“L’arco di guerra sarà spezzato”:
mandati a costruire pace sulla terra
Il trionfo di Gesù su l’asinello della pace e le sue lacrime di fronte a Gerusalemme
“Provati tutti come siamo da oltre due anni di pandemia e da 44 giorni di guerra in Ucraina – scrive mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano All’Jonio, in un messaggio -, abbiamo bisogno di sapere che il nostro viaggio della vita in genere, come della nostra quotidianità, anche la più ferita, non è un viaggio nel vuoto e nel non senso. È un viaggio verso ciò che Gerusalemme rappresenta nel suo simbolismo biblico ed evangelico: la destinazione di un percorso, la consumazione di una vita d’amore, la celebrazione di una festa”. Qualcuno ci precede – evidenzia -, ma non è un condottiero qualsiasi, né tanto meno un uomo assetato di potere e di espansionismo, di altra sudditanza e di carne umana da mandare ad immolarsi nelle sue guerre. È proprio l’opposto. È quel Gesù che non pratica alcuna violenza, che non vuole sottomettere nessuno, che chiama solo tutti e ciascuno a corrispondere al suo amore, che non vuole immolare nessuno, ma che è disposto a sacrificare se stesso. La missione di Gesù, Re di pace, a costruire fiducia, fraternità e pace in questo nostro mondo di oggi, doppiamente ferito, è incredibilmente attuale. Tutti abbiamo pianto e molti stanno ancora piangendo – ha rimarcato il presule- . per gli effetti della pandemia e per quelli che sta provocando l’assenza di una vera ed efficace politica di pace. Non c’è famiglia che non abbia avuto qualche caso di morte per Covid-19, non c’è persona umana che abbia sensibilità e cuore che non stia soffrendo per gli orrori della guerra in Ucraina e per le altre forme di violenza delle quali veniamo a conoscenza. Mai come oggi forse sentiamo urgente e inderogabile l’impegno per costruire un futuro di pace, quell’impegno affidato a noi cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà dal Vaticano II, ripreso da tutto il Magistero successivo e costantemente ripetuto da Papa Francesco. Non sono mancati nei decenni che ci hanno preceduto le sentinelle di pace e gli araldi di un altro mondo possibile: quello in cui non solo non si costruiscano guerre, ma non si alzino mura e steccati tra popoli diversi e persone diverse. Una di quelle sentinelle dalla voce limpida e dallo sguardo evangelico è stato proprio colui che su di esse ha particolarmente insistito, il mio confratello vescovo e il fratello di ogni cuore dotato di sensibilità e di aneliti di giustizia e d’amore: don Tonino Bello. L’ultima sua settimana santa – ricorda mons Savino -, lo fu in tutti i sensi: anche per la sua vita che si andava consumando in un ininterrotto atto d’amore, che se continua certamente nel Regno di Dio per lui ormai raggiunto, deve essere come una fiaccola a noi consegnata qui sulla terra, perché la teniamo ben accesa. Di certo ha pianto anche lui, come Gesù, nel vedere la nostra comune città umana, la nostra società, ancora infetta dall’odio, dalla violenza e dalla prevaricazione, senza aver saputo riconoscere la voce di chi la richiamava ad un’autentica programmazione di pace. Di certo ha pregato e continua a pregare perché la pace venga finalmente su questa terra e venga per tutti. Contempleremo Gesù – ha concluso -, che va verso il calvario e vedremo come in un film gli orrori delle ferite inflitte, delle umiliazioni subite, delle crocifissioni degli innocenti anche in questa settimana, la più santa e la più insanguinata, ma anche la più densa di perdono e di speranza, di riconciliazione e di salvezza. Il tramonto gravido di dolore del sabato santo sarà, tuttavia, ancora e lo sarà per sempre, un presagio dell’aurora della domenica della risurrezione.