Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 6,17-26
Disceso insieme con loro, stette su un luogo pianeggiante, e c’era molta folla di suoi discepoli e moltitudine grande del popolo, da tutta la Giudea e Gerusalemme e dal litorale di Tiro e Sidone 18 che vennero per ascoltare lui e per essere guariti dalle loro malattie; e i tormentati da spiriti impuri erano curati. 19 E tutta la folla cercava di toccare lui, poiché da lui usciva una potenza e guariva tutti. Ed egli, sollevati i suoi occhi verso i suoi discepoli diceva: Beati i poveri perché vostro è il regno di Dio. 21 Beati quanti avete fame ora, perché sarete saziati. Beati quanti piangete ora, perché riderete. 22 Beati siete quando vi odieranno gli uomini e quando vi escluderanno, e insulteranno e bandiranno il vostro nome come cattivo a causa dei Figlio dell’uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno e danzate; ecco infatti: la vostra ricompensa è molta nel cielo. In questo modo infatti facevano ai profeti i loro padri. 24 Invece: ahimè per voi, i ricchi, perché ricevete la consolazione vostra! 25 ahimè per voi, che ora siete pieni, perché avrete fame! ahimè per (voi), che ora ridete, perché vi affliggerete e piangerete! 26 ahimè, quando di voi bene diranno tutti gli uomini: in questo modo infatti facevano ai falsi profeti i loro padri.
Lectio di don Alessio De Stefano
Dal monte al “luogo pianeggiante” 6,12-19 - Luca inquadra a dovere la scena che deve parlare da sola: da una parte gli apostoli che Gesù sceglie in mezzo a quei discepoli che lo hanno seguito sinora (cf vv. 12-16), dall’altra la grande folla (v. 17) che voleva ascoltarlo akousai, v. 18) e toccarlo taptesthai, v. 19) per essere guarita. La gente viene a Gesù per ascoltare la parola della salvezza e toccare l’effetto della stessa, per mezzo della mano di Gesù che guarisce.
Beati i poveri e guai ai ricchi 6,20-26 - Gesù inizia a parlare con gli occhi volti verso i suoi discepoli; sono essi i primi destinatari del suo vangelo, lo stesso che già nella sinagoga di Nazaret aveva introdotto col profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è su di me… (Lc 4,18). Ecco che quel momento è venuto e l’anno di grazia del Signore è iniziato: «Beati i poveri» è il miracolo dell’oggi! Oggi cambia il destino dei poveri nel mondo. Oggi la loro sorte è rovesciata! Se Gesù avesse fatto un discorso sulla povertà dicendo che fosse ingiusta e quindi semplicemente da rimuovere, il suo sarebbe rimasto il giudizio di un uomo retto, l’insegnamento di un docente sensibile alle problematiche sociali. Ma quel “beati” (makarioi), cioè: felici, benedetti, sazi, che non mancano di nulla, quell’aggettivo tipico della condizione divina - makàrios è l’epiteto fisso del dio nel mondo greco - posto accanto a un nome mortale come ptochόi vale a dire “pitocchi”, poveracci, disgraziati, emarginati, gente di nessun peso né valore, rifiuti della società, scarto che si trascina senza diritto all’esistenza... quella disinvoltura nel coniugare due realtà diametralmente opposte è quasi una bestemmia, un atto impuro! Ma se “beata”, separata, è la sacra condizione di Dio, il quale è in alto, è perfetto, è incontaminato, benessere assoluto e pienezza di vita, com’è possibile dire altrettanto di un pover’uomo? La stessa meraviglia prende a sentire che beati sono coloro che hanno fame, o piangono o sono odiati, perseguitati, respinti. Come se questa condizione fosse felice al pari di quella di chi - essendo potente su tutto - non certo piange, né ha fame, né potrebbe avere qualche danno dall’essere respinto. Il genere letterario delle quattro antitesi di Luca pur essendo dall’impatto abbagliante, non è nuovo nella Bibbia. Israele conosce certamente beatitudini e guai. La beatitudine è tipicamente sapienziale, pur essendo utilizzata anche dai profeti (cf Sal 1,1; Sir 25,7-12; Is 49,9.13). Paradossalmente e provvidenzialmente quanto più assoluta è la povertà di Giacobbe, tanto più grande è la vicinanza di Dio! Per questo è importante che Israele riconosca la sua povertà e la sua impotenza in modo che il suo Dio possa rivelare la sua grandezza e il suo amore.
«Guai a voi» - Quasi a evidenziare la luce della beatitudine, Luca vi accosta il buio dei “guai”. Un’espressione tipicamente profetica con cui Gesù mostra di conoscere e di saper usare ogni tipo di linguaggio biblico (cf anche Lc 11,42-54 dove si trova un altro elenco di guai, rivolto ai farisei e ai dottori della legge). L’oracolo di “guai” costituisce un sottotipo dell’oracolo di condanna che il profeta lancia quando Dio è stanco delle infedeltà del suo popolo. Quando deve sbugiardare Israele, mettendo a nudo la sua obbedienza solo di superficie, la sua religiosità ipocrita. «Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Cosa sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce» (Am 5,18). Il messaggio è per quelli che si illudono di fare abbastanza nella fede religiosa, dando a Dio la sua parte - tributandogli azioni di culto - ma dimenticando quanto essi debbono ai loro fratelli. I ricchi cui Gesù rivolge l’oracolo sono coloro che considerano la loro religione come qualcosa di privato, come una benedizione che Dio darebbe sull’egoismo travestito da ortodossia. I ricchi, i sazi, i ridenti, gli intoccabili vedono nella loro attuale felicità l’effetto della benedizione di Dio ottenuta per titoli e meriti. Una giusta e dovuta retribuzione divina per la loro ortodossia religiosa! Gesù spegne tale coscienza invincibile, non condanna né la ricchezza, né la sazietà in se stesse, ma il sistema diabolico con cui la ricchezza si produce sulla testa dei poveri e si mantiene sulla loro desolazione.
Veri e falsi profeti (vv. 23.26) - Ed ora il Maestro dà ai suoi discepoli una chiave per capire quanto egli afferma: la vera e la falsa profezia. La lezione di Gesù non permette un ascolto passivo, ma pretende una vera interazione intellettuale tra maestro e discepolo: i discepoli sono chiamati a riflettere sulle parole bellissime ma strane di Gesù e a dare un giudizio servendosi della Scrittura e della storia dei loro padri ebrei. La verità della parola di Gesù, quindi la sua credibilità, deve passare nella coscienza di quelli che lo seguono. Voi stessi date un giudizio, dice Gesù! Voi stessi giudicate la parola di Dio sulla storia del suo popolo. Voi stessi siete capaci di riconoscere - a posteriori! - i veri profeti da quelli falsi. In quelli falsi c’è solo apparenza ed egoismo e pensiero privato e partigiano: essi piegano la religione ai propri interessi individuali. Questa loro falsa profezia ha portato il disastro per il popolo di Israele. I veri profeti, invece, hanno vissuto la povertà, la fame, le lacrime, la persecuzione, ma hanno riscattato Israele dalla tomba. «Beati voi» (vv. 22.26) - Alla fine della serie dei “beati” e di quella dei “guai” Gesù coinvolge direttamente i suoi discepoli. Essi possono e devono scegliere se essere “beati” o se mettersi sotto i “guai”. Un coinvolgimento che rivela il senso profondo di questo annuncio del Signore che è quello di affermare che l’essere “beati” non deriva dalla ruota della fortuna, ma è una scelta di vita, una visione ed un modo di porsi in relazione a Dio. «Beati voi, poveri», dice chiaramente Gesù in Luca: perché vi fate “poveri” cioè riconoscete che Dio è misericordia e ogni possibile ricchezza, ogni salvezza viene gratuitamente da lui. “Beati voi, poveri” perché condividendo la povertà dei poveri, li rendete felici, date loro dignità e speranza, vi mettete all’opera perché l’ingiustizia e il delitto vengano riscattati. Il farsi poveri dei discepoli diventa il vero «segno di contraddizione»: di salvezza per i poveri e di condanna per gli indebiti ricchi. Con queste otto parole, collocate come allo specchio l’una dell’altra, con queste “antitesi” Gesù vuole, infine, dipingere il suo autoritratto dinanzi ai discepoli ed alle folle tutte. Questo testo è una perfetta icona della croce.