Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 3,10-18. - Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?».
Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella. (foto: Predicazione di San Giovanni - Mattia Preti, presso Legion of Honor, Gallery 6, San Francisco)
Commento di don Michele Munno
III DOMENICA DI AVVENTO – C 16 dicembre 2018
La terza tappa domenicale del nostro cammino d’Avvento, la domenica “Gaudete”, è caratterizzata in quest’anno liturgico del ciclo C da una domanda che più volte viene presentata nella pagina del Vangelo: “che cosa dobbiamo fare?”.
Dopo aver guardato verso la meta (prima domenica), dopo aver preso atto della nostra condizione (seconda domenica), oggi siamo accompagnati a fare un passo ulteriore, decisivo: c’è qualcosa che occorre “fare”!
Lo chiedevano le folle, lo chiedevano i pubblicani e i soldati: “che cosa dobbiamo fare?”.
L’esperienza di gioia profonda, a cui questa domenica ci invita, causata dalla “vicinanza” del Signore, è proporzionale al modo in cui cerchiamo di rispondere a questa domanda!
Infatti, l’invito alla gioia, a rallegrarsi, ad essere lieti, è rivolto a tutti, ma solo chi prende sul serio la “vicinanza” di Dio può farne realmente esperienza.
Ciò significa che la vicinanza di Dio non dipende da noi! Dio non ci sta vicino se noi siamo buoni, se noi facciamo del bene! Dio ci è vicino a prescindere da noi!
Accogliere la sua vicinanza, permettergli di starci vicino, però, questo sì, dipende solo da noi e da ciò dipende anche la nostra gioia!
Ed è l’accoglienza della sua vicinanza che ci rende buoni, che ci spinge a fare del bene.
Dalla sua vicinanza accolta e presa sul serio deriva la nostra domanda: “che cosa dobbiamo fare?”.
Sottolineo ancora una volta questa prospettiva fondamentale ricorrendo ad un esempio.
Una mamma o un papà vogliono bene al proprio figlio solo perché è buono, solo perché è bravo? Mi pare proprio di no! Vogliono bene al proprio figlio semplicemente perché è il proprio figlio! Gli vogliono bene anche quando sbaglia, quando commette errori!
Anzi, quando un figlio sbaglia, gli stanno ancora più vicini! Proviamo ad immaginare la premura dei genitori quando i figli sono ammalati ...
La compassione, l’amore appassionato, l’amore misericordioso di Dio è proprio in questa direzione!
Dio ci ama anche (soprattutto, direi!) quando siamo ammalati, peccatori, “poveri disgraziati” ... ed è proprio l’esperienza di questo suo amore, della sua “vicinanza”, della sua “misericordia”, che ci trasforma!
Come restare indifferenti rispetto ad un Dio che ci ama così tanto, quando noi proprio non lo “meritiamo”!
Ecco dove nasce la domanda: “che cosa dobbiamo fare?”.
Ciascuno di noi, consapevole di se stesso, della propria vita, dei propri errori, risponda!
Le opere di misericordia corporali (vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati), gli atti di giustizia (non chiedere più di quello che spetta), gli atti di restituzione (chi ha frodato, restituisca) sono modalità per fare esperienza profonda della gioia che deriva dalla vicinanza di Dio che viene realmente accolta, sono strade percorribili di felicità!
Di questa gioia profonda, di questa misericordia carica di letizia, tutti possano e possiamo farne esperienza!
Amen. Maranathà!