La sera del 26 Aprile u.s., il presidente del consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha illustrato in televisione e reso pubblico l’ultimo Decreto riguardante la seconda fase di lotta al Corona Virus, con il quale vengono allentate, ma con molta cautela, le limitazioni restrittive della libertà individuali dei cittadini, visto che il pericolo contagio è ancora ben presente. Pur concedendo alcune libertà rimangono proibiti gli assembramenti e l’obbligo di mantenere le distanze individuali e l’utilizzo dei supporti di protezione già in uso, mascherine, guanti ecc.
La CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha reagito a questo nuovo decreto con un comunicato che ci ha lasciati a dir poco, perplessi. Frasi del tipo: “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale” stupiscono, non crediamo che finora ci sia stato un divieto verso “l’azione pastorale”, vale semplicemente anche per le chiese quello che è stato disposto per stadi, teatri, scuole e luoghi pubblici in generale. Non vogliamo ripetere quanto riportato in un commento di Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani sul Sole 24 Ore del 27 aprile, ma visto che ne condividiamo il contenuto, vi forniamo il link per poterlo leggere (CLICCARE QUI’)
Nell’allegato pubblichiamo opportunamente il comunicato della CEI e, per completezza d’informazione, anche la risposta dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace ad una precisa domanda di una fedele cristiana di quella diocesi riguardante le limitazioni dell’ultimo decreto governativo.
Nell’articolata risposta è ben illustrato il punto di vista del prelato che riveste anche la carica di Presidente della Conferenza Episcopale Calabra.
In coda alla presente nota forniamo il link per poter visionare il Decreto del Presidente del Consiglio sulla Gazzetta Ufficiale.
Con i riferimenti forniti, riteniamo che ognuno possa poi valutare personalmente e senza ulteriori mediazioni le ragioni della Chiesa e quelle del Governo, quest’ultime, non dimentichiamolo, improntate alla salvaguardia della SALUTE di tutti i cittadini, siano essi cattolici osservanti o no.
Per il momento ci fermiamo quì valutando anche l'ipotesi, per niente assurda, che in tutto questo "allarmismo" della Chiesa e la perentorietà di linguaggio usata nel suo comunicato, ci possano essere anche ragioni riguardanti più la politica che la salute spirituale.
(per la redazione Michele Sanpietro)