Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 10,1-16
1 E, alzatosi di lì, viene nei confini della Giudea, e al di là del Giordano. E di nuovo folle convengono attorno a lui; e, come usava, di nuovo le ammaestrava. 2 E, facendosi avanti, dei farisei lo interrogavano, per tentarlo, se è lecito a un uomo rimandare la donna. 3 Egli, rispondendo, disse loro: Cosa vi ordinò Mosè? 4 E quelli dissero: Mosè permise di scrivere il documento di divorzio e rimandarla. 5Ma Gesù disse loro: Per la vostra durezza di cuore vi scrisse questo ordinamento 6Ma al principio della creazione Dio li fece maschio e femmina. 7 Per questo l’uomo lascerà il padre suo e la madre, e si unirà alla sua donna, 8 e i due saranno in una carne sola. E così non sono più due, ma una carne sola. 9 Ciò che Dio congiunse, uomo non separi! 10E, a casa, di nuovo i discepoli lo interrogavano su questo. 11E dice loro: Chiunque rimandi la sua donna e sposi un’altra, commette adulterio contro di lei; 12e se essa, rimandato il suo uomo, sposi un altro, commette un adulterio.13E gli portavano dei bambini, perché li toccasse. Ma i discepoli li sgridavano. 14Ma Gesù, avendo visto, si sdegnò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non impediteli, perché di chi è come loro è il regno di Dio. 15Amen, vi dico, chi non accolga il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso. 16E, abbracciatili, li benediceva, imponendo su di loro le mani.
Commento di don Alessio De Stefano
Una sola carne 10,1-12 - L’intento malevolo non abbandona i farisei, considerato che essi si accostano a Gesù e lo interrogano per metterlo alla prova, per tentarlo (v. 2), finalità già ad essi attribuita dal narratore in 8,11 ed espressa con lo stesso verbo di Satana nel deserto peiràzo, (cf 1,13). Già predisposti negativamente verso il loro quesito, li ascoltiamo chiedere se sia lecito o no che un uomo ripudi la propria moglie, non potendo non notare l’unilateralità e unidirezionalità dell’atto in discussione. Gesù, secondo il suo stile, risponde con una nuova domanda con la quale rimanda i suoi avversari alla loro fonte, quella con cui sperano di far entrare Gesù in aperta contraddizione (cfDt 24). La posizione assolutamente sorprendente assunta da Gesù nella discussione seguente lo vede, quindi, contestualizzare e ridimensionare la portata di una particolare indicazione della legge mosaica: infatti, è un po’ come se nella discussione si confrontassero Torah contro Torah, la Genesi verso il Deuteronomio ... Ma questo è solo l’aspetto superficiale e volutamente contraddittorio della discussione, quello che bada alla forma e non al cuore e che piace tanto ai farisei: Gesù, infatti, adduce l’origine del libello di ripudio alla sklerokardia degli uomini, distinguendo chiaramente il progetto originario di Dio racchiuso nel racconto di Gen 1; in quel progetto, infatti, venivano assolutamente preservate non solo l’unità, ma anche la reciprocità e la pari dignità nella coppia, creata a immagine di Dio nella sua dualità e relazionalità intrinseca maschio/femmina. Quello che è accaduto dopo, sembra dire Gesù, ha creato un’interruzione tra ciò che "Mosè ha comandato" e ciò che, in origine, Dio ha voluto per l’uomo, interruzione causata dall’avanzare dell’egoismo fin dall’interno della relazione più intima per l’uomo, quella coniugale. Dio vuole unità, l’uomo talvolta persegue la divisione: a questo è legato il forte monito finale, «ciò che Dio ha unito, l’uomo non lo separi» (v. 9). Non perché sia facile restare una carne; non perché il matrimonio sia privo di difficoltà, tradimenti, delusioni. Se Gesù parla di questo argomento nell’insegnamento ai discepoli sulla sequela, lungo la strada che va a Gerusalemme, è perché anche nel matrimonio, anzi, fin dal matrimonio e dai legami più intimi i discepoli devono riscoprire l’originaria vocazione a vivere "a immagine di Dio" e di Cristo. Nella seconda parte Gesù, in privato, scomparsi i farisei, fa con i discepoli un discorso ben più esigente, che scardina le prescrizioni formali e ristabilisce nella parità delle responsabilità uomo e donna: «Chiunque ripudi la propria moglie e ne sposi un’altra…, commette adulterio» (vv. 11-12). Chiunque nella coppia abbandoni il partner e si leghi ad un altro commette adulterio, ossia tradisce, viola quella unità indissolubile che Dio ha desiderato come bene per l’umanità.
Ecco che il rinnegare se stessi diventa più che una lontana ipotesi, bensì una possibilità molto concreta per i discepoli di Gesù, uomini e donne, che vogliono partecipare con lui alla costruzione del regno. Posti di fronte a questa esigenza e responsabilità forti, consapevoli di quello che viviamo nella nostra carne o che vivono tante famiglie attorno a noi, anche noi sentiamo ora l’interruzione tra ciò che ha comandato Mosè e ciò che ha realizzato Dio... Ne sentiamo tutto il peso e la fatica, percependo anche la nostra stessa sklerokardia e la frequente tentazione di giustificare le nostre impotenze e la nostra diversa volontà ora con la debolezza, ora con la sfortuna, ora con l’incoscienza.
Come un bambino 10,13-16 - Nuovamente nell’arco di appena un capitolo ritorna insistente l’immagine del bambino, posto stavolta a modello non di ciò che è piccolo e umile e di cui farsi servo, bensì della totale capacità di accoglienza che sola permetterà ai discepoli l’ingresso nel regno. La chiusura dei discepoli vive un nuovo momento di rudezza quando essi scacciano i piccoli portati a Gesù perché possa benedirli, ma stavolta Gesù si arrabbia sul serio, indignandosi verso i suoi per quel gesto. Ai discepoli che scacciano e allontanano si contrappone plasticamente il Gesù che abbraccia e benedice; all’arroganza e all’autosufficienza, la capacità/necessità di affidamento dei bambini. Un bimbo non cresce (o cresce male) senza cibo, amore, accudimento, educazione; tutto ciò che è, sa o diventa lo deve a quello che riceve dai suoi adulti di riferimento. Un bimbo, soprattutto, non rifiuta ciò che la madre o il padre gli offrono come nutrimento e possibilità di vita: questa è la chiave di lettura della sua esemplarità per i discepoli. Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, chi chiude le mani e il cuore a questa proposta di vita - perché si sente adulto, indipendente, autosufficiente, autonomo ... - si autoesclude dalla comunione con Dio. Per entrare nel regno non ci sono meriti o diritti acquisiti da accampare, ma un cammino di autoliberazione da percorrere.