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"Campo largo", non é roba che se magna

catone_censore.jpgLA PAROLA E LA COSA di Giuseppe Aloise

“Rem tene, verba sequentur”* sosteneva Catone. Il prof Ivano Dionigi, illustre latinista, ex Rettore di Bologna e Presidente Emerito della Pontificia Accademia di Latinità, ci ricorda che ormai il patto tra le cose (le res) e le parole (i verba) si è rotto. Le parole non colgono più le cose. La parola è solo un vocabolo,un “medium comunicativo”.

Negli ultimi tempi, infatti, si sta accentuando la crepa tra le parole e la realtà, spesso, quello che si dice non ha riscontro nella realtà fattuale. Ogni parola dovrebbe avere, invece, un significato riconducibile ad una “cosa concreta”. La Guerra ad esempio si riduce ad “Operazione speciale”, la “dignità” che è parola di grande significato si associa ad un decreto. Nel 1991 Tremonti a proposito di “condono” scrisse che questa sorta di “suicidio fiscale in Sud America si adottava dopo il Golpe, in Italia prima delle elezioni”.
Il condono etimologicamente significa dare un dono. L’imperatore Adriano fu il primo a cancellare i debiti dei sudditi.
Ora il condono si associa alla parola “Pace” e diventa Pace fiscale.

Di qui l’esigenza prospettata dal Prof. Dionigi, di fronte al dilagare dello squilibrio linguistico, di una sorta di “ecologia della parola”.

Un esempio recentissimo di un messaggio politico che smentisce il patto di catoniana memoria: Conte afferma: Il “Campo largo” non esiste più!! Conte dichiara l’estinzione di una cosa che non è mai esistita.

Il Campo largo era ed è solo un vocabolo. Esempio lampante della rottura tra la cosa e la parola!!

In una società dematerializzata dove tutto è evanescente, forse le parole, non seguiranno più le cose.

*“Rem tene, verba sequentur” è la celebre frase attribuita a Marco Porcio Catone, che si può tradurre più o meno così: “Tieni presente l’argomento, le parole per descriverlo verranno da sole”.

Più che come una costatazione, suona come un augurio. Così dovrebbe essere, in effetti: non importa di cosa vogliate parlare e quale stile adottiate per farlo, l’importante è che questi due aspetti si accompagnino quanto più felicemente.
La forma e il contenuto non devono essere altro che due facce della stessa medaglia: come scrivete sia sempre a servizio di che cosa scrivete, affinché la storia giunga al lettore in tutta la sua pienezza.
Uno stesso tema può essere descritto in maniera tragica, scanzonata, grottesca o del tutto neutra: il punto di vista da cui mostrare la storia è una libera scelta dell’autore, motivata da intenti che tendono a esorbitare dal campo dell’estetica per invadere quello della morale.
L’importante è che tra lo stile della narrazione e la materia narrata si crei la giusta simbiosi. Un bello stile è sempre piacevole a patto che non sia gratuito, se non si vuol rischiare di scadere nella belluria, ossia nella ricerca di uno stile ornamentale, la cui artificiosità, anziché arricchire la storia, finisce per penalizzarla.
Un buon testo è sempre un incontro indissolubile tra l’oggetto del racconto e il giusto modo per descriverlo. Ogni racconto deve trovare l’abito che lo vesta a pennello, che l’autore si preoccuperà di procurargli affinando le proprie arti sartoriali." (Dal web)

 

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