa direzione: favorire occasioni di incontro e dialogo per conoscere lo sviluppo e non subirlo passivamente.
La sapienza dunque non è solamente una tecnica, ma è un discernimento.
Mi avvio alla conclusione affidandovi una curiosa ma molto significativa riflessione sul significato veicolato dal verbo latino “sapio” che, attraverso un processo metaforico che parte dal significato di “avere sapore” e passando attraverso quello intermedio di “sapere di”, permette di giungere parallelamente al concetto di “avere sapere”. Si giunge così al binomio “sapore-sapere” che mette in evidenza come i due significati siano strettamente ed inesorabilmente interdipendenti e dimostrano come il sapere, quello vero e genuino, non si limiti ad una mera acquisizione mnemonica di nozioni, separate e confinate negli appositi cassetti delle banche dati – come si limita a fare l’intelligenza artificiale. Il sapere, la cultura, la conoscenza costituiscono la sostanza vitale, la fonte principale di sostentamento, l’alimento irrinunciabile, il sale dell’alimentazione spirituale dell’essere umano. Vivere privi di sapere equivale alla perdita degli aspetti maggiormente interessanti e affascinanti della personalità dell’individuo e riduce l’esistenza a pietanza insipida ed effimera. Ogni uomo è un granello di sale, ogni uomo possiede pregi, virtù, talenti in un determinato settore, che gli conferiscono valore e importanza.
Ecco dunque l’augurio che vi faccio, ringraziandovi e salutandovi.
Specialmente nella società contemporanea, fatevi “sapienti”, nel senso più pieno e più bello del termine: aiutate tutti, incoraggiate tutti ad acquisire consapevolezza dei propri doni, delle proprie qualità, dei punti di forza della propria indole. Con il vostro lavoro di tessitori di relazioni aiutate l’altro a non relegarsi nella prigione della propria interiorità, ma a “fruttare”, a non temere di mettersi a disposizione del prossimo, di adoperarsi laddove ve n’è più bisogno, poiché soltanto mediante la generosità e la condivisione si può dar vita ad una comunicazione pienamente umana e costruire una comunità tra fratelli.
Memoria di San Francesco di Sales
Vostro
✠ don Francesco, Vescovo

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