Il prof. Mario Sirimarco, autore delle "Brevi Note sul periodo formativo di Aldo Moro" che proponiamo ai nostri lettori nell'allegato, originario di San Sosti quindi nostro conterraneo, è ricercatore in Filosofia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Teramo. Nella stessa facoltà, presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, è, inoltre, docente di Informatica giuridica. È autore di alcuni saggi di filosofia del diritto, tra i quali: Il diritto all’ambiente. La questione ecologica tra etica, diritti e politica (1999); I principi generali del diritto in Costantino Mortati (2001); Vezio Crisafulli. Ai confini fra diritto e politica (2003); Cattolici, diritto e politica (2004); Info-ius. Problemi e prospettive dell'informatica giuridica (2010); Percorsi di filosofia della crisi ecologica (2011) Collabora alla rivista Teoria del Diritto e dello Stato.
Sulla figura di Aldo Moro si è scritto tanto, anche sul periodo in cui si é formato il suo modo personalissimo di pensare la politica che lo ha poi portato alle più alte vette dello Stato ed infine alla sua tragica morte. Sono state indagate questioni "alcune delle quali spesso strumentalmente agitate a scopo di mera propaganda" e il prof. Sirimarco prospetta in modo chiaro, e crediamo esauriente, tutto il lavorìo intellettuale che lo portò a pronunciare frasi come quella con cui l'autore conclude la sua breve ma interessante analisi.
“L’evoluzione storica di cui noi saremo stati determinatori, non soddisferà le nostre ideali esigenze; la splendida promessa, che sembra contenuta nell’intrinseca forza e bellezza di quegli ideali, non sarà mantenuta. Ciò vuol dire che gli uomini dovranno pur sempre restare di fronte al diritto e allo Stato in una posizione di più o meno acuto pessimismo. E il loro dolore non sarà mai pienamente confortato. Ma questa insoddisfazione, ma questo dolore sono la stessa insoddisfazione dell’uomo di fronte alla vita, troppo spesso più angusta e meschina di quanto la sua ideale bellezza sembrerebbe fare legittimamente sperare. Il dolore dell’uomo che trova di continuo ogni cosa più piccola di quanto vorrebbe, la cui vita è tanto diversa dall’ideale vagheggiato nel sogno … Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è pur sempre un grande destino”.
A.M.Cavallaro