Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco10,2-16.
In quel tempo, avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».
Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina;
per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Sicché non sono più due, ma una sola carne.
L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei;
se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B 7 ottobre 2018
Mentre cammina verso Gerusalemme, mentre accompagna i discepoli a comprendere più profondamente la sua identità e il vero Volto di Dio, Gesù aiuta i discepoli anche a riappropriarsi della propria identità e dignità di uomini e di donne.
Gesù, infatti, mentre rivela chi è veramente Dio, svela anche l’uomo all’uomo. Nella misura in cui noi seguiamo più seriamente Gesù, infatti, anche la nostra vita diventa più seriamente “umana”.
Al contrario, più ci allontaniamo da Gesù, più ci allontaniamo da Dio, più il nostro cuore si indurisce e la nostra vita perde di bellezza e di “umanità”.
Potremmo farci aiutare da questa premessa per leggere più in profondità le letture che ci vengono proposte in questa XXVII domenica del tempo ordinario.
La prima lettura, a cui rimanda Gesù nella sua risposta a chi lo interrogava sulla legittimità del ripudio, ci presenta un Dio preoccupato della sua creatura, l’uomo: “Non è bene che l’uomo sia solo”!
Quanta verità in quest’affermazione divina! L’uomo è ontologicamente strutturato per relazionarsi.
Non è sufficiente, però, che l’uomo si relazioni con le creature animali, a cui egli dà nome; ha, invece, bisogno di una creatura capace di corrispondergli, di completarlo, una creatura che abbia la sua stessa dignità e che, contemporaneamente, non sia identica a lui, ma differente.
L’uomo, infatti, è chiamato a relazionarsi con ciò che è differente e solo nella comunione delle differenze egli realizza se stesso e manifesta il Volto di Dio, della Trinità che è comunione, reazione della Differenze.
La tentazione di sempre, però, è la “durezza del cuore”.
Accade, ad esempio, che si preferisca avere “relazioni” con gli animali, prendersi cura di un cane o di un gatto, trascorrere intere giornate soli con uno smartphone o un tablet, piuttosto che relazionarsi con persone che possono pensarla in modo differente.
Così anche nel matrimonio, quando ci si scopre troppo diversi, si arriva a dividere con grande facilità “ciò che Dio ha congiunto”.
Le differenze non sono tollerate! Ci si autocondanna alla solitudine!
Al tempo di Gesù, tra l’altro, ai bambini e alle donne non era riconosciuta alcuna dignità: non contavano nulla. Tanto che solo all’uomo era riconosciuta la possibilità di ripudiare la propria moglie … e le scuole rabbiniche avevano interpretato ed esteso tale possibilità di ripudio anche in casi davvero banali: addirittura se la donna avesse bruciato la minestra, l’uomo avrebbe potuto scrivere il libello e ripudiarla!
Gesù è venuto a recuperare proprio questa umanità smarrita, perduta! Ecco perciò la sua risposta: Mosè ha consentito il ripudio “per la durezza del vostro cuore” ... “ma all’inizio della creazione” non era così!
Egli è venuto a ricordare che uomini, donne e bambini hanno la stessa dignità: sono tutti figli del Padre e fratelli in Cristo.
Così, infatti, afferma il testo della Lettera agli Ebrei, che ascoltiamo come seconda lettura: “Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo (Gesù) non si vergogna di chiamarli fratelli”!
Nelle differenze, che ci caratterizzano, abbiamo tutti la stessa dignità, la dignità di figli, che condividiamo con il Figlio, il Pastore Bello e Buono, che si è piegato e piagato per ricondurci a quell’origine, a quel principio in cui, consapevoli che il Padre si preoccupa per ciascuna delle sue creature, condividiamo fraternamente tale preoccupazione perché nessuno mai si senta “solo”! Amen.