Lo STRUZZO è un uccello del genere Struthio, originario dell’Africa dal latino tardo (struthio), a sua volta dal greco (struthos), passero, normalmente usato nella forma (strouthiokamelus) passero-cammello o (strouthos megale) grande passero.
La grande domanda non è se gli struzzi nascondano davvero la testa sotto la sabbia per sfuggire ai predatori, ma come abbia potuto diffondersi una diceria così assurda. Solo i bambini sotto i quattro anni credono che non vedere gli altri equivalga a non essere visti, il che li rende comicamente imbranati a nascondino.
È vero tuttavia che lo struzzo può cercare di mimetizzarsi, abbassando la testa per assomigliare a un cespuglio; ciò avviene soprattutto durante la cova, gestita con equità ed astuzia: la femmina, di colore bruno, se ne occupa durante il giorno, mentre il maschio, che è nero, di notte.
È vero anche che, come altri uccelli, lo struzzo ha l’abitudine di ingoiare sassi per favorire la digestione (chi nasce sdentato deve pur ingegnarsi), e proprio per questo è diventato il simbolo dell’Einaudi. La cosa andò così: nel Cinquecento un capitano di cavalleria riuscì a vendicare l’uccisone del fratello dopo anni di perseverante attesa; prese quindi a suo emblema uno struzzo, accompagnato dal motto Spiritus durissima coquit (lo spirito valoroso digerisce le cose più dure). Emblema e motto, pubblicati nel 1574 in una raccolta di immagini allegoriche, furono adottati nell’Ottocento da una rivista ed ereditati dall’ultima casa editrice che la pubblicò: l’Einaudi, appunto.
Ad ogni modo è certo che lo struzzo è un animale sui generis: una sorta di uccello all’ennesima potenza (da qui il nome greco di ‘grande passero’), eppure privo della caratteristica fondamentale, il volo. In compenso a terra tocca velocità di 70 km/h; non per nulla si esibisce spesso in gare, non ultimo il “Derby degli struzzi” che si svolge nel New Jersey con l’ausilio di bighe romaneggianti.
E sì che lo struzzo non è il membro più bizzarro della famiglia: appena quattro secoli fa s’aggirava per il Madagascar l’“uccello elefante”, uno struzzone di 3,60 metri che si pensa abbia ispirato il mostruoso Rok delle Mille e una notte. Peraltro il suo DNA è giunto fino a noi grazie ad alcune uova fossilizzate, per cui chissà, potrebbe essere tra le attrazioni di un futuro Jurassic Park.
Non c’è da stupirsi allora che gli struzzi e i loro parenti siano protagonisti di alcuni tra i più surreali episodi della storia. Anzitutto la “guerra degli emù”, svoltasi in Australia quando, nel tentativo di limitare i danni alle coltivazioni, l’esercito in persona scese in campo contro gli uccelli… e perse.
Meno noto è ciò che avvenne nel neonato stato del Sudafrica che, agli albori del Novecento, campava principalmente sulle piume di struzzo (assai apprezzate dalle signore per i loro cappelli). A un certo punto si diffuse la voce che un traditore stesse per rivelare agli americani l’ubicazione degli struzzi di Barberia: la varietà più pregiata, che nessun occidentale era mai riuscito a trovare. Il governo allora incaricò un veterano di una missione segretissima: infiltrarsi nel Sudan francese, dove secondo una soffiata risiedevano le mitologiche bestie, e procurarsene uno stormo a tutti i costi. Con l’aiuto d’un emiro nigeriano, contattato tramite un mercante ebreo di Parigi, l’agente segreto trafugò 150 struzzi e cavalcò via nel deserto, vanamente inseguito (pare) da spie francesi e americane.
Pochi mesi dopo il commercio delle piume crollò. Dell’inestimabile stormo non si seppe più nulla, salvo che l’ultimo esemplare morì colpito da un fulmine; a riprova che la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo.
(fonte: dal web)
Lectio terrena di Tonino Cavallaro
Da questa simpatica lezioncina, abbiamo imparato che gli struzzi non nascondono la testa sotto la sabbia per nascondersi o per "non vedere" i pericoli, si mimetizzano per non essere individuati dai predatori. Al pari degli struzzi, quindi, non è vero che il popolo non parla (testa sotto la sabbia) perchè non vede e non sente, semplicemente lo fa per mimetizzarsi, per paura di essere colpito dagli strali, dalle quadrelle o dalle frecce, che dir si voglia, sempre abbondandemente irrorate di veleno del momentaneo potentucolo.
E così lo Struzzoncello di turno messo sugli scudi dagli stessi struzzi, che ora lo temono, si permette di fare e disfare a suo piacimento. Una favorita la mette là tra i guardiani della savana, un'altra la mette quà vicina vicina, la più stagionata, con l'aiuto di uno struzzone di uno stazzo vicino, la colloca lì dove non la smuoverà più nessuno, qualcuna messa in disparte se n'é andata inviperita, insomma lo Struzzoncello quatto quatto aspetta che qualcun'altra infili la testa sotto la sabbia così in posizione prona più facilmente può zomparle addosso e allora ... hai voglia di starnazzare.
Intanto tutto tranquillo intorno, gli altri struzzoni e struzzette, se ne stanno al coperto, non vedono, non sentono e, soprattutto, non PARLANO ... fino a quando? Non si sa! Si sa invece, e questo lo abbiamo imparato nella lezioncina di cui sopra, che gli struzzi sono dei corridori fenomenali, quindi i loro struzzini se la fileranno via dallo stazzo dominato dallo Struzzoncello e rimarranno soltanto quelle quattro struzze e tutti gli struzzoni vecchi e spennati ormai a dovere.
Potrei dire "liberamente tratto da una favola di "Alessi" favolista sibarita vissuto nel VI sec.a.C." tanto lo conoscono in pochi vero Struzzini? Ma tanto non ci credereste!