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Vangelo di domenica 12 Giugno 2022 - La Trinità

gesu verita trinita.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 16,4b-15

4b Ora queste cose non vi dissi dall’inizio perché ero con voi. 5 Ma adesso me ne vado da colui che mi inviò e nessuno tra voi mi chiede: Dove vai? 6 Ma, perché vi ho parlato di queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7 Ma io vi dico la verità: conviene a voi che io me ne vada. Infatti, se non me ne vado, il Consolatore non verrà da voi; se invece parto, lo invierò da voi. 8 E quegli, venuto, convincerà il mondo circa (il) peccato e circa (la) giustizia e circa (il) giudizio: 9 circa (il) peccato, perché non credono in me; 10 circa (la) giustizia, perché vado al Padre e non mi vedete più; 11 circa (il) giudizio, perché il capo di questo mondo è stato giudicato. 12 Ancora molte cose ho da dire a voi, ma per ora non potete portar(le). 13 Ora, quando quegli verrà, lo Spirito della verità, vi condurrà nella verità tutta intera; infatti non parlerà da se stesso, ma parlerà di quanto ascolta e vi ripeterà le cose che vengono. 14 Quegli mi glorificherà, perché prenderà dal mio e (lo) ripeterà a voi. 15 Tutte quante le cose che ha il Padre sono mie: per questo dissi che prende dal mio e (lo) ripeterà a voi.

Lectio di don Alessio De Stefano

Il vantaggio della partenza di Gesù (vv. 4b-15) - Più Gesù parla più è il segno che il tempo in cui lui non ci sarà più è vi­cino! Il suo apparente lamento («Ora, però, vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”»), in palese contraddizione con quanto in effetti è accaduto nella sua relazione con i discepoli (cf 13,36; 14,5), ha forse la funzione di provocare una sempre maggiore consapevolezza dell’«ora» nei discepoli. Non perché essi protestino una vo­lontà di sequela che non potrebbero mai adempiere prima che Gesù compia la sua Pasqua (cf 13,38; 16,31-32), ma perché la «tristezza» che ormai li opprime - di fronte alla partenza di Gesù e alla sofferenza che li attende nel mondo - possa essere vinta dalla fede e fiducia nella «verità» che Gesù rivela loro, per quanto incredibile essa possa apparire. Si tratta del «vantaggio» o giovamento connesso alla sua morte. Se già Caifa aveva «profetizzato» il significato salvifico della morte di Gesù (11,50-52), ora è Gesù stesso che ne spiega il valore per i discepoli: il dono escatologico dello Spirito rinnovato­re, quello associato già nelle Scritture al compimento pieno dell’alleanza di Dio con il suo popolo, è necessariamente connesso alla sua morte intesa come ritorno al Padre dopo l’espletamento della sua missione. Come la preparazione di un «posto» per i discepoli è connessa all’«andare» di Gesù al Padre (14,3), così anche l’invio a loro del suo Spirito è con­nesso al suo andare (v. 7). Sarà lo Spirito a sostenerli nel loro viaggio verso il Padre e verso il loro «posto» nella casa dalle molte dimore; sarà «lo Spirito della verità» - spazio, vitalità e testimonianza della rivelazione di Gesù - a «condurli nella via» al Padre che Gesù è (cf 14,4-6) ovvero nella via della sua rivelazione integralmente assunta e compiuta con la Pasqua («la verità tutta», v. 13). «Venuto lui» dopo Gesù, come suo successore (vv. 8.13), continuerà a svolgere in favore suo le sue funzioni tanto presso il mondo (vv. 8-11) che presso i discepoli (vv. 12-15). Presso il mondo, nel processo intentato dal «mondo» a Gesù, assolverà simultaneamente la funzione dell’avvocato difensore e a quella del giudice. Come difensore di Gesù «convincerà» il mondo della «giustizia» contenuta nel mi­stero della sua morte e ritorno al Padre, lo stesso che afflig­ge i discepoli che, come il mondo, «non lo vedranno più» fisicamente e saranno privati della sua presenza (cf 7,33-36). Rifiutato dal mondo nella sua testimonianza e giudicato ingiustamente colpevole di bestemmia e di pretese illegit­time, Gesù glorificato dal Padre e ormai tornato a lui sarà riconoscibile nella sua verità come giusto e tutta la sua opera come espressione della giustizia salvifica di Dio. Come pro­tagonista attivo del giudizio di Dio sul mondo, poi, lo Spirito ne smaschererà il peccato (il rifiuto ostinato e permanente di credere in Gesù per non abbandonare le proprie opere malvage) e ne attesterà il giudizio da parte di Dio, perché con l’innalzamento di Gesù al Padre, attraverso la morte, il principe del mondo sarà ormai smascherato e condannato nell’esercizio del suo potere anti-divino e anti-messianico. La funzione presso il mondo, però, non sarà diversa né isolabile da quella presso i discepoli: sarà grazie ai discepoli e proprio in loro - così come già attraverso e in Gesù - che lo Spirito assolverà la sua funzione processuale. Quello che al mondo apparirà come il giudizio che smaschera e condanna l’iniqui­tà delle sue opere sarà la capacità della comunità discepolare - nell’annunzio e nello stile di vita - di «portare» in sé e cioè di assumersi la responsabilità e il peso di tutta la rivelazione cristologica, continuando cioè nel mondo l’opera della glorificazione di Dio compiuta dal Figlio e diventando essa stessa, grazie all’azione dello Spirito, spazio della glorificazione del Figlio. Non tutto è stato annunziato da Gesù ai suoi: c’è una riserva di futuro («le cose a venire») in ciò che lui già è stato con i suoi discepoli e sarà proprio lo Spirito ad annunziare loro quanto di lui stesso – e, in lui, del Padre – ancora non era stato comprensibile durante la sua vita terrena.

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