Vangelo di Gesù Cristo secondoMatteo 28,16-20
16 Ora gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte, dove aveva ordinato loro Gesù, 17 e, vistolo, adorarono; alcuni però dubitarono. 18 E, avvicinatosi, Gesù parlò loro dicendo: Mi fu dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto quanto vi ho comandato; ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino al compimento del tempo.
Lectio di don Alessio De Stefano
Una missione onnipotente e infinita 28,16-20 L’ultima pericope si apre con l’arrivo degli Undici in Galilea, dove Gesù aveva fissato un ritornogià in Mt 26,31-32, quando aveva profetizzato anche la dispersione dei discepoli, e che aveva riconfermato alle donne in Mt 28,10 (ribadendo l’invito dell’angelo in Mt 28,7). Il testo si divide in due parti: l’obbedienza dei discepoli al comando di Gesù e la loro reazione al vederlo (vv. 16-17) e ilmandato che Gesù affida loro (vv. 18-20). Un ritorno in Galilea (vv. 16-17) - L’appuntamento in Galilea è ulteriormente localizzato sul monte, scenario classico della manifestazione di Dio, luogo in cui il Gesù del primo vangelo insegna (Mt 5-7), prega (Mt 14,23), guarisce i malati (Mt 15,29) e manifesta la sua gloria ai discepoli (Mt 17,1-8). Su questo monte i discepoli vedono Gesù e non vi è reazione univoca: lo adorano (come avevano fatto le donne in Mt 28,9), e al tempo stesso dubitano. Torna in scena la famosa caratteristica della oligopistia(Mt 8,26; 14,31; 16,8), una fede pigra, piccola, immatura, che non sa dilatare gli orizzonti. Vedere e non credere èsegno che la fede non èun’evidenza, ma èun affidarsi. Un mandato fuori dall’ordinario(vv. 18-20) - Gesù non rimprovera nessuno, ma va incontro. Il suo movimento fisico rivela anche la qualità del suo relazionarsi ai discepoli. Si avvicina e consegna un incarico, capovolgendo i criteri dettati dalla logica umana. Nessuno affiderebbe grandi responsabilità a chi non è stato fedele! Gesù invece lo fa. Le sue parole fungono così da vertice narrativo della pericope e di tutte le istruzioni fatte ai discepoli. Gesù rinnova la fiducia ai suoi discepoli e fa loro conoscere innanzitutto quello che ha ricevuto dal Padre. In Mt 11,27, a conclusione dell’elogio o dichiarazione spassionata di amore filiale al Padre, Gesù aveva detto che «tutto» gli era stato donato dal Padre. Ora specifica parlando di «ogni» exousia, che è potere, signoria, facoltà di governare su tutto, sulla vita e sulla morte. Viene data adesso la risposta alla domanda sulla natura della sua autorità che i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo gli avevano rivolto nel tempio mentre insegnava (cf Mt 21,23). Gesù svela l’origine del suo potere: il Padre. Tutto viene da lui, incluso ilpotere. Questo dono del Padre è universale perché si estende «in cielo e in terra» (binomio che appare nella preghiera del Padre nostro a indicare l’estensione del dominio della volontà del Padre). Questo dono è ciò che precede e rende possibile la nuova missione o meglio la missione “rinnovata” dei discepoli. Gesù condivide con loro ildono della sua signoria sul cosmo, invitandoli a trasformare tutti gli uomini e tutte le donne di tutti i luoghi e di tutti i tempi in suoi discepoli.Se destinatari della missione di Gesù erano state solo le pecore disperse di Israele (Mt 10,5-6), ora invece l’orizzonte della missione dei discepoli acquista un respiro universale. Anche i cagnolini diventano figli a pieno titolo (cf Mt 15,26- 27). La famiglia dei discepoli sta per espandersi, la chiesa poggiata su Pietro (Mt 16,18-19) è chiamata ad una maternità spirituale universale. Per la prima volta il verbo mathetéuo(«fare discepoli») è impiegato in senso attivo, diversamente da Mt 13,52 e 27,57. Gesù spiega ilsignificato di questo comando: fare discepoli, cioè introdurre altri nel cammino del discepolato, consiste essenzialmente in due azioni: battezzare e insegnare. Nel suo ministero Gesù (secondo il racconto di Matteo) non ha mai battezzato, ma il Battista aveva annunciato che egli avrebbe battezzato «in Spirito Santo e fuoco» (Mt 3,11). Gesù trasmette fuoco nelle sue parole. Nel trasmettere il comando, il testo ci mostra una nuova identità di Dio che è quella di Padre, di Figlio e di Spirito Santo. La formula battesimale in origine era «nel nome del Signore Gesù» (At 2,38). Quella trinitaria quindi risulta inusuale, molto probabilmente introdotta in seguito dalla comunità matteana. La si trova, per esempio, in una delle catechesi cristiane contemporanee degli scritti del Nuovo Testamento: la Didaché(VII,1). Essa conferisce quindi un tono teologico molto solenne alla chiusa del vangelo. Il nome di Dio Trinità rimanda alla sua natura di “famiglia”, di “comunione”. Battezzare nel nome di qualcuno vuol dire entrare in relazione con lui. I discepoli entrano in relazione con un Dio di relazioni. L’altro aspetto, poi, della missione dei discepoli consiste nel trasmettere l’insegnamento di Gesù in modo corretto, nell’insegnare ad ogni essere umano a custodire quelle parole che, diversamente dalle cose create, che sono passeggere e temporanee, sono invece stabili ed eterne (Mt 24,35). L’ultimo versetto si conclude con una dichiarazione solenne: «Io sono con voi tutti i giorni, per sempre». Gesù conferma così quella identità che gli era stata attribuita dall’angelo nel nome di Emmanuele, Dio con noi (Mt 1,23). Ora tutti gli uomini possono sapere che Gesù è il Dio che sta dalla parte dell’essere umano, ilDio-fatto-uomo che ha vinto la morte, ilDio amico dell’uomo e della donna. Quest’ultimo versetto crea una forte connessione tra ilverbo eneteilàmen («comandare») e il sostantivo synteléias(«compimento»), quasi a dire che i comandi di Gesù puntano al compimento della storia. Per ilprimo vangelo - l’unico che termina con le parole di Gesù - ascoltare le sue parole e aderirvi significa gustare l’amicizia e la presenza di Gesù risorto che cammina nella storia e muove tutto verso la pienezza.