Questa poesia parla di sensazioni che l'uomo avverte quando l'età cresce e sente che alcune sue caratteristiche peculiari incominciano a scemare, si rivolge al Dio perenne chiedendo spiegazioni per quello che gli appare una variazione che gli pesa. Giorni fa un amico diceva: “ma perché un'altra volta a me che ho sofferto già tanto, passa un male e se ne aggiunge un altro”. Come lui tutti noi ci dimentichiamo che la vita ci da breve note di felicità che spesso è difficile cogliere proprio perché questa è impalpabile, è effimera, un leggero alito di vento, un passaggio tra una nota dolente e una successiva,un’ istantanea amarezza che la mente appena riesce a recepire. Quella che ci consola da sempre è la presenza della speranza che accomuna tutti gli aspetti della vita, essa ci fa dimenticare i problemi perché crea visioni più serene che ci danno un po’ di pace, anche se sono flebili. Ci dobbiamo accontentare di queste per sorridere anche alla presenza dei problemi, dei dolori, che non ci lasciano e si ripetono continuamente. Ci giova vivere aspettando il nuovo credendo speranzosi e illudendoci similmente per quanto ci può dire l’almanacco di un nuovo anno che é sempre fantasioso, pieno di sogni, e, non manca mai, pieno di speranza, che il meglio verrà.(nota dell’autore)
Dio mio perché?
Dio mio ma perché?
Ora i miei occhi
Non seguono i miei comandi,
Perché ogni tanto scendono lagrime
Che mi bagnano il viso.
Sono Amare, giacché ricordano
Le troppe cose del passato,
Mentre ascolto un canto d’amore,
O, un canto che mi porta per l’universo,
Dove tutto mi parla di te.
Mi parla di stelle, di luna
Durante notti fredde d’inverno,
Di montagne innevate,
Di tramonti d’infinita bellezza,
Dal sapore amaro di nostalgia,
Di albe dorate e scintillante
Sferzate da raggi di sole,
Che mi abbagliano
m’accecano la vista.
So che perderò tutto,
E pur non tremo.
Ma non posso dimenticare,
I volti belli che ho amato,
Accarezzato con tremule mani.
I sogni che facevo da ragazzo,
Perso in un astratto paese lontano
Dalla terra, nel vasto infinito.
E mi seguivano suoni
Che mi avvolgevano in atmosfere
Sconosciute, piene di note strillate
Fortemente verso tutto, tutto,
Anche l’ universo immobile.
Dio mio ma perché?
Le mie gambe ora sono
Molli non hanno l’elasticità,
Scattavano sempre ai ritmi,
Correvano come frecce gettate
Nello spazio del cielo,
Correvano in gara con uccelli liberi,
Gazzelle nelle savane,
Cavalli veloci dalle criniere svolazzanti
nelle grandi praterie con erbe odorose.
Solo la mia testa ora
E’ attenta a tutto, guarda
Curiosa fili di fumo che svaniscono,
Ascolta soffi di vento,
Spifferi sonori nelle finestre
Dai vetri infranti, refoli d’aria senza soste.
Segue le nuvole in cammino per cielo
Infrangendo lo scintillante azzurro
Mentre riversano acqua copiosa,
Neve che copre alberi. case e prati,
Ed anche la mia testa che biancheggia
Pur da sola perché canuta e stanca.
Vorrei non lasciare il mare di note
Di una romanza, di una canzone
Che dolce trasforma il tempo.
I suoni del mare burrascoso
Andare con i perigliosi flutti
Che svaniscono verso il fondo.
Seguire tutto ciò che è canto,
Armonia di note senza soste
In libera Caduta o in viaggio
Per lo spazio che mi circonda.
Sembra che solo questo mi dia
Soddisfazione, gioia, riso, diletto
Anche se vaghi e passeggeri,
Istanti di tempo, follie senili
tra il pensiero e l’andare brioso,
Una fugace felicità effimera.
Non c’è sosta solo l’andare
Ci muove, ci spinge oltre
Dove poi il suono cadrà
Irreperibili saranno le note
Tutte, le gravi, le stridule, le acute.
Michele Miani