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Vangelo di Domenica 27 febbraio 2022

NON-VI-È-ALBERO-BUONO-CHE-PRODUCA-UN-FRUTTO-CATTIVO.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Luca 6, 39-49

39 Ora disse loro anche una parabola: forse può un cieco guidare un cieco? Forse entrambi non cadranno dentro nella fossa? 40 Non c’è discepolo sopra il maestro; ora chiunque, per quanto ben preparato, sarà come il suo maestro. 41 Ora perché guardi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre la trave, quella nel tuo proprio occhio, non consideri? 42 Come puoi dire a tuo fratello: fratello, lascia: estraggo la pagliuzza dal tuo occhio! senza vedere tu stesso la trave del tuo occhio? Ipocrita! Estrai prima la trave, quella nell’occhio tuo, e allora osserverai la pagliuzza, quella nell’occhio del fratello tuo, per estrarla! 43 Infatti non c’è albero bello che faccia frutto marcio, né albero marcio che faccia frutto bello. 44 Poiché ogni albero dal proprio frutto è conosciuto: non dalle spine raccolgono fichi, né dai rovi vendemmiano uva! 45 L’uomo buono dal buon tesoro del cuore produce il buono; e il cattivo dal cattivo produce il cattivo. Dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca! 46 Ora perché mi chiamate: Signore! Signore! e non fate quanto dico? 47 Chiunque viene verso me e ascolta le mie parole e le fa, vi mostrerò a chi è simile: 48 è simile a un uomo che, costruendo una casa, scavò e approfondì e pose fondamenta sulla pietra: ora, giunta una piena, irruppe il fiume contro quella casa, e non ebbe forza di scuoterla, perché fu ben costruita. 49 Chiunque invece ha ascoltato e non ha fatto, è simile a un uomo che costruì una casa sopra la terra senza fondamenta, contro cui irruppe il fiume e subito crollò, e fu la rovina di quella casa grande.

Lectio di don Alessio De Stefano

Maestro e discepoli: l’arte di imparare il vangelo (6,39-49) - Dal merito al metodo: Gesù è un grande pedagogo. Si pre­occupa di far capire ai suoi discepoli, di adattare al loro lin­guaggio il messaggio che vuole con forza far passare. Egli sa che si tratta di un messaggio che introduce in un orizzonte affatto nuovo alla scuola del regno di Dio. Difficilissimo da comprendere per i suoi allievi che sono lì ad ascoltarlo, ma non seguono i suoi ragionamenti, sono lì a guardarlo, ma non vedono cosa c’è sotto il suo sguardo. Allora Gesù parla loro in parabole. Con esempi concreti, con l’ausilio delle esperienze più umane e diffuse tra di loro. Quelle realtà umane salgono in cattedra con Gesù: la vita insegna! «Può forse un cieco guidare un altro cieco?». Gesù inizia con una domanda retorica. E via via introdurrà metafore tipiche della sapienza biblica: la pagliuzza e la trave; l’albero buono e l’albero cattivo; l’uomo dal cuore buono e quello dal cuore cattivo. Ogni esempio viene utilizzato per indurre ad una presa di posizione chi ascolta. Nessuno di quelli che gli sono intorno potrà evitare di esaminare se stesso. La prima parabola è quella della pagliuzza e della trave (vv. 41-42) - Con questo primo paragone Gesù invita all’umil­tà ed alla prudenza nel giudicare. Molto facile e istintivo è dare giudizi sugli altri e denunciare anche ogni piccolo loro difetto. Ma dove appoggia il diritto di farlo? Per poter correggere l’altro è necessario avere una maggiore coerenza rispetto a lui. Ma chi si auto-esamina prima di giudicare? Per questo il suo giudizio non sarà né obiettivo, né credi­bile. Se hai una trave nel tuo occhio come potrai vedere la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello? Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli l’arte di diventare maestri: essa si acquista, innanzitutto, mostrandosi bravi discepoli, riconoscendo di aver bisogno di imparare e accettare che la trave venga tolta dal proprio occhio. Prima di mettersi ad insegnare agli altri le regole di comportamento è necessario riconoscere la propria ignoranza. La seconda parabola è quella dell’albero (vv. 43-45) - La necessità di imparare si rivela alla prova dei fatti: se i frutti dell’albero sono buoni, vuol dire che anche l’albero è buono. Il discepolo di Gesù deve mettersi onestamente dinanzi alla fecondità del suo lavoro; deve avere il coraggio di fare un bilancio. Se raccoglie spine vuol dire che le sue potenzialità non sono altro che quelle del rovo e che si sbaglia se pensa di essere un fico. Gesù si mostra come un maestro di sapienza che invita i suoi discepoli ad essere molto concreti e obiet­tivi con se stessi. L’auto-referenzialità è vietata nella scuola di Gesù! Non ci si deve valutare in riferimento a se stessi ed alla propria “realizzazione”, ma si deve avere come metro di giudizio il bene o il male che tutta la comunità ha ricevuto dall’opera di ciascuno. Quella di Gesù è la scuola della re­sponsabilità di ognuno verso tutti. La terza parabola è quella della casa (vv. 46-49) - Occorre scegliere il maestro giusto, dice, a questo punto Gesù. Nessuno può operare il bene se non ha un buon maestro. Come nessuna casa è senza fondamenta, così nessun discepolo può fondare su se stesso la propria sapienza. Ogni conoscenza si impara e ogni parola di vangelo si riceve. Avere un buon maestro è una garanzia per la solidità di un discepolo, che non verrà messo in crisi da nessun fiume in piena, da qual­siasi prova di resistenza nella verità. Non così per chi avesse come maestri dei venditori di fumo: egli sarebbe scalzato via alle prime tentazioni. Le tre parabole fissano le tre tappe del cammino del di­scepolo che progredisce e si perfeziona, di giorno in giorno: all’inizio egli deve demolire la grande trave delle sue cono­scenze che, in realtà, non sono altro che ignoranza e sup­ponenza; poi deve radicarsi su una terra buona e misurarsi con se stesso e le proprie capacità per cercare di dare frutti buoni; infine deve trovare un maestro, valido e fedele, come la roccia su cui costruire la “casa” della vita comune. Un percorso che il Signore indica qui alla fine del primo grande ciclo dei suoi insegnamenti (6,27-38) e che implica, innanzitutto, il rapporto con la legge. Essa può diventare una trave nell’occhio dello scriba e del fariseo con cui si giudicano tutti gli altri e si va a colpirli indebitamente pro­prio su delle pagliuzze (karfόs)! Per questo è indispensabile cercare un maestro capace di rimuovere la trave della cattiva interpretazione e della cattiva coscienza. A questo maestro bisogna, però, aderire con estrema onestà e radicalità, altri­menti si finisce nella doppiezza. Non basta dire: «Signore, Signore» mostrando una adesione di superficie. Occorre ascoltare e mettere in pratica, vedere ed incarnare quella sua parola.

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