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Sanità pubblica della Sibaritide - Seconda nota del dott. Ugo Striano

dott. striano ugo.jpgIl dott. Ugo Striano ci ha inviato una seconda "tranche" delle sue puntuali osservazioni   sullo stato quasi comatoso della sanità pubblica nel territorio in cui viviamo (forse sarebbe meglio dire "sopravviviamo") , che pubblichiamo e condividiamo in toto. (La redazione)

In aggiunta alla precedente nota di qualche giorno fa, scrivo queste note per meglio informare i miei concittadini e unire la mia voce alla loro : sono tantissimi ad essere allarmati e preoccupati per la grave precarietà dell’assistenza sanitaria – e informandoli il più diffusamente possibile intendo dare un piccolo, modesto contributo sollecitandoli ad incalzare le Istituzioni a provvedere.

   Ho già evidenziato come al grande progresso della Medicina negli ultimi decenni , ricco di scoperte scientifiche e raffinate tecnologie, non si sia affiancata una corrispondente e adeguata organizzazione socio-sanitaria : anzi, con la sciagurata contro-riforma ( legge 504 del 1992, ministro proponente F.sco De Lorenzo, condannato in via definitiva per corruzione) è stata stravolta la innovativa, civilissima riforma sanitaria del dicembre 1978, entrata in vigore ad inizio 1980 (legge 833, istituente il Servizio Sanitario Nazionale, ministro proponente Tina Anselmi, donna politica fra le figure più illustri dell’Italia repubblicana).

   Ripeto quanto scritto nel precedente opuscolo : il pretesto addotto per varare la “504” era il costo eccessivo per le casse dell’erario derivante dall’applicazione della “833” : in realtà, purtroppo, si è trattato di ben altro, cioè di poter gestire secondo interessi di parte e linee guida del tutto divergenti dalla sfera pubblica un settore di enorme importanza nell’intero Stato. Che il pretesto fosse del tutto infondato è dimostrato dalle cifre relative alla spesa sanitaria (fonte Corte dei Conti) : nel 2022 circa 127 miliardi, in crescita di 5-7 miliardi per ogni anno precedente.Tutti gli analisti esperti di finanza concordano nel ritenere che tali astronomici costi siano solo in minima parte dovuti alla generale inflazione, ma invece conseguenti alla diffusa, capillare privatizzazione dei servizi e delle strutture sanitarie : esclusi Policlinici e Cliniche universitarie che –Deo gratias- restano statali, circa la metà dei circa 1000 ospedali italiani sono passati al “privato”, e migliaia di laboratori, RSA, studi specializzati ecc. ecc. hanno fatto altrettanto. Certo, la maggior parte si è convenzionata o accreditata presso la propria Regione : fatto utile al cittadino non tenuto a pagare, ma sicura fonte di sprechi oltre che di legittimi guadagni. Inoltre, a testimoniare l’iniqua tendenza a “privatizzare” comunque e dovunque, la norma cosiddetta “intra moenia” che consente ai medici nell’ospedale pubblico di effettuare prestazioni a pagamento. Alla tendenza verso la privatizzazione si è sommata una importante diminuzione della “forza lavoro” a carico dei paramedici e dei medici , in specie per questi ultimi, demotivati per le difficoltà a operare proficuamente nelle strutture pubbliche e quindi costretti ad abbandonare il SSN : numerosi i pre-pensionamenti, più numerosi i trasferimenti all’estero (soprattutto Nord Europa) circa 8.000 nell’ultimo biennio (fonte ANAAO, associazione nazionale aiuti assistenti ospedalieri). Inoltre, si è dovuto registrare minor numero di laureati a causa del “numero chiuso”, tuttora vigente, per le iscrizioni alla facoltà di Medicina e Chirurgia.

   Inevitabili conseguenze : crisi dell’intero settore, allungamento delle liste d’attesa, aumento esponenziale dei “viaggi della speranza”, ingravescenti man mano che si scende lungo la Penisola da Nord verso Sud. Esempio significativo –di cui non andar fieri !!- è fornito dalla nostra Regione il cui Presidente, allo scopo di tamponare in qualche misura le falle provocate dall’emergenza pandemica Covid 19, ha arruolato 51 medici cubani.

   Eppure, se si tiene conto dell’attuale livello delle facoltà universitarie e dei presidi di alta specializzazione con a capo Medici riconosciuti internazionalmente fra i migliori, non siamo messi così male, considerato che l’OMS ci pone fra le 10 migliori Sanità del mondo. Del tutto ovvio però che per mantenere e consolidare tale lusinghiera posizione in graduatoria occorre un deciso cambio di rotta da parte dei nostri governanti (cominciando, ad esempio, con l’abolizione del numero chiuso –lo hanno promesso ma non lo hanno fatto- e col mettere in pratica gli incentivi per far rientrare i medici al SSN, come recentemente affermato dal ministro della Salute).

   Tuttavia tali provvedimenti sarebbero utili solo parzialmente; occorrerebbe ben altro, magari una quinta Riforma Sanitaria Ispirata ai principi della “833”, evenienza alquanto utopistica, visto l’attuale clima politico : più realisticamente, si potrebbero adottare misure tali da garantire l’applicazione concreta, per tutti i cittadini, dell’art. 32 della Costituzione, e necessarie per eliminare l’attuale odiosa discriminazione fra malati benestanti- quindi in grado di attingere rapidamente il Servizio Sanitario pubblico o privato anche mediante le Assicurazioni, e la povera gente, costretta a emigrare anche lontano dalla propria regione, e a soggiacere a lunghe attese, rischiando di non terminarle perché non più in vita.

   In conclusione nelle pagine precedenti ho inteso descrivere per sommi capi l’attuale situazione sanitaria italiana, più grave nella nostra Sibaritide ove sono poche e carenti persino le strutture private, ove sono chiusi 2 ospedali pubblici (assieme agli altri 16 chiusi dalla Giunta Scopelliti una decina di anni or sono, rispetto ai 31 complessivi della Calabria), attenendomi all’iter usuale del medico al letto dell’ammalato : formulare la diagnosi, comunicare la prognosi, prescrivere la terapia.

   Circa la prima, con ogni evidenza siamo di fronte a malattia grave, pertanto occorre riservare la prognosi; circa la terapia, la malattia non è incurabile ma richiede tempi lunghi e complessi interventi, a partire dalla partecipazione di tutti i settori della comune società civile.

Dr. Ugo Striano

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