Questo lavoro di Antonio Golia è una “microstoria” incastonata nel più vasto contesto storico all’indomani dell’Unità d’Italia: quale ruolo politico, storico e militare ha avuto il “regno perduto” dei Borboni? Lo si apprende -secondo l’autore- leggendo il romanzo.
La storia di due persone -Giuseppe che incontra il suo amico giornalista Gennaro- sfocia nel romanzo che intreccia storia patria con avventure, thriller e un poco di psicologia, come si annota anche nella prefazione. L’andamento della narrazione si snoda in un “ritmo incalzante fino all’ultima pagina”.
Intanto l’autore -nativo di Lauropoli- ha esplicitato alcuni aspetti del romanzo ma anche di sé stesso, dei suoi sentimenti, delle sue origini nel corso della seguente intervista.
Come ti senti nei panni di autore de Il Regno Perduto?
<Vivo l’unione di molteplici corsi d’acqua, che trasportano emozioni differenti. Mi trovo praticamente in equilibrio tra felicità, paura e coraggio, senza essere in grado di distinguere il fiume dagli affluenti. Poi di tanto in tanto ricevo attestati di stima e apprezzamenti, che mi stringono il cuore. Allora ripenso a quelle pagine bianche sulle quali ho deciso di dare libero sfogo alla fantasia e mi dico che: ne hanno fatta di strada; vivranno e conosceranno persone diverse. E così, insieme a loro, una parte di me potrà continuare a viaggiare>.
Dedichi molto tempo della giornata a curare questa passione?
<Con piacere devo dire di sì, anche se è uso comune identificare uno scrittore come un personaggio chino sulla scrivania, intento a scrivere per ore. In realtà, posso garantire che passo molto più tempo a leggere che a tenere la penna in mano. La lettura è di primaria importanza, è un rifugio di grande ricchezza e una ginnastica per la mente, soprattutto per chi prova l’esigenza di raccontare>.
Quando hai avuto la prima volta l’idea di pubblicare questo romanzo e perché?
<Sicuramente le motivazioni che ci sono dietro Il Regno Perduto sono da ricercare in un paese che ignora continuamente troppe cose del proprio passato. I giovani non sanno praticamente nulla del sangue versato durante questo specifico periodo storico, che ci ha regalato l’Italia per come la conosciamo oggi. Nel mio piccolo, volevo creare il giusto interesse per le nostre controverse origini. Inizialmente avevo una semplice idea narrativa degli eventi, ma come in tutte le cose il tempo ha fatto il resto. Dunque, quelle parole hanno preso vita, pretendendo una propria strada, un proprio libro>.
Puoi descrivere la tua “giornata tipo” di autore e di lavoratore?
<Sono molto abitudinario. Solitamente, mi sveglio tra le ore 6 e le 7. Bagno, doccia e cappuccino, rigorosamente senza zucchero. Finita la colazione controllo l’email e vado a scuola per lavorare. Ritorno a casa per le 14 e mi metto comodo ai fornelli, mi rilassa cucinare. Finito di pranzare mi siedo alla scrivania per continuare a scrivere, dal capitolo dove avevo lasciato il giorno precedente. Penna tra le dita e inchiostro sul diario di scrittura. Dopodiché è il turno del divano e qualche ottimo film o serie tv. Alle 19 ho gli allenamenti di calcio. Finisco e vado a cena, per poi godermi un romanzo. In questo periodo sono alle prese con Shantaram di Gregory Roberts. Poi scrivo qualche appunto e infine vado a dormire>.
Se ti dovessi presentare in pubblico, cosa diresti? Come ti definiresti?
<Mi definisco una persona molto curiosa, con molteplici interessi, amo il calcio e fare birra tra le mura di casa. Sono amichevole e solare, anche troppo. Dopo il diploma come Chimico Biologo, ho provato la strada dell’università, ma la carriera calcistica mi ha distolto dallo studio. Ho lavorato successivamente in una struttura ad alta intensità psichiatrica, che mi ha lasciato segni indelebili e la forte convinzione che dovremmo tutti accettare la follia come facciamo normalmente con la ragione. Mentre da diversi anni sono nel mondo della scuola>.
La tua giornata come la vivi e la organizzi?
<Non mi piace organizzare troppo il mio tempo, preferisco che sia tutto consequenziale con un rapporto causa effetto. Gradisco il gusto di ogni aspetto della giornata, senza preoccuparmi troppo per ciò che mi si presenta sulla strada. In fondo la vita non aspetta, non può essere gestita, bisogna rischiare per essere vissuta>.
Se non erro sei stato tra i fondatori dell’associazione “Patrioti Briganti” di Lauropoli: hai conservato la passione per i briganti e per le storie dei briganti raccontate da tuo nonno?
<Le storie dei miei nonni mi hanno segnato, ma mai condizionato. Mi hanno dato il privilegio di avere uno sguardo nella storia, dove ho scoperto una realtà diversa da come ci viene raccontata solitamente nei libri di scuola. Anche per questo sono stato il promotore dell’associazione, ho dato l’impulso per creare una realtà bellissima per il territorio di Lauropoli. Questa unione di intenti mi ha permesso di essere il presidente
dei “Patrioti Briganti”, orgogliosamente per diversi anni>.
Ritieni che il lavoro sia improntato sulle tue radici, sul paese, sulla tua famiglia?
<Sicuramente si tratta di un percorso legato alle mie più profonde radici. Il Regno Perduto è un romanzo, ma allo stesso tempo si tratta di un racconto di speranze passate, osservate e vissute intensamente, con gli occhi dei miei nonni>.
La vicenda narrativa si intreccia con vicende autobiografiche, rielaborate sul filo della memoria personale e familiare?
<Non poteva essere diversamente con dei nonni che hanno vissuto una vita piena di vicende da romanzo. Quelle parole, quegli emozionanti racconti meritavano di essere, in qualche modo, divulgati. Ciò non toglie che ho dovuto consultare molti testi e innumerevoli documenti storici per cercare di creare una narrazione rispettosa degli eventi e dello sfondo sociale dell’epoca>.
Adesso cosa c’è in cantiere?
<In questo momento sto lavorando a un nuovo romanzo, dal titolo Terra Oscura: La fossa dei dannati. Mi sembra di sapere cosa faccio, ci sono i personaggi, l’ambientazione e un’ottima struttura. Non posso prevedere come verrà percepito questo libro dalle persone, ma ritengo che sia affascinante scrivere e riportare su carta la propria immaginazione…nonostante tutto>!
Martino Zuccaro
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