Il pino di Napoli (tav. 1) era un albero, della specie Pinus pinea (pino domestico), che fino agli anni Ottanta adornava gran parte delle cartoline con la veduta panoramica della città di Napoli e del golfo partenopeo, con il Vesuvio a fare da sfondo, un'immagine che lo ha reso tuttora un simbolo ben noto dell'oleografia napoletana. Si trovava in prossimità della chiesa di Sant'Antonio a Posillipo(tav. 2). In base all'analisi delle raffigurazioni precedenti, dovrebbe essere stato piantato dopo il 1855, o comunque divenuto adulto dopo tale data. Nonostante il valore storico, è stato abbattuto nel 1984 perché malato. Ma dopo l'abbattimento dell'esemplare originario, un nuovo pino di Napoli è stato piantato nel 1995 da Legambiente, che ogni anno celebra la ricorrenza dell'evento.
E’ stato per anni l’albero più famoso al mondo, quello più fotografato(tav. 3 - 4) e ritratto nei dipinti di artisti più o meno illustri(fig. 5). E’ il pino di Posillipo l’albero che ha accompagnato i ricordi di viaggio di chi si recava a Napoli e comprava le cartoline da spedire con i saluti. Dalla metà dell’Ottocento, l’albero ha ascoltato i sospiri degli innamorati e ispirato canzoni e poesie. La Scuola di Posillipo, coi suoi pittori, costituisce oggi un prezioso documento circa lo “stato dei luoghi”del Napoletano negli anni di metà Ottocento. Comprese le condizioni paesaggistiche di Posillipo. Secondo l’autorevole National Geographic, il pino di Posillipo che si affacciava sul golfo di Napoli, per anni è stato l’albero più famoso d’Italia.
E per farlo conoscere ai nostri lettori vogliamo ispirarci ad un brano di Paliotti, scritto in occasione dell’abbattimento del celebre pino di Posillipo, immortalato in milioni di cartoline.
Fu abbattuto nel 1984, ormai vecchio e ammalato. Aveva resistito 129 anni, ritratto da pittori e fotografi fino a diventare il simbolo della città.
Un disegno di Giacinto Gigante, senza il pino, permette di stabilirne la data di nascita sul declivio prossimo alla chiesa di Sant’Antonio a Posillipo.
Sono in pochi a saperlo, ma poteva addirittura fregiarsi di una denominazione scientifica che è quella, poi, con la quale viene catalogata nei libri di botanica: “pinus pinea”. Che significa, press’a poco: “pino da pinoli”, pinoli commestibili (“‘e pigniuole” in dialetto).
Chiamato anche pino domestico, o pino italico, questo bellissimo albero appartiene ad una specie coltivata fin dall’epoca dell’antica Roma e diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna all’Asia Minore. Quando è giovane, avvertono i manuali, è a forma di piramide, ma da adulto è a guisa di ombrello. Può raggiungere un’altezza di trenta metri e può vivere fino all’età di oltre centoventi anni.
Quello di Napoli, quello che per lustri e lustri comparve, in primissimo piano, su milioni di cartoline illustrate, fino al punto di caratterizzare un’intera città, veniva definito, semplicisticamente, il “pino di Posillipo”.
Sembrava che ombreggiasse tutto il golfo, dal Vesuvio fino a Sorrento e a Capri e che desse frescura a chi navigava, quel mitico e indimenticabile pino. Esso in realtà si elevò, fino al 1984, da un declivio prossimo alla chiesa di Sant’Antonio a Posillipo, praticamente accanto ad una curva dell’attuale via Orazio. Là, con le spalle alle sue radici e quindi al panorama, andavano a farsi fotografare gli sposi il giorno delle nozze; oggi, in mancanza del pino, si sentono orfani e vanno mestamente a farsi ritrarre dinanzi alle vetrine d’abbigliamento e di calzature in piazza dei Martiri.
Che tristezza !
Achille della Ragione