Il 24 Maggio si ricordava, in altre epoche, l'inizio della Prima Guerra Mondiale, ieri non mi è sembrato che da qualche parte si sia pensato di ricordare la folle decisione che provocò 650mila morti all'Italia, tutti giovanissimi, alcuni appena diciottenni, e i 450mila mutilati. Certo abbiamo l'alluvione in Emilia-Romagna con i circa 20 periti nel nubifragio e i 15mila sfollati, che meritano attenzione, ma non dimentichiamo, almeno noi meridionali, che il 65% dei morti del '15/'18 erano del sud, andati a morire per "liberare" luoghi che molti di loro non avevano mai sentito nominare, eppure ieri non se n'é parlato, ma forse sono stato io distratto, si, sono sicuro che è stato così. Per rimediare in parte ripropongo la lettura di una nota del prof. Giuseppe La Padula che avevamo pubblicato nel 2015. Ricordiamo i nostri tanti parenti e gli amici delle nostre famiglie che lasciarono la vita per la patria, per molti di quegli italiani che oggi vogliono "l'autonomia differenziata" per ripagare il sud del sangue "ingiustamente" per loro versato. (la redazione)
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"Ora celebriamo il centenario di quella guerra, con discorsi e bandiere, ma bisogna sciogliere ancora il nodo dell'ipocrisia e della vigliaccheria. Mi auguro che in queste celebrazioni si trovi il modo di chiedere scusa ai tanti soldati che abbiamo mandato a morire senza spiegare loro perché.
Della prima Guerra Mondiale non è rimasto più nessuno di coloro che l'hanno vissuta e nessun altro potrà testimoniare con la propria voce tutto il dolore di quella carneficina. Rimangono gli scritti: quelli dei letterati e quelli dei più umili dove la verità non ha contorni di retorica". Questo è quanto scrive Ermanno Olmi a commento del suo bellissimo film-documento "Torneranno i prati" che, al pari del film di Francesco Rosi, "Uomini contro", tratto dal libro di Emilio Lussu "Un anno sull' Altipiano", denuncia la follia della guerra e l'impreparazione dei comandi militari che mandarono i soldati italiani allo sbaraglio a morire nelle trincee o negli assalti contro le formidabili fortificazioni austriache. A Caporetto, infatti, fu combattuta una delle più grandi battaglie di annientamento della storia contemporanea e si consumò la più drammatica disfatta dell'esercito italiano. Ma come si giunse a quel crollo disastroso? Fu provocato dall'insipienza dell'alto comando italiano? Fu una sorta di ammutinamento delle truppe? Era la prova manifesta dell'incapacità degli italiani di combattere? Alcune risposte a queste domande sono state date da Mario Silvestri nel bel libro “Caporetto. Una battaglia e un enigma”, edito da Rizzoli. Non mancarono, tuttavia, atti di eroismo da parte di tanti che morirono senza sapere per chi o per cosa…A questi, in particolare, va il nostro ringraziamento ed il nostro ricordo.
Giuseppe La Padula