Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 24,37-44
37 Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo.
40 Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.41 Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata. 42 Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
43 Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.
Lectio di Don Alessio De Stefano
Dopo i «guai» indirizzati a scribi e farisei, conclusi con la profezia della distruzione del tempio e l’attesa della loro conversione al messia, il primo vangelo colloca un ampio discorso di Gesù a carattere escatologico, relativo cioè alle cose ultime (ta éschata), e apocalittico (da apocalypsis, «rivelazione»), volto cioè a rivelare alcuni aspetti della cosiddetta «fine del mondo» (syntéleia tou aiénos, lessema tipicamente matteano, cf Mt 24,3). Il linguaggio è altamente allusivo e impiega immagini di guerre, carestie, terremoti, cambiamenti a livello astrale, di eventi che non equivalgono alla «fine» (Mt 24,6), ma solo all’«inizio delle doglie del parto» (Mt 24,8). La prima delle ultime cose descritte in realtà si è già realizzata, cioè la caduta di Gerusalemme e la distruzione del tempio (annunciata già alla fine del capitolo precedente). L’evento centrale della fine del mondo è descritto inoltre con il vocabolario delle epifanie di sovrani e imperatori, perché associato alla venuta del Figlio dell’uomo. Il termine parousia è un termine tecnico del linguaggio teologico che appare quattro volte in Mt 24 (vv. 3.27.37.39). Esso non è un evento catastrofico ma estremamente salvifico: alla vista del Figlio dell’uomo le genti si batteranno il petto (Mt 24,30), esprimendo il loro desiderio di conversione. Questa venuta, finalizzata appunto prima alla conversione e poi al giudizio, è l’evento cui è orientata tutta la storia sacra e tutta la storia del mondo. Per questo essa richiede ai credenti fedeltà e attesa vigilante. Il primo vangelo mette in guardia da tutti gli equivoci che circolavano intorno a un evento, la parousia, che affascinava così tanto la primitiva comunità cristiana, come quelli relativi alla data di tale evento. Il discorso escatologico apre alla prospettiva di ciò che è inimmaginabile, imprevedibile, sorprendente. Apre a ciò che l’uomo non può prevedere o tenere sotto controllo. La venuta del Figlio dell’uomo è inedita e inaudita! Sempre pronti Gesù enfatizza il carattere dell’imprevedibilità della fine, quando, a proposito del giorno e dell’ora, afferma in modo paradossale che nessuno ne è a conoscenza, neppure gli angeli del cielo, ma solo il Padre. Ancora una volta protagonista di tutto è la volontà del Padre. L’obiettivo che Gesù vuole che i suoi discepoli si prefiggano, in vista dell’ingresso nel Regno, non è ambire a dei ruoli speciali, o conoscere una data, ma compiere la volontà del Padre. Egli inoltre mostra che gli eventi sono collegati non a un destino cieco, ma al concorso della libertà umana con quella divina. La pericope si compone di due parti: la descrizione del carattere improvviso della venuta del Figlio dell’uomo (vv. 36-41) e l’esortazione alla vigilanza (vv. 42-44). Improvvisamente (vv. 36-41) - Dopo aver affermato di non conoscere il giorno e l’ora della sua stessa venuta, perché noti solo al Padre, Gesù ribadisce il carattere improvviso di tale venuta, paragonandolo all’esperienza del diluvio raccontata in Gen 6. I contemporanei di Noè non si accorsero dei segnali della fine, presi com’erano dalle occupazioni della vita, come il mangiare, il bere, prendere moglie o marito. La loro incapacità di discernere e la loro superficialità non permise loro di realizzare che era giunta la fine, per cui furono tutti sorpresi dall’abbattersi improvviso del diluvio. Richiamando sempre l’esperienza dell’arca, Gesù parla di varie coppie (due uomini in campagna, due donne intente a macinare) che saranno "segnate" da una separazione inevitabile - uno dei due membri sarà preso e l’altro lasciato - che rappresenta così il compiersi del giudizio che distingue il giusto dall’ingiusto. Non resta che vigilare (vv. 42-44) - Non sapendo esattamente quando viene il Signore, c’è solo una cosa da fare: vigilare. La vigilanza è la capacità di essere presenti a ciò che si vive, è il contrario della superficialità. Essa inoltre è garanzia di difesa nei confronti dei ladri. Il tema del ladro che viene a scassinare la casa durante la notte è un’ulteriore immagine impiegata per evocare l’avvento sorprendente e inatteso della venuta del Signore. La vigilanza non è solo garanzia per il futuro, ma è anche esperienza che fa apprezzare l’agire di Dio nel tempo presente.