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Si scappa da una regione incompiuta

terre_promesse.jpg(foto: migranti calabresi a New York, 1906) Affascinante la nostra Regione. Bello il sole, che splende quasi tutto l’anno, belli il mare, il cibo e il calore della gente. Peccato che se sei un giovane ambizioso questo non basta, e, a dire il vero, anche se non lo sei. La Calabria è risolutamente una terra difficile, la più difficile di tutte forse, e avere quasi 28 anni, qui, oggi, è maledettamente inficiante. Troppo vecchi per continuare a credere che il domani sarà migliore, troppo giovani per smettere di pensarlo. Eppure è così. Ma chi ci crede più che questa terra si libererà dalle carenti e insufficienti risposte del Governo nazionale e regionale su lavoro, investimenti, salute, sviluppo, riforme dalle inopportunità, dalla mancanza di legalità? Chi ci crede che i calabresi vogliano liberarsene?

Così i giovani se ne vanno, se ne vanno eccome, perché non vogliono finire nelle segreterie dei potenti per portare il pane in tavola, se ne vanno perché non ne vogliono più sapere di 50 euro ad ogni tornata elettorale o di scendere a qualsiasi genere di compromesso. E a dire il vero non accettano neppure di dover accantonare le proprie aspirazioni per impegnare forze ed energie in quella lotta serrata che è diventata la sopravvivenza. Così, i giovani scappano. Questa terra si sta svuotando dei suoi ragazzi e l’emigrazione, negli ultimi tempi, ha avuto un’impennata vertiginosa. Sembra la vecchia Calabria nell’Italia del dopoguerra. Solo che oggi nessuno ha voglia di ripartire. Ma solo di andar via. Corruzione e cattivo affare, in ogni angolo di questa regione gravano le conseguenze di un sistema marcio che sta offuscando le origini di un popolo una volta centro della cultura di nuove civiltà. Eppure basterebbe poco per cambiare le cose. Non lo suggerisce la retorica, ma i fatti, i dati, i numeri. E i nomi, soprattutto.

Numerose eccellenze e menti brillanti ogni giorno provano a riscattare questa terra da quell’ignobile etichetta mafiosa che ci ha cucito addosso il mondo intero. Basterebbe che queste persone venissero messe in condizioni di poter vivere e lavorare qui per mettere a disposizione il loro sapere, basterebbe che certi altri calabresi, invece, smettessero di essere complici e conniventi e che la giustizia prendesse il posto di favori e sentenze studiate a tavolino. Basterebbe che questa ragione diventasse una regione normale, solo che le vicende politiche che si sono susseguite negli ultimi anni in questa dimenticata zona d’Italia non sono state un bell’esempio. Non se vogliamo tornare a parlare di questione morale e di fiducia nelle istituzioni. Cose che i calabresi oggi non sanno più cosa sono. E vanno a cercarsele altrove. Portandosi dietro una valigia piena di sogni e speranze che hanno tirato fuori dal cassetto chiuso a chiave dalla disperazione.

Francesco Benincasa

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