Gli appassionati di canto corale a cappella saranno lieti di leggere di questo musicista nato nelle Fiandre ma cresciuto musicalmente in Italia. Il 6 maggio del 1596 moriva a Mantova il compositore fiammingo Giaches de Wert (1535-1596). Condotto in Italia ancora bambino trascorse alcuni anni a Napoli come cantore di corte presso la cappella di Maria di Cardona, e a Napoli ebbe probabilmente la sua prima educazione musicale. Nel 1550 si trasferì presso gli Estensi di Ferrara dove fu allievo di Cipriano de Rore. Nel 1565 entrò al servizio dei Gonzaga a Mantova. Grazie alla sua posizione a Mantova e Ferrara ebbe alle sue dipendenze musicisti famosi quali G.C. Castoldi e C. Monteverdi. La sua produzione comprende 11 libri di madrigali a cinque voci, 2 libri di mottetti a cinque voci, 2 libri di modulazioni sacre a cinque e sei voci, inni e villanelle a cinque voci. I suoi madrigali, ricchi di effetti drammatici, spiccano per le profonde rispondenze espressive tra musica e parole. Wert fu inizialmente influenzato da Cipriano de Rore, musicista famoso e già attivo a Ferrara. Le prime composizioni di Wert utilizzavano i testi dei poeti prediletti dalla letteratura madrigalistica rinascimentale (Petrarca, Bembo, Ariosto); solo successivamente il musicista spostò la sua attenzione nei confronti dei versi dei poeti 'nuovi' quali Torquato Tasso e Battista Guarini. In seguito a questo mutamento, dal settimo libro Wert sviluppò uno stile più drammatico, espresso in un linguaggio dai forti contrasti e di carattere più teatrale. Propongo il bellissimo madrigale a 5 voci Giunto alla tomba tratto dai bellissimi versi di Torquato Tasso:
Giunto alla tomba, ove al suo spirto vivo / Dolorosa prigion' il ciel prescrisse: Di color, di calor, di moto privo / Già marmo in vista al marmo il viso affisse. Al fin sgorgando un lagrimoso rivo / In un languido ohimè proruppe, e disse: “O sasso amato tanto, amaro tanto, / Che dentro hai le mie fiamme, e fuor' il pianto!” / Non di morte sei tu, ma di vivaci Ceneri albergo, ov'è nascosto amore, / Sento dal freddo tuo l'usate faci Men dolci sì, ma non men cald' al core. / Deh' prendi questi pianti e questi baci, Prendi, ch'io bagno di doglioso umore. / E dalli tu poich' io non posso, almeno, All'amate reliquie, c'hai nel seno.