Uno dei sindaci calabresi, che a volte descrivo con la mia spiritosa satira, forse per farmi smettere, e non so perché, visto che in genere gradiscono la pubblicità prodotta, mi ha scritto: "Ti pago la pubblicazione del tuo prossimo libro".
Da quel gran signore che sono, e come modestamente nacqui (cit. Totò), gli ho risposto dandogli un buon consiglio: se vuoi accrescere i tuoi consensi elettorali, dedica maggiore attenzione alla cultura, all'archeologia ed alla storia di questa affascinante terra, che ha, in questi argomenti, da me espressi in varie conferenze, anche lì da lui (inutilmente), la sua vera ricchezza.
Ma la sua gentile "offerta", mi ha evidenziato la disastrosa situazione dell'editoria calabrese ed italiana in generale.
Un editore a cui avevo proposto un mio romanzo con alcuni elementi della sociologia calabrese, mi propose la pubblicazione a mie spese, e, al mio stupore, aggiunse: "Gli editori fanno tutti così!".
Ora io non credo che lo facciano tutti, ma certamente c'è stato, in Calabria ed in Italia, un proliferare di editori che non leggono, non valutano e non si espongono al rischio imprenditoriale, ma, o pubblicano solo nomi noti in tv (non certo per motivi letterari), oppure acquistano diritti di best seller già collaudati all'estero, oppure, peggio, stampano una profusione di opere illeggibili, pagate dal loro solo estimatore: l'autore.
Tutto questo allontana i lettori dalle librerie (sempre più rare), e mortifica, emarginandoli, molti scrittori e saggisti di talento che la Calabria e l'Italia, in grande eccellenza, hanno vantato nel passato.
Sulla questione etica.
Un altro sindaco, sempre calabrese, mi scrisse che lui non aveva proceduto a sviluppare ricerche, anche di bassissimo costo geomagnetico, su un di mia pubblicazione inerente un importante studio e scoperta archeologica sul suo territorio di competenza, perché alcuni studiosi locali (anonimi e di cui non ho mai visto pubblicare nulla al riguardo), gli avrebbero espresso, a parole, obiezioni sulle mie analisi e sintesi.
Omise di spiegarmi, come mai, tra le idee, stampate, di un noto architetto urbanista, storico ed archeologo, le cui opere sono conservate nelle più importanti biblioteche italiane ed europee, e le chiacchiere di oscuri "studiosi locali", avesse scelto di credere alle seconde, e non alle prime.
Un amico, pratico delle "usanze" politiche locali,ed al quale non credo, mi sussurrò ad un orecchio che forse, dico forse, la scoperta archeologica interferiva con qualche programma urbanistico.
Un'altra volta, molto tempo fa, in un dibattito in Rai su "edilizia, urbanistica ed archeologia a Roma", Marina Ripa di Meana (pur allora sposata con Carlo), alla mia esposizione dello scempio storico ed urbanistico compiuto da Rutelli con la famigerata "Rampa del Gianicolo" in danno dell'importante Domus di Agrippina (avevo iniziato una battaglia, in sua vana difesa, che guadagnò le prime pagine dei quotidiani nazionali), mi replicò, piccata, che a Roma non si poteva fare niente di utile, perché appena si scavava usciva fuori qualche coccio.
Le controreplicai di citarmi un solo caso di opera non realizzata a Roma a causa di ritrovamenti archeologici: si tacque.
Ecco, questo altro disastro etico, che vede una politica ignorante, rapace ed avida solo di Grandi Opere, super costose, spesso inutili, se non dannose, sta gettando l'Italia in un baratro di pochezza di pensiero pensato, di mancanza di programmi di alto profilo, di dialoghi da pollaio e di analfabetismo diffuso.
Tutto questo, detto da un grande ottimista come me, forse non è irrilevante. Forse.
Buona Befana ai miei lettori.
Maurizio Silenzi Viselli architetto