Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 7,31-37.
Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.
E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!».
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B
9 settembre 2018
Per la comunità cristiana il segno compiuto da Gesù “in pieno territorio della Decapoli”, cioè in terra straniera, in un territorio abitato da “pagani”, avrà avuto un significato particolarmente importante, tanto da essere inserito nel rito del battesimo.
Il “rito dell’effatà”, infatti, ancor oggi è presente tra i riti post-battesimali nel battesimo dei bambini.
Il gesto di Gesù, infatti, dev’essere continuamente ripetuto dalla comunità dei suoi discepoli, dalla Chiesa, a favore di tanti uomini e donne “sordomuti”.
In questo senso, dalla pagina del Vangelo e dalle letture di questa domenica possiamo ricavare alcune indicazioni chiare sull’identità e la missione delle nostre comunità cristiane, perché diventino “luogo” di autentiche guarigioni.
Comunità cristiane capaci di intercettare bisogni e necessità e di accompagnare all’incontro con Gesù.
La pagina di Isaia e quella del Vangelo ci chiedono di essere capaci di individuare gli “smarriti di cuore”, i “sordomuti” del nostro tempo, per dargli coraggio!
Come comunità cristiana non possiamo essere “sordi” e “ciechi” davanti ai bisogni degli altri fratelli e delle altre sorelle.
Non è forse questo il senso del nostro essere “ospedale da campo”, più volte rimarcato da Papa Francesco?
Intercettare i bisogni e prenderli a cuore, farsene carico.
Contemporaneamente, però, dobbiamo essere chiaramente consapevoli che solo l’incontro con Cristo ci salva e salva. Ed è questo incontro che noi, come credenti e come comunità cristiana, dobbiamo preparare e favorire.
Il Vangelo secondo Marco ci presenta una comunità che “porta” a Gesù e che “lo prega” perché guarisca la sordità e il mutismo di quell’uomo.
Accompagnare, portare a Gesù e pregare Gesù che intervenga.
È necessario, però, che l’incontro tra il “sordomuto” e Gesù avvenga in disparte, lontano dalla folla.
C’è una dimensione “comunitaria” e una dimensione “personale” del cammino di fede.
La comunità accompagna, prega, ma l’incontro con Gesù dev’essere personale!
Comunità cristiane consapevoli della portata salvifica dei sacramenti.
I gesti e le parole di Gesù, così come ci vengono presentate nel Vangelo, vengono prolungati e attualizzati nella celebrazione dei sacramenti.
Da qui la necessità di celebrarli con dignità e serietà, per non svuotarli e ridurli ad occasioni di aggregazione sociale e/o di festa!
Nei sacramenti il Signore Gesù continua a “toccare” la nostra umanità sorda e muta. Nei sacramenti Gesù continua a ripeterci: “Effatà! Apriti!”.
Comunità cristiane capaci di ascoltare con serietà la Parola di Dio.
Gesù, innanzitutto, apre le orecchie del sordomuto. Il muto, infatti, è tale proprio perché non sente.
La guarigione inizia attraverso un ascolto fatto obbedienza!
San Giacomo, già domenica scorsa, ci ammoniva: non siate ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi!
Abbiamo bisogno di ascoltare sempre nuovamente la Parola. Ogni autentica guarigione inizia da qui!
Comunità cristiane capaci di testimoniare con coraggio e fedeltà.
Dopo aver messo le dita nelle orecchie del sordomuto, Gesù tocca la lingua con la saliva.
Solo da un orecchio, da un cuore aperto e docile all’ascolto della Parola, può derivare una testimonianza credibile!
La lingua del sordomuto guarito ora è capace di annunciare, contagiata dalla saliva di Gesù, l’amore!
Incapace di relazione, sordo e muto, l’uomo guarito ora è capace di ricevere e comunicare amore!
La Chiesa, le nostre comunità cristiane continuamente devono lasciarsi toccare orecchie e lingua dal Signore Gesù e farsi carico e supplicare il Signore perché il “miracolo del suo amore” si ripeta per ogni “smarrito di cuore”!
Coraggio! Non temete, non temiamo!
Il Signore viene e ci salva dal sordomutismo del nostro egoismo e infonde in noi il suo alito di vita nuova!
Aiutaci, Signore, ad essere il prolungamento della tua presenza nella nostra storia! Amen.
Nell'allegato pubblichiamo il Foglio Informativo Settimanale della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari a cura di don Michele Munno parroco.