L'uscita di una mia recensione sulla mostra Artemisia e i pittori del conte, pubblicata da una ventina di riviste cartacee e telematiche, ha scatenato l'invidia dei cosiddetti addetti al settore, i quali mi hanno inviato un commento velenoso, che avevo deciso di lasciare senza risposta, ma l'incoraggiamento fornitomi dai tanti studiosi ed appassionati al settore, che mi hanno inviato mail di congratulazione, mi ha indotto a rispondere pubblicamente ai curatori della mostra, che premetto non ho ancora visitato, basandomi sul materiale fornitomi dagli stessi organizzatori dell'evento.
Nel riportare il loro commento, invito il lettore preliminarmente a consultare la mia recensione, ricca di foto a colori, CLICCANDO QUì
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Gentile Signore, Alla società responsabile dell'organizzazione della Mostra, la Società Coperativa Armida di Conversano, e a noi curatori, Viviana Farina e Giacomo Lanzilotta con la collaborazione di Nicola Cleopazzo, fa piacere poter riscontrare un immediato suo interesse nel nostro rigoroso progetto scientifico. Sebbene lei avrebbe dovuto specificare a chi spetta la responsabilità dell'evento, tanto più che il nostro comunicato stampa è riportato ALLA LETTERA alla fine del suo intervento senza farne chiara menzione. La preghiamo ad ogni modo di riferire con maggiore precisione le notizie sopra elencate. Non vi è innanzitutto alcun quadro di Caravaggio in Mostra, ma un dipinto proveniente dal museo della cattedrale di Mdina che la prof.sa Lapucci ha in corso di studio da anni, come già John Gash e Catherine Puglisi. Se lei avesse visitato la mostra avrebbe potuto constatare che il dipinto è allo stato presentato quale anonimo e che è accompagnato da ben tre pannelli didattici e da un testo di 7 cartelle in catalogo (in corso di stampa). Così come avrebbe potuto constatare che il San Girolamo che lei riproduce non è attribuito a De Somer, ma a Jusepe de Ribera, che il dipinto di Matera è presentato come opera di Massimo Stanzione e Aniello Falcone, che il quadro con la bella Maddalena penitente, che lei non specifica provenire dal Muza di Malta, è già attribuito ad Onofrio Palumbo. Aggiungo che non è certo lei l'autore della scoperta della relazione tra il Maestro degli Annunci e Bartolomeo Passante, visto che l'argomento era già oggetto di discussione a partire dai tempi di Prota Giurleo. E ad ogni modo in mostra non si fa riferimento né all'uno né all'altro (e così intendiamo ancora una volta che lei non abbia visitato personalmente la mostra), ma ad un altro pittore autore di un piccolo gruppo di quadri che non corrispondono con quelli del Maestro degli Annunci. Ma, naturalmente, possiamo attribuire tutte queste inesattezze alla passione di un dilettante, che per l'appunto non è uno studioso di professione. Con i migliori saluti Dott. Carlo Mansueto, Presidente Cooperativa Armida Prof. Viviana Farina, Accademia di Belle Arti di Napoli Dott. Giacomo Lanzilotta, Pinacoteca Metropolitana di Bari Dott. Nicola Cleopazzo, Università del Salento.
Partiamo dall'incipit, dove vengo definito in maniera dispregiativa "signore", un titolo che all'estero è accettato volentieri, ma che in Italia è considerato poco meno di un'offesa.
Avrebbero potuto chiamarmi dottore, in omaggio alle mie 4, tra lauree e specializzazioni, conseguite dopo 19 anni di corsi universitari.
Oppure professore, avendo insegnato per alcuni anni all'università, anche se in una branca diversa dalla storia dell'arte.
Avrebbero potuto utilizzare il titolo di maestro, anche se lo sono di scacchi, o infine mi avrebbero potuto appellare conte (di Laviano), anche se la nobiltà non va più di moda.
E rimanendo agli appellativi definirmi "dilettante", dopo che ho pubblicato oltre 60 libri sulla pittura napoletana, alcuni giunti alla 3^- 4^ edizione e tra il 1998 ed il 2001 Il secolo d'oro della pittura napoletana, opera in 10 tomi, che all'epoca aveva una tiratura di 10.000 copie per ogni fascicolo, risulta una vera e propria offesa.
Entrando nel merito delle contestazioni: sottolineare che l'Anonimo caravaggesco (fig.1), esposto in mostra, è stato attribuito da ben tre studiosi al pennello del Merisi è quanto meno risibile.
Attribuire a Massimo Stanzione il Giacobbe contempla la tunica insanguinata di Giuseppe (fig.11) è poco meno che un abbaglio. Il dipinto ha una lunga storia attributiva alle spalle da van Baburen, a De Bellis, fino ad Aniello Falcone, ma a mio parere deve rimanere nel limbo delle opere senza autore, alla pari degli autori senza opere, titolo suggestivo del mio saggio sull’argomento consultabile in rete CLICCANDO QUì
Passando poi alla Crocefissione (fig.8) del Maestro di Bovino, il collegamento con il Maestro dell’Annuncio ai pastori è di Giuseppe Porzio, massimo studioso dell’artista, al quale spetta anche il merito della scoperta dei documenti di archivio per cui conosciamo la vera identità del mitico Maestro dell’Annuncio ai pastori.
Io nella mia monografia sull’artista mi sono limitato a sottolineare che, il nome di Bartolomeo Passante, di cui non conosciamo dati anagrafici, non va confuso con Bartolomeo Bassante, di cui conosciamo data di nascita e di morte, incompatibili con il periodo di attività del maestro, che copre circa 30 anni, partendo dalla fine del secondo decennio del secolo.
E credo di aver detto tutto.
Avrebbero potuto chiamarmi dottore, in omaggio alle mie 4, tra lauree e specializzazioni, conseguite dopo 19 anni di corsi universitari.
Oppure professore, avendo insegnato per alcuni anni all'università, anche se in una branca diversa dalla storia dell'arte.
Avrebbero potuto utilizzare il titolo di maestro, anche se lo sono di scacchi, o infine mi avrebbero potuto appellare conte (di Laviano), anche se la nobiltà non va più di moda.
E rimanendo agli appellativi definirmi "dilettante", dopo che ho pubblicato oltre 60 libri sulla pittura napoletana, alcuni giunti alla 3^- 4^ edizione e tra il 1998 ed il 2001 Il secolo d'oro della pittura napoletana, opera in 10 tomi, che all'epoca aveva una tiratura di 10.000 copie per ogni fascicolo, risulta una vera e propria offesa.
Entrando nel merito delle contestazioni: sottolineare che l'Anonimo caravaggesco (fig.1), esposto in mostra, è stato attribuito da ben tre studiosi al pennello del Merisi è quanto meno risibile.
Attribuire a Massimo Stanzione il Giacobbe contempla la tunica insanguinata di Giuseppe (fig.11) è poco meno che un abbaglio. Il dipinto ha una lunga storia attributiva alle spalle da van Baburen, a De Bellis, fino ad Aniello Falcone, ma a mio parere deve rimanere nel limbo delle opere senza autore, alla pari degli autori senza opere, titolo suggestivo del mio saggio sull’argomento consultabile in rete CLICCANDO QUì
Passando poi alla Crocefissione (fig.8) del Maestro di Bovino, il collegamento con il Maestro dell’Annuncio ai pastori è di Giuseppe Porzio, massimo studioso dell’artista, al quale spetta anche il merito della scoperta dei documenti di archivio per cui conosciamo la vera identità del mitico Maestro dell’Annuncio ai pastori.
Io nella mia monografia sull’artista mi sono limitato a sottolineare che, il nome di Bartolomeo Passante, di cui non conosciamo dati anagrafici, non va confuso con Bartolomeo Bassante, di cui conosciamo data di nascita e di morte, incompatibili con il periodo di attività del maestro, che copre circa 30 anni, partendo dalla fine del secondo decennio del secolo.
E credo di aver detto tutto.
Achille Della Ragione