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Immigrazione: le utopie dei terzomondisti

barcone_immigrati500.jpgFa ormai parte delle norme italiane il Codice per l’accesso ai porti delle navi ONG, preparato dal Ministro degli Interni, fatto proprio dal Governo, apprezzato dal Presidente della Repubblica e infine accolto anche dalla CEI. Peraltro la partita immigrazione non è certo chiusa. Non mi riferisco tanto al punto di vista esterno – il fenomeno migratorio esprime esigenze di vita economica, si è verificato tantissime volte e la sua caratteristica odierna non è l’esserci ma la dimensione quantitativa – quanto al punto di vista interno, cioè al dibattito civile nel nostro paese. Sul quale vanno fatte alcune precisazioni.

Il mondo terzomondista (cattolico prima ma pure la sinistra utopica del dover essere) ha un’impostazione culturale per cui, anche in tema di migrazioni, diffida dello Stato e confonde l’impegno a governarle con il rifiutarle. Quindi in materia continuerà a chiedere comportamenti inefficaci e controproducenti. Diffida delle regole istituzionali,  perché ritiene lo Stato qualcosa che incapsula la nazione di conviventi dediti a usanze, lingue,  credi conformistici, appunto trasformando i conviventi in cittadini sovrani interagenti tramite regole, leggi e codici relazionali. Per di più, con questa strategia lo Stato mostra l’inefficacia, ai fini di governo civile, delle domande esistenziali terzomondiste, tipo “che fine fanno quelli che rimandiamo indietro, i migranti  evaporati nel nostro limbo di disattenzione?”  Di conseguenza, per i terzomondisti, non accogliere indiscriminatamente sarebbe respingere un movimento inarrestabile, avere una visione pericolosa ed inutile. E non approvano che finalmente il governo guardi al problema immigrazione per governarlo con realismo invece di farne il vessillo populistico di lotta tra ricchi e poveri.

La realtà è che umanità, solidarietà e diritti umani non si possono realizzare a prescindere dal rispetto delle regole  che i cittadini si danno e dalle risorse possedute.  Le istituzioni, prima di agire e destinare risorse pubbliche, hanno l’obbligo prioritario di non emozionarsi, di capire il quadro e se le risorse consentano l’intervento. Le istituzioni devono capire le cause dell’ esodo epocale ma non supporre di risolverle con l’accoglienza indiscriminata, che richiede mezzi insussistenti e agevola imbrogli. Altrimenti, parlare di umanità, solidarietà e diritti umani, tacita a parole la coscienza, esprime bontà d’animo ma in pratica abdica ai compiti politici, divorando il futuro della convivenza.

In una liberal-democrazia le aspirazioni dei terzomondisti sono legittime ma pure inadatte a governare la convivenza tra diversi. Come italiani non smettiamo di batterci perché la migrazione non sia mai più affrontata con l’irrealistica accoglienza indiscriminata. Ci vogliono progetti sostenibili e capaci di incidere sulle cause all’origine.

Raffaello Morelli

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