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In ricordo di mio padre. Dedicato a chi usa a sproposito il termine "legalità"

tesserino Ciccio Cavallaro 1.jpg(La tessera di mio padre nel 1935)

Come oggi, 37 anni fa, alle 5 del mattino, mio padre ci lasciava per affrontare il suo ultimo viaggio. Egli mi ha insegnato il rispetto, la disciplina, la legalità vera non quella fatta di chiacchiere. Lo voglio ricordare con un aneddoto della sua vita nell'Arma dei Carabinieri. Era nato il 9 ottobre del 1909 a Bianco (RC), aveva partecipato a due guerre: Africa (1931/33) Grecia/Albania (1941/43), membro di “squadriglia” dopo la 2.a guerra, per le montagne della Sila dove operò l'arresto di diversi pluri-assassini, meritando una medaglia di Bronzo al V.M. e diversi Encomi Solenni da parte dell'Arma. Fu trasferito a Cassano nel 1950 dove svolse ininterrottamente servizio attivo fino al congedo. Il racconto riguarda anche un altro personaggio cassanese di grande levatura morale: Biagio Tancredi di Lauropoli.

Era una notte di metà degli anni ’50 l’appuntato Cavallaro ed un carabiniere erano stati comandati di servizio 0/4, punto di riunione con i carabinieri della stazione di Francavilla. Significava che dovevano partire da Cassano a piedi a mezzanotte, raggiungere un punto concordato a metà strada fra Cassano e Francavilla, incontrare altri due militari dell’Arma provenienti da Francavilla e, dopo aver firmato i rispettivi documenti a riprova dell’avvenuto incontro, tornare a Cassano per le 4 circa. Durante queste “passeggiate” notturne spesso si decideva di attraversare i campi di qualche proprietario conosciuto. Fu proprio durante uno di questi servizi che i due decisero di attraversare un uliveto di Biagio Tancredi, quando in lontananza videro il bagliore di due fari e alla loro luce un gruppo di uomini indaffarati nel raccogliere olive, insaccarle per poi caricarle su un camioncino, alla cui guida un noto personaggio dell’epoca mezzo ladro, mezzo grassatore, mezzo truffatore (che ho conosciuto, ma di cui non scriverò il nome, essendo vivi figli e parenti incolpevoli), il quale dirigeva le “operazioni”. Era chiaro che si trattava di ladri di olive. Oggi sembra assurdo, ma in quei tempi la fame era tanta e ci si “accontentava” anche di rubare olive, pecore, grano, finanche foraggio et similia.

papa_1951.jpg(Rogliano 1950) L’appuntato decise di agire, si avvicinarono di soppiatto fino ad arrivare a tiro utile, dopodiché, fece appostare dietro un ulivo il carabiniere col moschetto pronto a sparare in aria a scopo intimidatorio se necessario, e poi si avvicinò tranquillamente al gruppetto. Il rais rispose imperturbabile al saluto bonario di “don Ciccio” (così veniva simpaticamente chiamato l’appuntato) e alla richiesta di spiegazioni rispose che erano stati comandati della raccolta delle olive dal proprietario e che avendo durante il giorno altre incombenze dello stesso tipo, avevano approfittato del clima favorevole per lavorare anche di notte. Era chiaramente una bugia e mentre la diceva il furbastro si guardava attorno con circospezione per vedere se ci fosse qualcun’altro nei pressi. L’appuntato lo prevenne subito, e gli disse tranquillamente che c’erano altri tre carabinieri appostati nei dintorni e, ad un cenno concordato, seguì un colpo di moschetto che fece bloccare tutti i “lavoranti”. A quel punto don Ciccio li fece avvicinare, e sempre col suo tono bonario ma molto fermo, intimò loro di lasciare sull’autocarro un sacco di olive a testa, scaricare il resto a terra e andar via senza fare resistenza. Egli aveva riconosciuto alcuni di loro, per lo più braccianti malpagati padri di famiglie numerose, non certo ladri abituali, ma che per l’occasione si erano prestati alle lusinghe del vero delinquente, il quale capita l’antifona, senza por tempo in mezzo e capendo di cavarsela per il rotto della cuffia, fece eseguire velocemente l’ordine e partì di gran carriera.

Papa_CZ_ 1960 (2).jpg(Cassano 1962) A quel punto, bisognava avvertire il proprietario, sapendo che questo avrebbe comportato un prolungamento del servizio, l’appuntato lasciò il carabiniere sul posto e salì verso Lauropoli dove, raggiunta l’abitazione del Tancredi, comincio a bussare, don Biagio, si affacciò con le braghe in mano e chiese col suo vocione chi fosse il disturbatore alle 3 del mattino. Riconosciuto l’amico, scese immediatamente. L’appuntato tra il serio e il faceto gli comunicò che qualcuno aveva provveduto a raccogliere una ventina di sacchi di olive del suo oliveto e che era meglio provvedere subito a portarle in salvo, prima che qualche malintenzionato lo facesse al posto suo. Il seguito lo si può facilmente immaginare, don Biagio seppe chi era l’organizzatore del tentato furto, ma non volle denunciarlo, riguardo agli altri, l’appuntato aveva riconosciuto in un paio di loro anche alcuni operai dello stesso Tancredi, ma non lo disse al datore di lavoro, si riservò di fare loro solo una solenne ramanzina che ebbe i suoi effetti, infatti, dopo quel fatto, non mancarono mai di ringraziarlo in ogni occasione. Il “ras” in seguito fu arrestato per altri reati, il lupo si sa, perde il pelo ma non il vizio.

Questo era il senso della giustizia di mio padre, uomo di legge e di grandi virtù umane e morali. Ciao Papà, dopo 37 anni mi manchi sempre.

Antonio Michele Cavallaro

Mio padre nel 1985, un anno prima della sua morte

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